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Data: 26/04/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Mattarella: da voi è nato il 25 Aprile. Il capo dello Stato a Casoli: la Resistenza mosse i primi passi in Abruzzo

«La nascita del movimento della Resistenza, che mosse i primi passi in Abruzzo, segna il vero spartiacque della storia nazionale del secolo scorso. Chiude la fase della dittatura e porta l'Italia all'approdo della libertà e della democrazia». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella restituisce dignità alla storia abruzzese e a quella, unica e particolarissima, della Brigata Maiella, una pagina della storia patria che poco spazio trova nei libri ufficiali. E lo fa, soprattutto, scegliendo questo lembo d'Abruzzo per celebrare il 73° anniversario della Liberazione d'Italia.
L'ARRIVO A CASOLI. Dopo l'omaggio al Sacrario della Brigata Maiella a Taranta Peligna, Mattarella arriva in elicottero al campo sportivo di Casoli e raggiunge in auto il castello ducale per la visita privata. Il percorso del Presidente tra i luoghi della memoria continua nel restaurato Palazzo Tilli, nelle cui cantine furono internati oltre 200 ebrei dal 1940 al 1943. Dopo una sosta davanti alla lapide che ricorda tutti i nomi, nella Piazza della Memoria che odora di asfalto appena rifatto, Mattarella si avvia a piedi verso corso Umberto I, dove due ali di folla lo attendono. A scortarlo sono il sindaco Massimo Tiberini e il governatore Luciano D'Alfonso. La vicepresidente della Camera, Mara Carfagna, invece è già davanti al cinema-teatro con il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, foulard da partigiano al collo, e i sindaci del Sangro-Aventino con le fasce tricolore.
CALDA ACCOGLIENZA. Il calore dei casolani si fa sentire da dietro le transenne. Tendono le mani al Presidente che le stringe tutte per voi voltarsi a rispondere ai saluti dal lato opposto del Corso. I bambini delle scuole agitano le bandierine tricolore e scandiscono in coro: «Presidente! Presidente!». «Sono particolarmente lieto di celebrare qui a Casoli, uno dei centri nevralgici della Resistenza abruzzese, il 25 aprile», è la risposta di Mattarella a tanto calore, «questa occasione ci permette di ricordare le pagine di storia, non sempre adeguatamente conosciute, scritte dalla Resistenza nel Mezzogiorno d'Italia».
LA CERIMONIA A TEATRO. È scandita dal rigido cerimoniale del Quirinale. Pochi e selezionati interventi, davanti a quattro patrioti combattenti e a un folto parterre di sindaci ed amministratori. «È un giorno che rimarrà scolpito nella memoria del nostro paese», dice con orgoglio il sindaco Tiberini, «la sua presenza, Presidente, è la testimonianza che l'Italia che sembrerebbe minore incarna, invece, lo spirito vero della nazione, una comunità forte e accogliente».
L'IDEA DI NAZIONE. «Con la Brigata Maiella l'Abruzzo è entrato nella grande storia nazionale», dice D'Alfonso nel suo intervento di saluto al capo dello Stato, «qui è andata in onda un'idea di nazione grazie al dono di se stessi. Questi ragazzi hanno fatto intendere che c'era bisogno della visione dell'intero tanto che, dopo aver liberato l'Abruzzo, sono andati alla volta di altri territori che andavano liberati, declinando e testimoniando un'idea e una cultura dell'insieme».
PATRIOTI, NON PARTIGIANI. È lo storico Marco Patricelli a raccontare l'unicità della Brigata Maiella, «la formazione col più lungo ciclo operativo della guerra di Liberazione, la sola che abbia combattuto fuori dal territorio di costituzione e l'unica decorata da Medaglia d'oro al valor militare». Partiti con 15 volontari, che nel 1943 firmarono a matita il patto d'onore, nel maggio di due anni dopo i maiellini erano 1.500. Mai ci fu una richiesta di congedo o una diserzione durante gli anni della guerra. «Scelsero il nome di patrioti e non di partigiani», spiega ancora Patricelli, «perché si rifacevano ai valori risorgimentali della patria che il fascismo aveva distorto e svilito nel nazionalismo».
LE PAROLE DI MATTARELLA. «Non era, quella fascista, la Patria che aveva meritato il sacrificio eroico di tanti soldati italiani», dice il capo dello Stato, «non fu, dunque, per caso che gli uomini della Brigata Maiella scelsero per sé stessi la denominazione di patrioti. La stessa dei giovani che rischiavano la morte in nome dell'Unità di Italia». «In questa regione, così bella e fiera, si svolsero, tra il 1943 e il 1944, alcuni degli episodi più drammatici e decisivi della lunga e sanguinosa guerra per liberare l'Italia dal nazifascismo», aggiunge, «e per restituire il nostro Paese al novero delle nazioni democratiche e pienamente civili». «Nella lotta al nazismo il popolo d'Abruzzo fu particolarmente esemplare», sottolinea Mattarella, «pagando un tributo alto di sangue che va ricordato adeguatamente, con riconoscenza e ammirazione». Il Presidente elenca luoghi di eccidi e rappresaglie, tra gli altri L'Aquila, Bosco Martese, Lanciano, Pietranseri, Sant'Agata di Gessopalena, Capistrello, Pizzoferrato e Montenerodomo, nome sul quale incespica. «Ma terrore e fucilazioni aumentavano l'impegno degli abruzzesi al fianco dei liberatori», rimarca il Presidente, «si aprirono così, tra questi monti, i sentieri della libertà. Pastori, cacciatori, guide locali accompagnavano soldati alleati e italiani, ebrei, fuggiaschi e perseguitati al di là della Linea Gustav, mettendoli in salvo. Tra questi ci fu anche il mio illustre predecessore, Carlo Azeglio Ciampi, in fuga con un suo amico ebreo, Beniamino Sadun». Ciampi e Mattarella, due presidenti per Casoli da dove, dopo 75 anni, si alza ancora il grido: «Viva la Resistenza, viva l'Italia libera e democratica».

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