TERAMO Il referendum sul candidato sindaco da appoggiare, tra Giovanni Cavallari e Gianguido D'Alberto, non garantirà la sintesi nel centrosinistra, ma quanto meno scongiurerà la frammentazione del Pd. La soluzione adottata nella riunione di lunedì, che poco prima della mezzanotte ha dato il via libera alla consultazione degli iscritti sulla scelta da fare in vista delle comunali del 10 giugno non avrà lo stesso effetto delle primarie. Queste ultime, infatti, avrebbero determinato un risultato vincolante per i concorrenti, ricompattando di fatto il popolo del centrosinistra intorno al vincitore, che sarebbe diventato il candidato unico del centrosinistra. Il referendum, limitato ai circa 700 iscritti del Pd, servirà a orientare il partito su Cavallari o D'Alberto, ma senza imporre al perdente di fare un passo indietro a favore dell'altro.Comunque vada sabato, quando si voterà dalle 8 alle 21 nella sede Dem di corso De Michetti, il commissario dell'Unione comunale Sandro Mariani spera ancora in una sintesi più ampia rispetto al risultato della consultazione. «Mi auguro che ci si arrivi nelle prossime ore», sottolinea, «e prevalga il buon senso che finora è mancato». Il dirigente ricorda gli sforzi e i sacrifici fatti dal Pd nelle ultime settimane per portare il centrosinistra unito all'appuntamento con le urne «Il partito aveva il suo candidato», spiega, «ma con senso di responsabilità dopo le prime consultazioni in cui non è stato trovato un accordo si è tirato indietro per favorire una soluzione unanime». Mariani paragona il Pd al «grembo di una madre» pronto ad accogliere i figli dispersi per affrontare insieme la sfida elettorale. L'operazione però non è riuscita e il commissario si sente di «chiedere scusa ai cittadini per lo spettacolo indecente di questi giorni». La sintesi, da far passare attraverso le primarie, non c'è stata: anzi il partito ha rischiato di spaccarsi tra sostenitori di Cavallari e seguaci di D'Alberto. La soluzione poteva essere schierarsi da soli, con un proprio candidato sindaco, ma questo avrebbe solo aumentato la polverizzazione del centrosinistra. «Vari esponenti del partito, tra l'altro», fa notare con una punta polemica il commissario, «si erano già esposti partecipando alle presentazioni dell'uno e dell'altro candidato». Di fronte all'impossibilità di una sintesi di coalizione e di fissare una linea condivisa interna la partito nel quale, fa rilevare Mariani, «tutti si sentono legittimati a fare strategie» l'unica strada percorribile è rimasta quella del referendum. «Il candidato che vincerà», ribadisce il commissario, «avrà l'appoggio del Pd». Affermazione ovvia nella sostanza, ma comunque necessaria ad anticipare eventuali fughe di iscritti e dirigenti verso chi, tra Cavallari e D'Alberto, non sarà scelto come punto di riferimento elettorale. «Sabato fisseremo il perimetro», scandisce Mariani, «chi non si adegua al risultato sarà messo fuori, così ci libereremo anche delle scorie nucleari che inquinano il partito». Il commissario usa espressioni forti, ma evidenzia che il partito ha passato un momento molto difficile «di quelli che avrebbero steso un elefante». Lui comunque rivendica il coraggio della responsabilità e di aver «messo la faccia» nell'indicare la «sola cosa ragionevole che si poteva fare in una situazione del genere». Mariani, comunque, continua a crederci. «Anche il percorso più tribolato», conclude, «può portare a qualcosa di buono».
I due sfidanti in disaccordo sull'effetto dell'iniziativa. D'Alberto: «Giusto che decidano i teramani ma il risultato non sarà vincolante. Il nostro progetto è in campo dal 20 marzo»
TERAMO Su una cosa Giovanni Cavallari e Gianguido D'Alberto sono d'accordo: quella del referendum sul sostegno da offrire a uno dei due come candidato sindaco è «una scelta del Pd». La rispettano, ne prendono atto, ma il risultato non li vincolerà nella scelta di proseguire la campagna elettorale anche senza il sostegno del partito. «Fin dall'inizio sono stato disponibile a trovare la sintesi attraverso le primarie», tiene a ricordare Cavallari, «ma l'apertura dall'altra parte è arrivata a due settimane dalla presentazione delle liste in modo strumentale perché forse qualcuno vuol farci perdere tempo». Ad arrivare fuori tempo massimo, in pratica, è stato l'assenso alla consultazione preventiva da parte di D'Alberto. Quest'ultimo, però, respinge le insinuazioni dell'ex compagno di partito.«Da parte nostra non c'è mai stata una preclusione di principio, ma sul metodo e sui profili politici, non erano chiare le forze in campo», chiarisce, «comunque abbiamo accettato nei tempi previsti anche dal gruppo di Cavvallari». I due tipi di consultazione non hanno la stessa valenza. «Le primarie sono un'altra cosa rispetto al referendum», fa notare D'Alberto, «che è stato scelto dal Pd senza il nostro coinvolgimento diretto». Il risultato, insomma, non implicherà automaticamente il ritiro della candidatura da parte di chi non sarà designato dai Dem. «Non si arriverà alla sintesi che ci sarebbe stata con le primarie», fa notare D'Alberto, «ma questa iniziativa servirà comunque a limitare la frammentazione nel centrosinistra».I candidati sindaco in quell'area resterebbero due anche dopo il referendum, escludendo di fatto solo quello che il Pd avrebbe messo in campo nell'eventuale corsa solitaria verso le elezioni. D'Alberto vede alcuni aspetti positivi nel referendum. «È apprezzabile il fatto che il partito lasci decidere i propri iscritti», osserva, «ed è altrettanto significativo che la decisione sia presa a Teramo e non in altre realtà, al di fuori del comune in cui si voterà». Sull'effetto aggregante per la coalizione, però, il candidato dell'alleanza civica non concede nulla. «Si vedrà dopo il risultato di sabato», conclude, «ma il nostro progetto è in campo dal 20 marzo e ci saranno comunque le condizioni per andare avanti». L'irrigidimento sul carattere non vincolante per le candidature a sindaco della consultazione di sabato a detta di Cavallari svilisce la portata dell'iniziativa. «Se già diciamo che non cambia nulla», spiega, «si disincentiva anche la partecipazione degli iscritti del Pd al referendum». Secondo lui sarebbe opportuno quanto meno aspettare l'esito della consultazione. «Altrimenti», conclude, «non ha alcun senso farla».