Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/11/2024
Visitatore n. 740.939



Data: 09/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tutti i rischi dei passeggeri sulla flotta dei bus-carcassa

ROMA Come nel cimitero degli elefanti, ecco le carcasse dei bisonti di metallo martoriati dai roghi. Sono in una spianata nascosta del deposito di Atac a Tor Pagnotta, periferia Sud della Capitale, a una manciata di chilometri dal Gra. Qualche mezzo, rabberciato a dovere, potrebbe ancora miracolosamente tornare in pista e per questo viene affidato alla cura di un meccanico esperto in rianimazione di rottami. Altri invece restano lì, in attesa dell'ultimo viaggio, direzione sfasciacarrozze. Da inizio anno sono andati in fumo 10 autobus, gli ultimi due soltanto ieri. Il primo, il 7 gennaio, si abbrustolì al capolinea nella centralissima piazza Monte Savello, davanti all'isola Tiberina. A febbraio un altro mezzo ha sfiammato nelle strade di Prati, non lontano dalla sede Rai di viale Mazzini. Tutte zone abitate, ipertrafficate. Eccoli i bus-torcia, dove i romani rischiano la vita e non si sa bene quale santo ringraziare se finora si sono contati solo feriti e non è andata peggio. Le cause? Un mix sciagurato di scarsa manutenzione, mezzi vecchissimi, e poi loro, le immancabili buche romane. Un bus su due finisce in autofficina per via dei crateri delle strade deformate.
Nel 2017 i roghi sui bus, a Roma, sono stati 22, soprattutto l'estate. L'Atac, dopo l'ennesima giornata passata a schivare accuse e polemiche, ieri ha diffuso una nota per dire che «le azioni messe in campo hanno consentito di abbattere i casi di incendio di circa il 25% nel primo quadrimestre 2018 rispetto allo stesso periodo del 2017». Certo la media rimane alta, altissima. Così come il livello di allarme, soprattutto ora che si avvicina la stagione calda.
Da giugno in poi, la maggior parte degli incendi sui mezzi pubblici ha a che fare con l'impianto di condizionamento. Ma a Roma capita che un bus vada in fiamme con la stessa sconcertante facilità a dicembre come a ferragosto. Perché le cause, come detto, sono tante. In primis un parco mezzi malconcio, il più datato d'Europa: i bus di Roma hanno in media 12 anni, contro i 6,9 di Parigi e i 6,7 anni di Londra. Sono numeri certificati dall'Agenzia comunale che controlla la qualità dei servizi pubblici.
È un parco mezzi pieno di acciacchi, falcidiato dai guasti. A Roma negli ultimi giorni stanno circolando appena 1.100 vetture sulle 1.900 parcheggiate nelle rimesse. Come un cane che si morde la coda, la scarsità di mezzi a disposizione, fa sì che i pochi bus in funzione siano costretti a viaggiare a ciclo continuo, quasi senza pause. E questo li stressa, li rende più vulnerabili. E aumenta i rischi per i passeggeri.
CHECK SOLO VISIVI
Il tempo è pochissimo anche per i tagliandi che, difatti, rivela il meccanico di un'officina, si fanno di fretta e spesso «saltando qualche passaggio». Un esempio? Ogni 10-20mila chilometri toccherebbe fare un check completo. Invece? «Spesso diamo solo un'occhiata all'olio con la stecca, al limite lo cambiamo se è troppo poco. E basta. Non si cambiano i filtri, non si controlla l'idroventola o la marmitta, spesso non viene nemmeno lavato il motore, che pure sarebbe importante». Servirebbero 2-3 ore di lavoro. Invece i mezzi, per evitare che si perdano corse, vanno messi in strada il prima possibile.
Il resto lo fanno i ricambi che non arrivano o arrivano a singhiozzo. Colpa della crisi finanziaria in cui Atac è avvolta da anni, tanto che da gennaio è sotto concordato preventivo schiacciata da un debito di 1,3 miliardi. Molti fornitori, che vantano fatture milionarie mai saldate, non si fidano più e hanno fermato le consegne. Nei garage aziendali ci si arrangia come si può, spesso smembrando le carcasse delle navette ormai irrecuperabili. «Le nuove gare però sono state assegnate, entro un mese arriveranno i pezzi di ricambio», dicono fiduciosi nel quartier generale di via Prenestina. C'è da sperare che arrivino anche nuovi estintori, potrebbero tornare utili.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it