TERAMO E' una scelta chiara e netta, conseguenza di quella esigenza di fare chiarezza processuale in tempi brevi evidenziata sin da subito con il rito del giudizio immediato chiesto dallo stesso rettore Luciano D'Amico dopo la chiusura delle indagini preliminari. Per questo la prima udienza del processo in programma oggi si svolgerà regolarmente visto che, per questo caso, gli avvocati difensori (Gennaro Lettieri, Tommaso Navarra e Renzo Di Sabatino), non aderiranno allo sciopero nazionale indetto dalle Camere penali. Il processo è quello che per la cronaca è diventato il caso del doppio incarico. Con D'Amico sono imputati Stefano Traini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione, e Mauro Mattioli nella sua veste (all'epoca dei fatti contestati) di direttore generale della Fondazione dell'ateneo (oggi Mattioli è direttore generale dell'istituto Zooprofilattico).Il pubblico ministero Davide Rosati, titolare dell'indagine durata tre anni con l'acquisizione di centinaia di atti sia in ateneo che negli uffici della Tua, contesta a D'Amico i reati di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato e il peculato. Riguardo al primo reato, il rettore deve rispondere di 57mila euro che, secondo l'accusa, avrebbe percepito indebitamente tra agosto 2014 e febbraio 2017: per la Procura avendo assunto l'incarico di presidente del cda dell'Arpa Spa e poi di Tua Spa avrebbe smesso, di fatto, di svolgere l'attività di docente a tempo pieno, requisito che la legge prevede come necessario per poter ricoprire la carica di rettore. Quanto al peculato, questa ipotesi di reato è contestato in relazione alla consegna di dieci tablet di proprietà dell'università al personale tecnico di supporto all'intervento degli artisti Ficarra e Picone.Episodio rispetto al quale l'università, sostiene sempre l'accusa, avrebbe ricevuto un danno patrimoniale di 2.671 euro. Sempre nella stessa inchiesta, infine, D'Amico è indagato questa volta in concorso con Mattioli anche per un'altra ipotesi di peculato. Secondo la Procura, infatti, Mattioli nel 2013 in qualità di direttore generale della fondazione dell'Ateneo, e quindi in un periodo in cui risultava in aspettativa, avrebbe comunque richiesto l'indennità di risultato prevista quale docente ordinario a tempo pieno della facoltà di Medicina Veterinaria. Indennità che non gli sarebbe spettata e che gli sarebbe stata erogata in virtù del visto autorizzativo apposto dal rettore. Accuse, quelle della Procura, tutta da provare nel dibattimento che si aprirà davanti ai giudici del tribunale in composizione collegiale.