ROMA «Giovedì gnocchi, venerdì sciopero dei mezzi». Quante volte, in particolare a Roma, è capitato di sentire (o pronunciare) questa battuta? Fino a ieri c'era solo l'ironia come arma di difesa contro l'abitudine di piccole sigle sindacali di bloccare bus e metropolitane una o due volte al mese e quasi sempre di venerdì per premiare gli autisti con un week end lungo.
Ebbene, da oggi si volta pagina: a 16 anni dall'ultimo intervento sulle regole che disciplinano il diritto di sciopero nei servizi pubblici, il Garante Giuseppe Santoro Passarelli (quotatissimo docente di diritto del lavoro e nominato da due ex presidenti di Camera e Senato come Pietro Grasso e Laura Boldrini, schierati a sinistra), ha deciso di suonare la fine della ricreazione. Ieri l'Autorità ha varato un regolamento - valido solo per autobus e metropolitane, i trasporti pubblici locali - che dimezza gli scioperi nel settore. In pratica finora un sindacato doveva aspettare solo 10 giorni per indire una nuova agitazione, da oggi si raddoppia: 20 giorni. Attenzione, è bene ripeterlo, la nuova regola vale solo per i trasporti locali, neanche per i treni o gli aerei.
Questo non toglie che la norma equivalga quasi ad una liberazione da un incubo per le città italiane; per i milioni di cittadini che ogni giorno osano salire su un autobus o su un treno sotterraneo per andare a lavorare, a studiare o a trovare un parente ricoverato in ospedale; per le decine di migliaia di aziende che nelle metropoli vivono di turismo. Troppa retorica? Parlano le cifre: un mese fa, a marzo, sindacati con pochissimi iscritti nei trasporti hanno bloccato dapprima tutte le città italiane, l'8 marzo, e poi subito dopo, il 22 marzo, la Capitale. Nel 2017 gli scioperi di bus e metro che hanno fatto impazzire i tre milioni di romani sono stati ben 9, uno al mese considerando che ad agosto, Natale e Pasqua per legge è vietato scioperare nei servizi pubblici. Stesso film nel 2016: un blocco al mese. Sono anni che si va avanti così. E tutti questi scioperi sono stati indetti da piccole sigle. L'ultima agitazione nei trasporti col marchio Cgil, Cisl e Uil risale al febbraio 2012, più di 70 mesi fa. L'acme del paradosso spetta però a Milano dove lo scorso inverno è bastato l'annuncio di sciopero della metropolitana lanciato da un sindacato con un (1) solo iscritto per far esplodere il traffico mentre bus e metro erano in strada. Surreale.
Per capire la portata delle nuove regole vanno sottolineati due elementi. Primo: il fenomeno degli scioperi dei piccoli sindacati ne risulterà ridotto ma non sparirà perché, calendario alla mano, resta possibile indire più di 10 scioperi l'anno anche se i tecnici ne prevedono molti meno. Traduzione. Nonostante le prevedibili proteste dei sindacalisti, confederali compresi, è difficile intravedere nel regolamento un attacco al diritto di sciopero.
Il secondo elemento di valutazione è più complesso: l'Autorità è intervenuta dopo che Cgil, Cisl e Uil e le associazioni delle imprese del settore si sono accordate - dopo anni di chiacchiere - su un proprio regolamento. Il Garante ha ritenuto che questo accordo non tutelasse i cittadini perché lasciava a quota 10 i giorni di tregua fra uno stop e l'altro. Nuova traduzione: incredibilmente i sindacati confederali e le imprese hanno preferito lasciare spazio ai sindacatini. Perché? Secondo gli osservatori più perfidi la scelta del quieto vivere la dice lunga sul profilo del trasporto pubblico locale. Le imprese del settore, spesso (ma non sempre) continuano a non essere giudicate sulla base della soddisfazione della clientela e dell'efficienza dei servizi offerti.
E allora vedremo presto l'effetto del sasso lanciato dal Garante in questa palude. Potrebbe finire inghiottito nel nulla o alzare onde vere. Come un macigno.
A Roma un blocco ogni 15 giorni e una giungla di 15 sigle sindacali
ROMA Uno sciopero ogni due settimane, ma in certi periodi dell'anno anche più spesso. Un labirinto di quindici sigle sindacali, magari con pochi iscritti, ma con un effetto frantumazione che sufficiente a compromettere il servizio di una intera linea della metropolitana. Sindacati mini, disagi per i romani enormi. E un film che si potrebbe intitolare «Any given friday» per citare Al Pacino, o più efficacemente «Ogni maledetto venerdì», pensando a come fu tradotto il titolo della pellicola sul football americano.
TITANIC
Eccola, in sintesi, la storia triste dell'Atac, a Roma. Sì, è proprio l'azienda con 11.400 dipendenti, bus che si fermano spesso al lato della strada perché sono in avaria, procedura di concordato preventivo in corso per evitare la catastrofe vista la montagna di 1,4 miliardi di euro di debiti. Certo, la parte più consistente della responsabilità dell'apocalisse di Atac non pesa (solo) sui sindacati, ma il rituale logoro e stantio degli scioperi del venerdì richiama l'immagine di tante orchestrine che continuano a suonare Maracaibo sul solito Titanic che affonda. Nel 2018, in appena quattro mesi, a Roma il trasporto pubblico ha già contato 3 scioperi in Atac, 3 in Cotral, 3 in Tpl. Nel 2017 sono stati addirittura 18 gli scioperi nel trasporto pubblico: se si tiene conto delle limitazioni previste dalla legge in alcuni periodi dell'anno (Natale, Pasqua, estate, scadenze elettorali) ecco che si arriva alla devastante statistica di uno sciopero ogni due settimane (o forse sarebbe meglio dire un venerdì sì e uno no).
DEDALO
Nel lotto delle quindici sigle sindacali c'è di tutto: da Cgil, Cisl e Uil, a sigle nuove come Cambia Menti M410, che ha come frontman (anzi frontwoman) Micaela Quintavalle che qualche mese si scandalizzò perché in seguito all'ennesimo sciopero le arrivarono sui social decine di proteste di cittadini romani appiedati e infuriati. E poi Cel, Cub, Usb, Fast, Utl, Sul e via di questo passo. La frammentazione sindacale ha un doppio effetto scivoloso: per chi dirige un'azienda, anche la migliore del mondo, è difficile raggiungere accordi costruttivi, perché poi ci sarà sempre una sigla che decide di andare per conto proprio; e conta poco se il sindacato che proclama lo sciopero ha magari solo 100 iscritti, perché poi può aderire chi vuole. Se per i bus venti autisti che incrociano le braccia hanno un effetto limitato, per quanto fastidioso, nella linee A e B della metropolitana venti macchinisti sono sufficienti a sospendere l'intero servizio, con decine di migliaia di pendolari e turisti bloccati. Nella lunga saga di Atac ci sono state anche storie al limite della triste comicità, come quando nel 2016 un sindacalista dell'Ugl proclamò uno sciopero dopo le 20.30, in coincidenza con la partita dell'Italia agli Europei, guarda caso qualche giorno prima l'ad di allora dell'Atac era intervenuto per colpire l'abuso dei permessi sindacali. Morale: in altri settori un mini sindacato ha effetti mini, ad esempio ad Ama, azienda dei rifiuti, la dimensione del danno causato è direttamente proporzionale alla rappresentatività del sindacato; nel trasporto pubblico romano (ma casi simili per la verità sono avvenuti anche a Milano) basta poco per mandare in tilt il diritto a muoversi di centinaia di migliaia di persone. Le ragioni degli scioperi (istituto, sia chiaro, nobile, ma svilito dall'uso sconsiderato) sono molteplici: da chi protesta per una liberalizzazione del settore che a Roma non c'è alla rivolta contro la decisione di fare lavorare un po' di più i macchinisti.