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Data: 21/04/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Salvini: adesso mani libere per il governo con Di Maio

ROMA Le pratiche di divorzio sono cominciate. Ma Matteo Salvini non vuole essere lui quello che rompe il sodalizio con Berlusconi, non intende finire «massacrato» e bollato come «il traditore». «Chi sta sabotando l'alleanza, con l'evidente intenzione di romperla», ragiona il leader leghista, «è Berlusconi. Non gli faremo il piacere di un comunicato, di una nota, di un pubblico annuncio che dice: il centrodestra non c'è più».
Eppure, la certezza di Salvini è che il centrodestra come fu concepito nel 94, e che ha percorso questi turbolenti 24 anni, è arrivato al capolinea: «Berlusconi si ostina a non capire che è cambiato tutto e che il leader è un altro. Sto proprio perdendo la pazienza». L'ha già persa Salvini. E ha cominciato a lavorare - mentre crescono i consiglieri che gli dicono: «Va solo sancita ufficialmente la rottura con Berlusconi, e facciamolo subito», ma lui cerca ancora il momento giusto - a una strategia così sintetizzata: «Adesso, le mani libere».
I TEMPI
Mani libera da Berlusconi, per facilitare l'accordo di governo con i grillini: «Poi decideremo chi guida, l'importante è stabilire le cose da fare e le convergenze sono tante», dicono nel Carroccio. Mentre nella corte berlusconiana viene rispolverata l'immagine choc: «Matteo farà la fine di Fini». Mani libere significa che nei prossimi giorni può succedere di tutto, che il divorzio è maturo ma sarà siglato forse dopo le regionali del Friuli, che Salvini sta già trattando con Di Maio a un possibile governo («Entro domenica dovremmo gettare le basi programmatiche», confermano i pentastellati) in cui insieme a M5S, Lega e Fratelli d'Italia ci sia anche un pezzo consistente di forzisti in uscita. Nel caso il pre-incarico vada a Di Maio, i ministeri pesanti andranno alla Lega e su questo l'accordo non dovrebbe avere intoppi. Nel caso il pre-incarico vada a Salvini, eventualità improbabile, dovrebbe valere la stessa regola. Mentre la partecipazione di Fratelli d'Italia la si dà per scontata, ma dal partito della Meloni arrivano messaggi così: «Non ci presenteremo certo con il piattino in mano».
Uno dei big e consiglieri più ascoltati dal leader assicura: «Dobbiamo capire quanta parte dei berlusconiani è disponibile a rompere gli ormeggi del politicamente corretto, della subalternità ai dettami della Ue, del passato di un leader che ha dato tanto e non ha più niente da dare». Un centrodestra sovranista, più coeso, alleato con i propri simili in Europa, e «basta con tutte quelle menate del Ppe e del moderatismo che fa infuriare i popoli».
L'atmosfera in cui vive Salvini è questa. E lui ci mette del suo. Ha dato ordine di non solidarizzare con Forza Italia sulla sentenza dei giudici della Corte d'assise palermitana, di tenersi alla larga dalla questione giudiziaria, di non dare minimamente l'impressione (per non disgustare i 5 stelle, e va notato che il pm della sentenza palermitana è lo stesso Nino Di Matteo accolto da eroe nella convention casaleggiana a Ivrea pochi giorni fa) di essere vicini al travaglio berlusconiano di queste ore. Questa presa di distanza plateale, questa esibita freddezza riguardante la batosta processuale subita da Forza Italia, è una di quelle cose, perfino più di ogni altra, che lascia un segno indelebile in Berlusconi. E marca una diversità non più colmabile.
IO E LUI
L'«io mi sono rotto le scatole» è la vicendevole frase che accomuna Silvio e Matteo. Forse l'unica cosa che ormai li unisce. «Sbaglia Berlusconi quando offende gli italiani dicendo che votano male», protesta Salvini che ha visto sommare gli elettori leghisti a quelli grillini nella condanna del Cavaliere. Naturalmente, il leader leghista non vuole che la colpa della rottura - «Se rompe, Salvini cade nella trappola di Di Maio», è la maledizione di Silvio - gli venga addossata. E infatti: «Berlusconi tratta con il Pd, a dispetto degli italiani che ci hanno chiesto di eliminare il Pd e in parte ci siamo riusciti. E' lui che non rispetta il mandato popolare. Noi siamo coerenti: mai con il Pd, mai in un governo imposto da Bruxelles e Berlino. Anche se c'è qualcuno che aspetta il fax dall'Europa con su scritto chi devono essere i ministri e che cosa devono fare».
Ostenta sicurezza Salvini: «Mi gioco tutto, ci metto la faccia, se nessuno si mette più a sfasciare di notte quello che si costruisce di giorno, un governo lo possiamo fare. Sennò, si vota». Intanto c'è una parte della Lega che vuole rompere subito con Forza Italia e una parte - zona Giorgetti, ma anche Salvini vuole prendere tempo ma «senza perdere tempo» - che ragiona su una scelta più meditata. Ma che oramai è presa.

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