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Pescara, 24/07/2024
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Data: 28/04/2018
Testata giornalistica: Prima da Noi
Regione, D’Alfonso lascia Di Matteo fuori dall’ufficio: «aprite o chiamo i carabinieri. E’ stato il presidente a prendere le chiavi e a chiudere la porta»

ABRUZZO. Alcune storie d’amore, si sa, sono destinate a chiudersi in malo modo: scenate eclatanti, porte sbattute, odio riversato nei confronti dell’altro senza freni.

C’è pure chi fa trovare le valigie fuori la porta, senza possibilità di rientrare.

Più raro, a dire il vero, che si chiuda la porta a chiave e basta, con tutta la roba dell’ex ancora dentro.

Eppure è quello che è capitato questa mattina all’ex assessore Donato Di Matteo, dimessosi nelle scorse settimane.

La sua ‘relazione politica’ con D’Alfonso ormai si trascinava stancamente da mesi, forse anni. I due, proprio come una vecchia coppia ormai allo stremo, conviveva senza parlarsi nemmeno più. Di Matteo lanciava bordate devastanti contro l’altro che, a dire il vero, se n’è stato in silenzio come chi sa che non vale nemmeno la pena sprecare fiato.

Ma anche chi non sbatta in pubblico, si sa, può riservare sorprese.

Sta di fatto che questa mattina Di Matteo è arrivato nella sede pescarese del Consiglio regionale e ha trovato il suo ufficio chiuso a chiave.


Apriti cielo. Di Matteo ha minacciato di chiamare i carabinieri.

A quel punto un collaboratore della segreteria del governatore ha riaperto gli uffici, consentendo a Di Matteo, ora semplice consigliere regionale, di liberare i locali e traslocare.


«D’ALFONSO HA PRESO LE CHIAVI»

«Questa brutta sorpresa rasenta il reato di sequestro di atti personali. Mi hanno riferito - racconta l'ex assessore - che il presidente è venuto personalmente a prendere le chiavi, chiudendo le stanze del mio ufficio. Va detto che qualche giorno fa avevo concordato che questa sera avrei liberato gli uffici, lasciando i locali del quarto piano per spostarmi al quinto».

Di Matteo, che a febbraio era uscito dal Pd lamentando «un'assenza di collegialità delle scelte politiche», si era dimesso il 13 marzo scorso, insieme al collega di Giunta Andrea Gerosolimo; entrambi, dopo l'analisi del voto alle politiche, in considerazione della perdita di «fiducia da parte di 180 mila abruzzesi», chiedevano al governatore, eletto senatore con il Pd, di azzerare la Giunta.


«SONO STATO SFRATTATO»

«Quanto accaduto questa mattina è grave. Sono stato sfrattato dal proprietario della Regione Abruzzo, lui ha concepito questo ente come sua proprietà. Da domani continuerò a fare quello che ho fatto fino a oggi per quattro anni e lavorerò affinché nel centrosinistra si avvii una fase diversa, spero che D'Alfonso capisca di doversi mettere da parte. Il mio prossimo atto - conclude Di Matteo - sarà votare la decadenza di D'Alfonso che non può giocare con le istituzioni. Non doveva candidarsi al Senato perché era presidente della Regione. Ha voluto fare questo e adesso deve scegliere se fare il senatore o il presidente della Giunta regionale».

LA LETTERA DI D’ALFONSO

Il presidente della Regione Luciano D'Alfonso in merito a quanto affermato dall'ex assessore Donato Di Matteo ha reso nota una lettera nella quale la segreteria particolare della Presidenza comunicava al direttore generale della Regione Rivera, al direttore delle risorse umane Bernardini e all'istituto di vigilanza Ivri «'l'impellente necessità di dover disporre di un adeguato numero di stanze»' per la sistemazione del personale dagli uffici della regione di viale Bovio a quelli di Piazza Unione. Le stanze in questione erano «già assegnate temporaneamente all'Enea e alla segreteria temporanea di un assessore dimissionario». Quindi per garantire la salvaguardia dei beni rimasti nelle stanze le chiavi sono state poi affidate al servizio di guardiania.



DUBBI SULLE DATE

Ma Di Matteo esprime altri dubbi: «pare molto strana la lettera protocollata in data odierna da Enzo Del Vecchio, credo posticipatamente alla mia telefonata di questa mattina, effettuata in macchina e in viva voce alla presenza di collaboratori, nel corso della quale chiedevo spiegazioni sulla inaspettata chiusura delle stanze in piazza Unione. Lo stesso mi spiegava che su questa situazione non aveva nulla a che vedere e che questa era stata una disposizione del presidente e che mi sarei dovuto rivolgere a D'Alfonso».



DEL VECCHIO: «TUTTO REGOLARE»

«Non è mio costume e non è nella mia funzione di responsabile della segreteria del presidente della Regione confrontarmi in questi termini con consiglieri, assessori, dirigenti e colleghi dell'ente regionale con argomenti menzogneri o posizioni ambigue», risponde Enzo Del Vecchio. «Sulla vicenda richiamata dal consigliere regionale Donato Di Matteo, a cui va pure la mia simpatia personale (peraltro ricambiata, a quanto mi consta), voglio rassicurarlo sulla linearità dei miei comportamenti e delle azioni sottese con la nota datata 26 aprile 2018 (il sistema ne certifica la creazione alle ore 19,21) che questa mattina è stata regolarmente protocollata (il sistema registra alle ore 8,49) ed inviata ai destinatari della stessa - puntualizza - Sempre questa mattina ho ricevuto una telefonata dal consigliere Di Matteo (la memoria remota del telefono indica le ore 8,53) nel corso della quale mi veniva rappresentato il suo disagio e disappunto. Senza ulteriormente addentrarmi nella questione posta, gli elementi di memoria remota su tutto il procedimento sin qui tenuto dallo scrivente non sono da ricondurre a fasi successive alla telefonata citata dal consigliere».

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