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Pescara, 24/11/2024
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Data: 29/04/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
La mossa di Martina: referendum nella base se c'è l'intesa con M5S. Renzi: «Accordo impossibile» E pensa di mollare il reggente. Oggi finirà il digiuno tv elencando nel salotto di Fazio ad uno ad uno le differenze tra Pd e M5S. E non si tratta solo del muro pentastellato su Buona scuola e su jobs act

ROMA L'apertura è volutamente ambigua, fluttuante. La strada che porta alla Direzione del 3 maggio è stretta e il reggente Pd, Maurizio Martina, tenta di non spaccare il partito. Ovvero, prova a non scontentare nessuno.
ÈÈPrimo step, evitare che si arrivi a una conta su favorevoli e contrari a un governo con il M5S. Non è di questo, infatti, che si discuterà, ci si fermerà un passo indietro. Nella riunione si dovrà stabilire «se iniziare un confronto, entrare nel merito delle questioni, capire se ci possono essere punti d'intesa». La premessa è che «siamo forze molto diverse e la strada è in salita» ma «arrivati a questo punto» è «giusto capire se esiste la possibilità». C'è anche un problema di cortesia, di garbo istituzionale nei confronti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la necessità di far vedere che il partito non respinge tout court i suoi sforzi di dare un esecutivo al Paese.
La seconda mossa di Martina è aprire all'ipotesi di «consultare la base». Una formula volutamente generica. Il leader della minoranza Andrea Orlando propone che non ci si limiti a un referendum tra gli iscritti, che si coinvolgano anche gli elettori. Ma i renziani non ne vogliono sentir parlare. Martina non entra nel merito, però indica un metodo. «Se la direzione darà il via libera al confronto con i Cinque Stelle spiega intervistato da Maria Latella - penso sia giusto che l'eventuale esito finale di questo lavoro venga valutato anche dalla nostra base».
Il Pd romano gioca d'anticipo e lancia sulla rete un appello-manifesto, già firmato da un centinaio compresi quadri e dirigenti locali, per dire no a un governo demogrillino. Un'ipotesi che, soprattutto alle condizioni di Di Maio viene rigettata anche dal ministro Carlo Calenda che di proposta ne ha un'altra. Forse è il caso di fare tutti un passo indietro, fare un governo per il bene dell'Italia, istituzionale, che si occupi dei problemi veri.
Il tema, tuttavia, non è tanto la divisione tra dialoganti e non dialoganti. Anche chi perora la causa di un confronto con Di Maio & Co, sa che lo sbocco verso un governo è quasi impossibile, ma vuole approfittare della ritrovata centralità a dispetto della sconfitta del 4 marzo.
IL GUADO
Il fatto è che il difficile guado politico post elezioni si muove di pari passo con lo scontro per la gestione del partito, vero nodo per qualsiasi scenario si dovesse aprire, soprattutto se fosse il ritorno alle urne. Matteo Renzi, che questa sera parlerà a Che tempo che fa, è convinto di poter contare sulla maggioranza sia nei gruppi che negli organismi dirigenti. Le ambizioni di Martina di continuare a essere garante unitario non possono prescindere da un sostegno dell'ex segretario. «Io dico chiaramente che c'è bisogno della forza, del contributo, dell'energia di tutti. E c'è bisogno del protagonismo anche di una personalita per noi importante come Matteo Renzi». E se le truppe dell'ex premier pongono come pre-condizione per qualsiasi tipo di confronto il riconoscimento di quanto è stato realizzato dagli esecutivi dem, il reggente si affretta a rassicurare: «Io difenderò sempre il lavoro fatto dai governi Pd di questi anni che hanno portato l'Italia fuori da una grande crisi». Si fa sentire anche Carlo Calenda: «E' giusto assumersi una responsabilità se lo fanno tutti in un governo istituzionale. Ma francamente non vedo le ragioni per un esecutivo politico con i 5Stelle».

Renzi: «Accordo impossibile» E pensa di mollare il reggente

ROMA «Il mio non è un no ideologico ma si tratta di una discussione sbagliata, già chiusa, uno psicodramma inutile, rischiamo di dividerci sul niente». Renzi non arretra di un millimetro. Oggi finirà il digiuno tv elencando nel salotto di Fazio ad uno ad uno le differenze tra Pd e M5S. E non si tratta solo del muro pentastellato su Buona scuola e su jobs act. Programmi incompatibili, «hanno votato contro sui vaccini e perfino sul testamento biologico». Visioni opposte sulle riforme dei governi Renzi e Gentiloni, sui risultati ottenuti da Padoan e Calenda. E poi c'è il macigno Di Maio premier: «Non e' neanche ipotizzabile ragionarci su».
LE TAPPE
E allora Martina e la delegazione Pd possono anche incontrare in Parlamento la truppa M5S, in direzione si può anche approvare una mozione all'acqua di rose, mettendo paletti altissimi, ma per l'ex premier «così non si va da nessuna parte», si fa il gioco dei grillini. A Renzi importa poco la tattica, sulla strategia non si transige. E sulla strategia «è impossibile un'intesa con il Movimento 5 stelle» ed e' convinto di avere la maggioranza del partito al suo fianco.
I pontieri sono al lavoro Delrio, Rosato e Guerini in primis per evitare una conta interna. E una conta giovedì non ci dovrebbe essere perché per Renzi il tavolo si può riunire anche domani mattina, ma le condizioni dei Cinque stelle non sono ricevibili. E trova in qualche modo demagogica l'idea della consultazione. «Certo ha spiegato ai suoi se si chiede il parere degli iscritti non c'è partita. Tra i circoli stravince il no». In realtà Martina ha proposto il metodo, non la formula. «Possono anche essere elettori o amministratori, questo si vedrà ha chiarito solo nel caso in cui la direzione dica sì al confronto e ci sia un esito positivo. Anche su questo punto, però, le due linee divergono.
Renzi lascerà a Franceschini e Orlando il punto di caduta per evitare strappi, ma la verità è che la battaglia interna è destinata a diventare incandescente. Finora Renzi ha fatto sì che Martina rimanesse in piedi come reggente. Ora Renzi non lo difende più. «La maggioranza chiede di accelerare. E allora si faccia al più presto l'assemblea e poi subito il congresso ad autunno», ha spiegato. «E con l'assemblea Martina decade, non ha più i numeri».
Qualora sul serio dovesse partire il confronto con M5S, la vera partita si giocherà dentro al Nazareno. Non si crocifiggerà Martina ma è chiaro spiega uno dei big del partito che uscirà indebolito e dovrà pagare le conseguenze per essersi spinto fino a questo punto. La posta in gioco è questa. Del resto tutta la minoranza, compresi i franceschiniani, è convinta che Renzi sia «sempre più un problema e non una risorsa». Martina va avanti per la sua strada, difeso anche da Delrio che considera da un punto di vista politico e mediatico - importante la mossa di ricorrere alle opinioni della base e non ritiene il reggente responsabile di un eventuale fallimento del dialogo con M5s in quanto agisce nel solco del mandato ricevuto. Ma i renziani sono pronti a presentare il conto: «Lo spazio di Martina si è consumato. Se prima di giovedì non ci sarà un governo centrodestra-M5s la discussione potrà essere rimandata, altrimenti il passaggio della svolta andrà consumato in fretta», osserva un dirigente vicino all'ex premier.
Tuttavia il fronte anti-renziano che punta a consolidare - già dalla prossima direzione - la posizione di Martina fa notare come la maggioranza congressuale che elesse Renzi segretario non c'è più. E' lo stesso fronte che punta, tenendo la schiena dritta, a mettersi d'accordo con M5s su una decina di punti. Complicato solo lo scoglio Di Maio. Ora si tratta di vedere se l'esercito di Renzi sara' compatto. L'ex segretario in direzione può contare su 107 membri su 109.

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