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Pescara, 24/07/2024
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Data: 30/04/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Renzi chiude a M5S: ma tavolo per le regole. Di Maio: la pagheranno. Il leader: ok all’incontro con i 5Stelle e in streaming, fiducia però impossibile. La replica del capo pentastellato: ego smisurato, abbiamo fatto di tutto

ROMA Matteo Renzi riappare in scena e frantuma l'ipotesi di un governo Pd-M5S. Boccia il contratto alla tedesca in salsa grillina. E questo si sapeva. Ma per il grande ritorno sul campo della politica, dopo due mesi di astinenza, l'ex segretario del Pd sforna la proposta che non t'aspetti: lancia il confronto sulle regole, sulla riforma costituzionale ed elettorale, con 5Stelle e centrodestra. Insomma, indica la prospettiva di una legislatura costituente, partendo dal doppio turno alla francese e dall'abolizione del Senato.
Gli ingredienti principali del referendum da cui il 4 dicembre del 2016 uscì sconfitto. Una strada cui Luigi Di Maio non sembra interessato: «Il Pd non riesce a liberarsi di Renzi che ha un ego smisurato - replica in serata - Abbiamo fatto il possibile, quelli del Pd la pagheranno».
Per la rentrée tv, Renzi sceglie Che Tempo che fa di Fabio Fazio. Solita camicia bianca, stesso completo blu. Un approccio più morbido e meno guascone, però. La partenza, si diceva, è il no a Di Maio: «Siamo seri, chi ha perso le elezioni non può andare al governo. Non può fare la badante ai 5Stelle. Non si può far passare il messaggio che il 4 marzo le elezioni sono state uno scherzo. Non possiamo con un gioco di palazzo, con una decisione presa nei caminetti romani, rientrare dalla finestra dopo che gli italiani ci hanno fatto uscire dalla porta. Abbiamo perso, tocca a Di Maio e Salvini governare. Se ne sono capaci...». Sembra, insomma, il solito Renzi post elettorale. Quello che da 56 giorni ripete: «Tocca a loro». Invece ecco la proposta del confronto sulle regole.
IN PARTITAChe è un modo per tornare in partita, per dimostrare la propria esistenza in vita e provare che non si limita a fare solo ostruzionismo. Ma anche una pista che potrebbe far partire una legislatura che tra veti e litigi si annuncia già morta: «Da due mesi Salvini e Di Maio vanno avanti con un teatrino insopportabile, sono stati capaci solo di spartisti le poltrone. E allora io dico: facciano un governo populista, oppure scriviamo le regole insieme. Facciamo davvero partire la Terza Repubblica. Si può cominciare dal sistema dei sindaci: funziona da vent'anni e permette ai cittadini di scegliere. Hanno detto che volevo scrivere le regole da solo? Bene, adesso dico: scriviamole insieme. Il Pd è disposto a sedere intorno a un tavolo e a discutere. Cosa propongono Di Maio e Salvini? In uno-due anni di lavoro si può cambiare la Costituzione. Con quale governo? Questo spetta al capo dello Stato deciderlo. Io voglio un sistema alla francese che funzioni e sono convinto che piacerebbe anche a 5Stelle e Lega: se ci fosse stato il ballottaggio ora governerebbero per cinque anni...». Segue ghigno: «Per Di Maio e Salvini è un contrappasso dantesco aver votato no». Guai a parlare di elezioni: «Sarebbe un errore, si tornerebbe in questa palude, in questo stallo figlio del referendum bocciato nel dicembre 2016. E poi a Lega e 5Stelle sarebbe difficile spiegare agli italiani che non sono stati in grado di mettere in pratica le loro mirabolanti bugie elettorali. Dai 600 mila migranti cacciati, alla flat tax, al reddito di cittadinanza».
Lanciata la bomba istituzionale, Renzi non chiude la porta al confronto con Di Maio sul governo. Ma è solo tattica a fini interni per non umiliare il reggente Maurizio Martina: «Se si parlano le due Coree possiamo farlo anche noi. Dovremo però farlo in streaming, per far sentire agli italiani come hanno cambiato idea sui vaccini, sulla Tav, l'Ilva, etc. In ogni caso si può parlare, ma non votare a Di Maio la fiducia. Tanto più che in Senato non ci sono i voti: servirebbe il sì di 48 senatori dem su 52. E non ne conosco uno disposto a votare i 5Stelle. Invece che elemosinare i voti del Pd che hanno insultato per anni, si rivolgano a Salvini. Noi non offriamo alibi: tocca a Di Maio dire che il reddito di cittadinanza non si può fare, non vorremmo che prima o poi vada a dire che è stato il Pd a impedirlo...».
Non manca un appello (strumentale): «Per anni sono stato contro il partito azienda di Berlusconi, non posso andare a fare il socio di minoranza della Casaleggio Associati. Ai parlamentari grillini dico: stracciate quel contratto, siate liberi». E per finire arriva una bordata contro il presidente della Camera, Roberto Fico, per la questione della colf in nero: «E' grave. Uno non può dire: Facevo beneficienza e lei di sdebitava. E' giusto che Fico chiarisca e paghi i contributi invece di chiedere il ritorno dell'articolo 18».

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