TERAMO Si siede al tavolo solo, come per sottolineare la radicalità della scelta sua e delle liste civiche che lo sostengono. Mauro Di Dalmazio ufficializza così, nella sala convegni dell'hotel Abruzzi, la propri candidatura a sindaco. Con lui, ad ascoltarlo in religioso silenzio, ci sono i rappresentati di "Al centro per Teramo" e "Azione politica" che, dopo gli ultimi febbrili contattati con la Lega prima che ufficializzasse l'appoggio a Morra, hanno consumato lo strappo con il resto del centrodestra da cui provengono. «Ho una sola cosa nel cuore e nella testa», scandisce il candidato, «Teramo». In questa frase è racchiuso il senso della scelta di affrontare la prossima tornata elettorale da una posizione autonoma rispetto alla coalizione di cui ha fatto parte e con la quale è stato eletto quattro anni fa in consiglio comunale. Di Dalmazio, però, non rinnega il passato: anzi, lo esalta lasciando intendere che sono stati gli ex alleati a sporcarlo nell'ultimo periodo. «Nel 2004 siamo stati protagonisti nella nascita del modello Teramo», afferma, «che ha segnato un periodo fulgido per la città, una stagione straordinaria». Il candidato rivendica con orgoglio la partecipazione a quell'esperienza da cui prese l'abbrivio anche la prima amministrazione Brucchi. I problemi sono iniziati dopo, con la rielezione del sindaco defenestrato a dicembre scorso da un pezzo della sua ex maggioranza tra cui "Al centro per Teramo". «Abbiamo contributo allo scivolamento verso altre logiche rispetto all'interesse della città», sottolinea, «è questa la nostra piccola parte di responsabilità». La lista civica, però, ha visto in anticipo la deriva di una maggioranza verso una «degenerazione strutturale», in cui i continui rimpasti di giunta erano finalizzati sono al mantenimento degli «equilibri di potere», e si è chiamata fuori. «La nostra è stata un'uscita dolorosa», scandisce Di Dalmazio, «abbiamo rinunciato ai nostri incarichi e ai ruoli amministrativi». I fatti successivi però, con la crisi irreversibile fino alla caduta dell'amministrazione, «hanno confermato quello che stavano dicendo da quasi tre anni». Il candidato rivolge parole di stima a Giandonato Morra, che in una prima fase il suo raggruppamento aveva indicato come possibile candidato sindaco d'impronta civica prima che Fratelli d'Italia, Forza Italia e Futuro in condizionassero la sua investitura. «Poteva essere il nome migliore per un progetto di rottura con le vecchie logiche», osserva, «nelle quali ora è avvolto». Il centrodestra dei partiti tradizionali, insomma, punta alla «sommatoria dei voti più che su una proposta di governo» finalizzata alla riconquista del potere. «Attori e carnefici della passata amministrazione si sono rimessi insieme senza che ci sia stata una minima analisi di quello che è successo né un'autocritica», tiene a precisare Di Dalmazio, «con il rischio di riproporre quelle logiche che abbiamo combattuto e dalle quali ci siamo distaccati». I civici forse soffrono di torcicollo ma non corrono il rischio di «avere la memoria corta». La coerenza ha imposto una scelta diversa, autonoma anche per la prossima campagna elettorale. Per le due liste civiche e il loro candidato, tra l'altro, Teramo e sul crinale di una crisi irreversibile che non permette di coinvolgerla in strategie per «alimentare ruoli di potere» riferiti ad altri enti e amministrazione. «C'è bisogno di un progetto civico, di obiettivo non inteso come attributo estetico», insiste Di Dalmazio, «che abbia per unico scopo l'interesse della città». Da qui "Al centro per Teramo" e "Azione politica" svilupperanno il loro programma, aperto ad altri contributi ma senza compromessi di altra natura. Di Dalmazio ne elenca i temi generali: lo sviluppo urbanistico tramite la ricostruzione e la ricerca di canali di finanziamento appositi, la rivitalizzazione del settore culturale in sofferenza, la difesa di servizi e sanità, nonché un'attenzione alle frazioni che sono sia limitata «alle manutenzioni che fanno tappezzeria», ma sfruttandone appieno le potenzialità. «Mi candidato a guidare questo progetto civico», conclude, «ci metto la faccia perché voglio restituire a Teramo un po' del tanto che mi ha dato».