ROMA Un mandato mirato e soprattutto a tempo. Stanco dello stallo, deciso a dare con «urgenza» un governo con pieni poteri al Paese, Sergio Mattarella ha conferito a Maria Elisabetta Alberti Casellati un'esplorazione dal perimetro estremamente limitato. Sia per il campo di gioco: solo il centrodestra e i 5Stelle. Sia per il timing: quarantott'ore. Domani la presidente del Senato tornerà sul Colle per riferire. Ma molto difficilmente porterà buone notizie. Luigi Di Maio ha ribadito il veto contro Silvio Berlusconi e ha scandito un ultimatum a Matteo Salvini: «Decida entro domenica». Il leader leghista, che ha disertato le consultazioni della Casellati, ha risposto a stretto giro di posta: «Di Maio è arrivato secondo, non può imporre le regole del gioco. Io non mollo Forza Italia. Vuole governare con il Pd? Si accomodi».
Mattarella, da buon notaio, ha deciso di conferire il mandato alla presidente del Senato dopo aver letto e riletto gli appunti vergati durante il primo e secondo giro di consultazioni. Soprattutto quelli frutto del doppio colloquio con il centrodestra, in cui Salvini, Berlusconi e Giorgia Meloni hanno detto e ripetuto: «Vogliamo un governo di centrodestra, con un premier leghista, insieme ai 5Stelle». Ebbene, il capo dello Stato ha chiesto alla Casellati di verificare sul campo se questa ipotesi esiste davvero, nella speranza che la sua esplorazione possa almeno smuovere le acque. Stemperare, se non superare, lo stallo che si prolunga da 44 giorni.
Non è casuale, naturalmente, neppure la scelta dell'esploratore. Mattarella ha incaricato la Casellati perché è la seconda carica dello Stato e svolge la sua ricognizione forte dell'incarico istituzionale. Perché proviene del centrodestra e dunque conosce bene il campo. E perché è stata votata dalla stessa maggioranza che deve tentare di portare nel solco della ragionevolezza. Abbandonando veti e veleni.
L'ESPLORAZIONE ARRANCA
Il problema è che già dalle prime battute il tentativo della Casellati (oggi la replica) ha cominciato ad arrancare. Il centrodestra ha annunciato che sarebbe andato di nuovo diviso alle consultazioni. E così è stato. Salvini le ha disertate: «Ho un aereo per Catania». Di Maio ha derubricato l'esplorazione «a uno dei primi passaggi per arrivare a un governo del cambiamento», tornando a scandire il solito no a intese con Berlusconi. Tutto fermo. Tutto esattamente come prima.
Al Quirinale, dove non hanno gradito la diserzione di Salvini, dicono che Mattarella non ha ancora deciso cosa farà domani: non c'è un copione già scritto, dipenderà da ciò che accadrà nelle prossime ore. Ma è probabile che dopo il fallimento del tentativo della Casellati, il capo dello Stato si prenda 48 per riflettere. E che lunedì cambi campo di gioco e formula di maggioranza: non più centrodestra e 5Stelle, ma 5Stelle ed eventualmente il Pd, anche se da quella parte la situazione resta confusa tra aperture (Franceschini, Calenda, Gentiloni etc.) e chiusure (Renzi e alcuni dei suoi). Oppure 5Stelle e Lega: ma anche questo sbocco non è maturo. Salvini attende le elezioni in Friuli del 29 aprile (dove la Lega è coalizzata con Forza Italia) per decidere se scaricare (eventualmente) Berlusconi.
IL PROSSIMO GIRO
In ogni caso il perno, al prossimo giro di giostra, sarà il M5S. Non più il centrodestra. E con ogni probabilità la nuova esplorazione sarà affidata al presidente della Camera, il grillino Roberto Fico. Di Maio guarda a questa ipotesi con malcelato terrore: teme che l'esponente dell'ortodossia grillina, amato dalla sinistra, possa scippargli palazzo Chigi. E il rischio c'è: Fico nelle ultime ore ha mandato segnali ai dem, come l'attuazione della riforma delle carceri. Segnali accolti nel Pd con malcelato entusiasmo. Sul Colle, dove non vogliono assolutamente destabilizzare i partiti con il rischio di rendere ancora più complesso il rebus, si fa però notare che il mandato di Fico sarebbe tale e quale a quello della Casellati: un'esplorazione mirata ed estremamente limitata nel tempo. Non certo un incarico a formare il governo. Come dire: Di Maio stia tranquillo.
IL POSSIBILE EPILOGO
Sullo sfondo, se ogni strada risultasse sbarrata, resta la formula del governo del Presidente o di emergenza. Una soluzione che fa ingolosire Berlusconi, piace a Renzi e non appare sgradita alla Lega. «Saremmo responsabili», dice Giancarlo Giorgetti. L'unico a temerla è proprio di Maio. La ragione: sa bene che alle prossime elezioni il candidato premier sarebbe probabilmente Alessandro Di Battista, lasciato in panchina non a caso dalla Casaleggio associati.
Per il dopo la carta Fico: sonderà l'ipotesi Pd-M5S
ROMA Volano gli insulti mentre affonda l'opzione di un governo dei vincitori del 4 marzo sui divanetti di palazzo Giustiniani. L'incarico esplorativo, che ieri mattina il presidente della Repubblica ha affidato alla presidente del Senato Elisabetta Casellati, alla fine delle 48 ore certificherà l'impossibilità di un governo M5S-centrodestra. Un mandato preciso, quello dato dal Quirinale, per un obiettivo molto mirato: realizzare in breve tempo - o eliminare con altrettanta rapidità dal tavolo e senza aspettare le elezioni in Molise e Friuli - l'opzione di governo, M5S-Lega. Un'eventualità che sino a qualche giorno si dava per certa nel M5S e per molto probabile nella Lega e che domani, tornando a riferire a Mattarella, la Casellati potrebbe archiviare del tutto in modo da dare al presidente della Repubblica l'opportunità di passare ad altro. Magari a verificare - con un incarico sempre esplorativo da affidare stavolta al presidente della Camera Roberto Fico - se esiste l'altra ipotesi tuttora in campo. Ovvero una maggioranza grillini-Pd che Di Maio da qualche giorno accredita e che trovare sponde tra i dem.
LA FINE
L'esploratrice Casellati, visto lo scontro a distanza che va avanti da giorni con un continuo botta e risposta di Maio-Salvini, poco potrà fare anche oggi quando incontrerà nuovamente le delegazioni del M5S e del centrodestra. Compreso il leader della Lega che oggi andrà a palazzo Giustiniani dopo essere sfuggito ieri all'incontro. Luigi Di Maio invece si è presentato all'appuntamento con la presidente del Senato, malgrado fosse ben consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato dicendo «mai con Berlusconi» alla senatrice considerata una super-berlusconiana. Anche se l'incarico che ha ricevuto la Casellati è istituzionale, perchè legato al ruolo di presidente del Senato, ai grillini tendenza-Di Maio non sfugge il peso politico della la senatrice nel partito azzurro. Così come viene considerato il rischio che il Movimento corre con un incarico, altrettanto esplorativo, affidato al presidente della Camera. Roberto Fico incontra molto alla sua sinistra. Piace a LeU di Fratojanni e Bersani, e ai Radicali di Magi e Bonino, anche per la sensibilità mostrata sui decreti attuativi alla riforma carceraria. Soprattutto apre un dibattito dentro ai dem. Nel partito guidato da Martina l'eventualità di un esploratore-Fico piace a tutti ma non con lo stesso obiettivo. Per Renzi certifica la fine delle pretese di Di Maio di andare a qualunque costo a palazzo Chigi, ma da qui ad aprire la porta per un'intesa il passo resta ancora molto lungo, perchè - come ricorda Graziano Delrio - «a fare la differenza sono i programmi». In sostanza per l'ex premier l'eventuale passo indietro di Di Maio non basta e soprattutto non si nasconde la difficoltà a fare un governo Pd-M5S che esclude la coalizione vincitrice che rappresenta buona parte del Nord del Paese. Non tutti al Nazareno la pensano però così. Anzi sostengono che aprire un tavolo con il M5S possa essere l'occasione per contribuire a far esplodere le contraddizioni interne per poi arrivare ad un'intesa con i 5S che assicuri un governo al Paese e apra spazi per costruire un nuovo fronte riformista. Sullo sfondo resta la preoccupazione di coloro che lavorano per un governo di tutti o del presidente, i quali temono che l'eventuale passo indietro di Di Maio possa metterne in crisi la leadership e la stessa tenuta del Movimento.
IN PIAZZA
Tra questi c'è anche Berlusconi il quale è preoccupato per un possibile riavvicinamento M5S-Pd, ma ieri si è guardato bene dall'attaccare Di Maio. Anzi, ha sottolineato di non aver «mai posto veti» ai grillini. Il Cavaliere ha in mente solo una schema che ieri, accompagnato dalle capogruppo Bernini e Gelmini, ha ripetuto alla Casellati durante l'incontro a palazzo Giustiniani. Ovvero arrivare al governo di tutti «che finalmente potrà prendere decisioni importanti e non rinviabili per il Paese senza che nessuno scenda in piazza». Il Cavaliere non pensa che a guidare il governo debba essere un nuovo Monti, ma una persona che «centrodestra e M5S possono indicare a Mattarella e che metta d'accordo tutti».