ROMA Il giro di consultazioni avviato dal presidente della Camera Roberto Fico si chiude con una fumata grigia. Il Partito Democratico fa sapere tramite il suo reggente Maurizio Martina di essere «disponibile» a valutare un'intesa con il Movimento Cinque stelle a patto che il baricentro siano i 100 punti di programma dei Dem ma soprattutto la chiusura ufficiale di ogni canale di dialogo con Matteo Salvini. Richiesta quest'ultima subito accolta da Luigi Di Maio. Il leader pentastellato mette fine ad ogni tentativo di intesa con la Lega Nord ed invita il Pd ad avviare subito un confronto. Consapevole delle distanze tra i due partiti, il candidato premier M5s chiede che le due forze politiche si incontrino al più presto per verificare «prima ancora di firmare un contratto se ci siano i presupposti per metterlo in piedi». Il tavolo così si apre, scatenando l'ira di Matteo Salvini che però sceglie, al momento, la strada di non rompere i ponti con i 5 stelle rilanciando ancora l'ipotesi di un governo M5s-centrodestra. Certo, l'esito del percorso avviato dai pentastellati e dal Pd è tutt'altro che scontato (domani potrebbe esserci un nuovo giro di consultazioni) e soprattutto a pesare nelle decisioni saranno due passaggi fondamentali: il voto degli iscritti del movimento sulla piattaforma Rousseau, nel caso si arrivasse alla stesura di un contratto; mentre in casa del Partito Democratico l'attesa è ora per la direzione del partito che dovrebbe essere convocata i primi giorni della prossima settimana. Un appuntamento che suona già come una «conta» tra chi è favorevole al dialogo con il Movimento Cinque Stelle ed i renziani da sempre contrari. Ma in attesa dei passaggi formali, sui social, in modo assolutamente bipartisan, monta la polemica. Su twitter i militanti renziani del Pd coniano l'hashtag #Renzitorna, mentre sul blog delle Stelle (l'house organ del Movimento) l'ipotesi di un'intesa con il Pd scatena una rivolta tra i militanti. Di tempo in realtà per verificare la possibilità di chiudere un'intesa ce n'è poco. Entrambi i partiti ne sono consapevoli anche perché il presidente della Camera è atteso domani al Colle per riferire a Mattarella l'esito dei colloqui. Se sarà negativo la «palla» tornerà di nuovo nelle mani del Capo dello Stato, che a quel punto dovrà decidere quale strada intraprendere: se tentare un terzo giro di consultazioni oppure farsi carico di individuare lui una soluzione. Mattarella deve comunque fare i conti con il no del Movimento Cinque Stelle ad altre ipotesi. Il tentativo con il Pd, mette in chiaro Di Maio, sarà l'ultimo e «noi diciamo già da ora che non sosterremo governi tecnici, governissimi, o del presidente». Senza un accordo con i Dem, per i pentastellati l'unica strada è quella del ritorno alle urne. La chiusura ufficiale della trattativa con il Carroccio, dunque da un lato fa infuriare il leader della Lega che accusa Di Maio di «amoreggiare con Renzi e con il Pd pur di andare al potere»; dall'altro, lo spinge a non chiudere definitivamente la porta ai Pentastellati, invitandoli a «smettere di polemizzare» e ad «aiutarlo a ricostruire questo paese». Ribadendo, però, di essere il leader del centrodestra, Salvini lascia intendere che comunque ogni trattativa non può escludere Silvio Berlusconi e Forza Italia su cui il veto dei 5 stelle continua ad essere irremovibile. La «svolta» non lascia indenne nemmeno il Pd dalle polemiche interne. «Io reso contrario ad un'intesa con il M5s», mette in chiaro il presidente del Partito Matteo Orfini annunciando la convocazione della direzione il prima possibile. Per il ministro della Giustizia Andrea Orlando invece è «giusto un confronto con M5s» ma Lorenzo Guerini ci tiene a precisare che «ogni ipotesi di confronto parte dai 100 punti di programma presentato agli italiani».