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Data: 01/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
E il 1° maggio la Cgil ferma lo shopping: «Fate sciopero, i festivi non si toccano»

ROMA Se la crisi spinge la disoccupazione non va bene. Ma se le imprese che hanno assunto e cercano di combattere la crisi chiedono ai dipendenti di lavorare il primo maggio o nei festivi, non va bene lo stesso per i sindacati. I festivi non si toccano. E non importa se la legge sulle liberalizzazioni ha cambiato da tempo le cose in modo da rendere le città fruibili anche nei giorni di festa.
La Filcams Cgil, che già da anni ha lanciato la campagna «La festa non si vende», per il primo maggio ha proclamato a gran voce un'astensione dal lavoro in Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Liguria, Lombardia, Piemonte, ed Emilia Romagna. Un invito allo sciopero che già s'è fatto sentire in alcune catene commerciali soprattutto al Nord per il 25 aprile.
Eppure, secondo Federdistribuzione, l'associazione che rappresenta una rete di 14.980 punti vendita e alcuni dei più importanti marchi della Gdo come Carrefour, Esselunga, Auchan, il 49% dei negozi a livello nazionale sarà aperto e il 46% riguarderà insegne dell'alimentazione. Non solo. Il settore alberghiero e della ristorazione è quello più coinvolto nelle aperture festive (in 688 mila lavoreranno), seguito dal commercio (579 mila). Insomma, gli italiani che andranno al lavoro comunque ci saranno. Secondo la Fipe, la Federazione italiana pubblici esercizi, si conteranno oltre 600mila addetti al lavoro tra bar, ristoranti, stabilimenti balneari, locali da ballo e in generale tutto il comparto del fuoricasa. E se si aggiungono tutti gli altri, compresi i professionisti o gli operatori che da sempre lavorano anche la domenica, si arriva a cinque milioni di italiani, secondo i calcoli della Cgia di Mestre. Ma forse anche questi dovrebbero fare sciopero, a sentire i sindacati.

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