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Data: 27/04/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Atac, effetto concordato sulla data del referendum «Il voto slitta in autunno»

Ungaretti l'avrebbe spiegata così: si sta come d'autunno sull'Atac con il referendum. A sorpresa la giunta Raggi decide che la consultazione sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico, per la quale i Radicali avevano raccolto le firme, non ci sarà più il 3 giugno. Perché? In maniera ufficiale il Campidoglio spiega che tra un mese «costerebbe 16 milioni di euro» e che i «romani nel III e VIII municipio si ritroverebbero alle urne per tre votazioni nel solo mese di giugno». Dunque, per risparmiare e non fare confusione, è la linea della retromarcia M5S, è meglio far slittare tutto in autunno «quando sarà utilizzato il voto elettronico, con un risparmio per l'ente». Di quanto? Non si sa.
I TIMORI
Dietro alla retromarcia si nascondono una serie di dubbi balenati in queste ore nella testa di Virginia Raggi. Il primo: il referendum (consultivo) potrebbe condizionare la decisione dei giudici sul concordato preventivo della municipalizzata?
E ancora: in caso di via libera del tribunale al piano salva Atac, atteso tra settembre e ottobre, la chiamata al voto dei romani sarebbe depotenziata? La risposta è sì. L'ultima mossa su cui sta lavorando il Campidoglio riguarda l'introduzione del quorum, nodo ancora da sciogliere, che sarebbe un ostacolo da non poco per la battaglia sposata dai radicali, e da un pezzo di Pd, quello renziano. Il parlamentare dem Luciano Nobili: «Il rinvio è una vergogna, meno male che volevano portare i romani nelle istituzioni. E poi il voto elettronico sarà gestito dalla piattaforma Rousseau?».
LA BAGARRE
La notizia è piombata in Aula Giulio Cesare, durante il consiglio, scatenando un gran putiferio, visto che la notizia è stata omessa martedì scorso, in occasione dell'assemblea straordinaria sulla municipalizzata. Stefano Fassina viene addirittura espulso dal presidente Marcello De Vito: «Il rinvio è inaccettabile - tuona -. La sindaca e la sua giunta in un solo colpo hanno umiliato gli oltre 30.000 cittadini che lo avevano chiesto». Per FdI «è l'ennesimo atto arbitrario della giunta Raggi deciso unilateralmente senza alcun confronto». Il pensiero corre all'ultima forzatura: il voto per inibire alla consigliera espulsa dal MoVimento, Cristina Grancio, di sedersi nella fila che fu del M5S nella passata legislatura.
Dal Pd, con Ilaria Piccolo, si sottolinea che «il risparmio con il voto elettronico è una balla spaziale» e il dem Marco Palumbo annuncia già una commissione trasparenza ad hoc nei prossimi giorni. Nel merito del quesito - servizio pubblico messo a gara - il Pd è diviso: tanto da aver organizzato per il 13 maggio un referendum tra gli iscritti per capire come votare. I Radicali attaccano ma allo stesso tempo un po' gongolano, almeno così avranno più tempo per informare i romani sull'argomento. La campagna continua. Anche se il segretario e deputato Riccardo Magi tiene a far mettere a verbale: «Per ridurre i costi sarebbe bastato accogliere la nostra richiesta di accorpare il voto referendario alle elezioni politiche del 4 marzo». L'augurio, dei radicali, è che la «sindaca Raggi smetta di comportarsi come un promotore del comitato per il no e si preoccupi d'ora in poi di informare in modo imparziale e istituzionale tutti i cittadini romani».
Dal M5S quasi sembrano dar loro ragione. In quanto una nuova data, è la lettura del capogruppo Paolo Ferrara, rappresenta anche «un'opportunità per i comitati che avranno più tempo per informare i cittadini». La vera mossa riguarda però il parere legale richiesto dal Comune sulla possibilità di introdurre il quorum. Sapendo che il referendum in questo caso è «consultivo». E che, come ha ripetuto più volte Raggi, «ottocentomila romani mi hanno eletto per lasciare l'Atac pubblica».

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