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Data: 15/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Non c'è accordo, governo lontano. Mattarella dà altro tempo: c'è un unico tavolo, questo

ROMA Luigi Di Maio e Matteo Salvini arrivano a mani vuote all'incontro con Sergio Mattarella. Senza il nome di chi potrebbe guidare il primo governo giallo-verde. Infatti la bozza di programma che il leader del M5S lascia al presidente della Repubblica, non c'entra nulla con il motivo delle consultazioni. Malgrado le rassicurazioni della vigilia, l'intesa sul nome del possibile candidato per palazzo Chigi non c'è. I due si trovano d'accordo solo nel chiedere a Mattarella altro tempo nella speranza di riuscire a trovare un'intesa.
IL TITOLO
D'altra parte negare tempo ai due leader significa per il Capo dello Stato addossarsi la responsabilità dell'eventuale fallimento della trattativa e tornare all'ipotesi del governo neutrale che ha ancora meno possibilità di nascere. L'alternativa alla nascita di un possibile governo politico sono solo le urne ad ottobre o a fine anno, visto che la finestra elettorale di luglio è ormai chiusa. Dopo settanta giorni di trattative, prendere atto delle difficoltà che incontrano Di Maio e Salvini, non cancella in Mattarella l'amarezza per uno scivolamento dei tempi che lascia il Paese ancora senza un governo e che rischia di compromettere la presenza a pieno titolo dell'Italia a importanti vertici internazionali. A cominciare dall'imminente G7 e dal Consiglio europeo di fine giugno.
«Siamo pronti su tutto» avevano sostenuto il giorno prima sia Di Maio che Salvini al termine di un weekend milanese trascorso in continui faccia a faccia. Dei due nomi, cominciati a circolare ieri prima dell'arrivo delle delegazioni al Quirinale, Giulio Sapelli e Giuseppe Conte, ne resta in piedi solo uno quando si aprono le porte dello studio alla Vetrata. Il professore della statale di Milano, finisce infatti sotto il fuoco amico del M5S che prende immediatamente le distanze dal professore che a mezzogiorno di ieri aveva raccontato i termini della sua candidatura. Il nome di Giuseppe Conte, giurista fiorentino, va invece a sbattere sulla richiesta di altro tempo che Salvini avanza nella speranza di riuscire a trovare un'alternativa. Mentre Di Maio ragiona sul curriculum di Giuseppe Conte, quando tocca alla Lega, Salvini è costretto dagli eventi a presentarsi da Mattarella senza nome e a dare un generico assenso al candidato grillino.
Malgrado il pessimismo mostrato da Salvini uscendo dall'incontro con il Presidente, il tentativo resta ancora in piedi. Il siluramento avvenuto ieri dei rispettivi nomi, avvenuto con modi diversi, sembra archiviare la stagione del premier terzo, tecnico e non politico. Un problema in più e non da poco per Salvini che nella affannosa ricerca del terzo aveva puntato per uscire con un governo non a guida grillina. Ma per Salvini se l'opzione del tecnico muore perché la scelta finisce solo su coloro che tengono conto dei «vincoli esterni», la soluzione politica riporta inevitabilmente a Di Maio-premier.
Saranno ora i partiti a far sapere al Presidente quando saranno pronti per un nuovo incontro che non potrà avvenire prima delle prossima settimana, vista l'intenzione di Lega e M5S di sottoporre a referendum il contenuto dell'intesa. Stretto tra i gazebo leghisti e la piattaforma Rousseau, Mattarella continua a muoversi con estrema cautela e pazienza. Il rischio di una crisi di sistema è infatti dietro l'angolo. Alternative non ce ne sono e anche il ricorso a nuove elezioni non darebbe una soluzione se non si cambia l'attuale legge elettorale. Salvini, che nel colloquio con Mattarella ha mostrato qualche dose di ottimismo in più rispetto a quanto dichiarato fuori, sembra cercare una via d'uscita all'ipotesi di ritrovarsi impelagato in un governo che difficilmente riuscirà a mettere insieme il reddito di cittadinanza con la flat tax. La riabilitazione di Silvio Berlusconi e gli inviti di ieri di molti azzurri - in testa Maria Stella Gelmini, Sestino Giacomoni e Osvaldo Napoli- a ripensarci, stringono ancor più Salvini in quell'obbligo di fedeltà al centrodestra riconosciuto anche apertamente ieri pomeriggio uscendo dallo studio alla Vetrata.
L'OBBLIGO
Problemi e difficoltà non mancano, ma per Mattarella il tentativo in corso va esplorato sino in fondo anche perché a trattare sono i leader dei due partiti che hanno prevalso alle elezioni del 4 marzo, che hanno un obbligo in più nei confronti dei rispettivi elettori e che saranno loro a decretare successo o fallimento dell'ultimo tentativo possibile prima delle urne. Resta per il Quirinale l'incognita derivante dalle due consultazioni annunciate. I due da giorni evocano il contratto alla tedesca ignorando però che in Germania nessuno ha mai messo in dubbio che la Cancelleria toccasse alla Merkel (leader del partito più votato) e che i partiti hanno un obbligo di trasparenza fissato dalla legge anche nelle consultazioni dei propri iscritti.
Il rischio che le consultazioni possano essere usate per rafforzare o cambiare linea resta infatti alto, ma alle sorprese al Quirinale sono ormai abituati.

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