L'AQUILA Sarà la crisi politica nazionale, paradossalmente, a risolvere il nodo del doppio ruolo di Luciano D'Alfonso: la questione incompatibilità, che il Consiglio regionale ha stabilito di non sollevare dopo il voto di ieri, potrebbe risolversi spontaneamente se la legislatura dovesse terminare nel giro di poche settimane con il ritorno alle urne addirittura a luglio, come segnala il barometro di Roma dopo l'ultimo giro di consultazioni al Quirinale. Una prospettiva che consentirà al governatore non più senatore di terminare il suo ultimo anno di mandato a palazzo Silone. Tutto dipenderà dalla data delle elezioni anticipate, sempre più vicine. Così come sarebbe plausibile una ricandidatura, in particolar modo se il voto dovesse slittare in autunno, ovvero quasi in chiusura del mandato regionale. I presupposti ci sarebbero tutti alla luce dei rapporti con l'ala renziana del Pd, ancora in grado di dare carte. C'è però anche l'incognita di un partito in crisi di leadership, chiamato ad assumere una decisione politicamente impegnativa, alla luce della brutta performance elettorale in Abruzzo e dell'eco mediatica suscitata in queste settimane dal doppio ruolo di D'Alfonso.
Gli elementi certi sono due: ieri il Consiglio, con un voto sul filo, anzi con il voto decisivo dello stesso D'Alfonso e del presidente dell'assemblea Giuseppe Di Pangrazio, ha stabilito che non si procederà alla contestazione di incompatibilità; le crescenti tensioni nazionali hanno finito per annacquare il caso, ad oggi pare più probabile che il governatore uscire al Senato che dalla Regione. Diverso il destino di Camillo D'Alessandro, delle cui dimissioni ieri il Consiglio ha preso atto: in estate sarà fuori da ogni aula.
IL BLITZ
Ieri in aula sono piombati Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, sotto forma di due attivisti grillini travestiti a puntino. Una provocazione, firmata Cinque Stelle, che prende le mosse da quanto scritto da D'Alfonso nella cosiddetta memoria difensiva sulla questione incompatibilità, ovvero che anche la loro elezione a deputato non fu convalidata nel 1866. «L'eroe dei due mondi vuole incontrare l'eroe delle due poltrone» ha detto il finto Garibaldi. Poi, in un clima di trepidante attesa testimoniato anche dalla folta platea si è proceduto al voto. Lorenzo Sospiri, di Forza Italia, ha ribadito quanto detto in una conferenza stampa: «La discussione è condizionata dalle notizie nazionali, presto D'Alfonso annuncerà le dimissioni da senatore». Poi ha citato il caso simile dell'Emilia Romagna, dove la presidenza del consiglio del Pd, senza cincischiare, ha contestato la posizione del forzista Bignami. «L'incompatibilità è palese, neanche D'Alfonso lo nega», ha tuonato la Marcozzi del M5S. Maurizio Di Nicola ha invece sostenuto le ragioni del presidente: «È evidente l'incompatibilità, ma va stabilita la decorrenza. È necessaria la convalida dopo la procedura della giunta delle elezioni del Senato. D'Alfonso ha esercitato solo una sua facoltà». Show di Donato Di Matteo, il quale ha donato a D'Alfonso due libri, su narcisismo e felicità, con tanto di dedica: «Dalla speranza al buio della disperazione, dal grande consenso al disastro. Con affetto, rifletti».
LA CONTA
Il voto, a chiamata nominale, ha fatto registrare un 15 pari alla prima chiama, con i tre dissidenti favorevoli all'incompatibilità (Di Matteo stesso, Gerosolimo e Olivieri), l'auto-no di D'Alfonso e l'astensione di Di Pangrazio. Quest'ultimo, alla seconda chiama, pur non essendo necessario in caso di parità gli esiti sarebbero stati gli stessi - ha deciso per il voto contrario, attirandosi le ire di Forza Italia e Cinque Stelle che, immediatamente, hanno sottoscritto la mozione di sfiducia per lui e D'Alfonso. «Il presidente ha titolo e diritto per votare, altra cosa sono le opinioni sul suo operato» ha ribattuto Di Pangrazio. Di Matteo ha incalzato: «Lei dopo le elezioni non ha fatto un'analisi degli errori, anche se grandi responsabilità sono sue, ha continuato a fare provvedimenti autoritari. Lei determina un'emergenza democratica, un meccanismo di resistenza. Nulla è perduto: ci ripensi. Faccia oggi la revoca dei provvedimenti di questi due mesi, soprattutto quelli nocivi».
LE REAZIONI
Il governatore si è schermito dicendo che «il Senato ancora non c'è, sono stato convocato solo quattro volte. Qual è allora il mio interesse a durare? Concludere gli obiettivi di portata generale. Sto per chiudere un'importante partita con Ferrovie. Potrei togliere il disturbo ieri mattina, ma la coalizione ha bisogno di tempo». Poi ha replicato ai tre dissidenti: «Tre comparse, poi scomparse. Con loro c'è stata ogni sorta di colloquio. Oggi si è rivelato finalmente il loro atteggiamento. Al mare chi appare e scompare si chiama relitto». «La questione della incompatibilità è una farsa dalla chiara strumentalizzazione politica ha detto Silvio Paolucci - Non solo perché la irresponsabilità del Movimento 5 Stelle e della Lega, con una linguaggio da gazzarra, sta per portare gli italiani ad un nuovo voto pur con la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. Ma soprattutto perché l'interesse delle opposizioni non era la incompatibilità bensì portare la Regione al voto subito per chiari interessi di parte. Non sorprende neanche il voto dei tre ex componenti della maggioranza i quali con il loro voto (e subito dopo assenza) confermano che da mesi erano passati all'opposizione».