ROMA Dopo il sesto giorno di trattative, il governo gialloverde è ancora una chimera. M5S e Lega nel lunedì che avrebbe dovuto essere decisivo per dare il là perlomeno al contratto di governo, si rivelano distanti sul programma e sulla casella della premiership, vero e proprio nodo gordiano per Luigi Di Maio e Matteo Salvini. I due leader salgono al Colle separatamente e, all'apparenza, due soli dati sembrano legarli: la richiesta di altro tempo inoltrata al presidente Sergio Mattarella e la decisione di mettere il programma al vaglio di una base sempre più scalpitante.Mattarella per ora pazienta e concede un lasso di tempo imprecisato ai due partiti, ma all'indomani della vorticosa due giorni di riunioni al Pirellone la quadra tra M5S e Lega ancora non c'è. Di Maio e Salvini tornano a vedersi alla Camera, a margine della nuova riunione tecnica convocata dalle due delegazioni. Quindi vanno al Colle, il primo alle 16.30, il secondo alle 18. E, di fronte ai cronisti ammettono, ognuno con il suo tono, che l'accordo di governo è ancora lontano. «Siamo consapevoli delle scadenze internazionali ma chiediamo qualche altro giorno perché si sta scrivendo un programma di governo per 5 anni», afferma Di Maio che mostra, comunque, un certo ottimismo nonostante la fumata nera: «In fondo è solo la prima consultazione che facciamo dopo l'intesa». Più dure le parole di Salvini. Il leader della Lega parla di «visioni diverse o distanti» su giustizia e infrastrutture, rilancia la necessità di ridiscutere i trattati europei e pretende «mano libera sui migranti». «Se non siamo in grado di fare quello che ci chiedono gli italiani non cominciamo neanche e ci salutiamo», è il messaggio di Salvini, che torna a evocare le urne: «Se dessi retta ai sondaggi sarei il primo a dire andiamo al voto». Entrambi, invece, lasciano da parte la questione della squadra. «Nomi pubblicamente non li facciamo», spiega Di Maio. «Non questioniamo sui nomi», gli fa eco Salvini. Ma il nodo c'è, eccome. La ricerca del premier terzo, finora, non dà frutti, le chance dell'economista Giulio Sapelli - proposto dalla Lega - affondano nel giro di una mattinata né sembra prendere quota l'avvocato Giuseppe Conte, candidato ministro del M5S, unico nome rimasto ancora appeso - a quanto pare - nei colloqui tra M5s-Lega e Quirinale. I due nomi, tra l'altro, sarebbero stati fatti nella giornata di domenica. Al fulcro dell'impasse, al di là della scelta tra una figura tecnica o politica, c'è tuttavia lo scontro su chi, tra M5S e Lega, avrà lo scettro di comando del governo Jamaica. Un nodo sul quale pesa, soprattutto dopo la riabilitazione di Silvio Berlusconi, il legame di Salvini con la coalizione di centrodestra. E non è un caso, forse, che il leader della Lega dica «no» ad una premiership di Di Maio nel giorno in cui Giorgia Meloni ribadisce la sua opposizione ad un esecutivo a guida M5S. E anche sul programma, l'ombra dell'ex Cavaliere non svanisce.«Siamo per i processi brevi ma partiamo da questioni differenti anche perché io sono in questa veste non solo da leader della Lega ma della coalizione di centrodestra», avverte l'esponente del Carroccio che il weekend prossimo allestirà dei gazebo ad hoc per consultare i suoi elettori sul programma. E «presto» anche il MS5 chiederà il parere dei suoi iscritti sulla piattaforma Rousseau per «decidere se il governo dovrà o meno partire». Di fatto con queste scadenze M55 e Lega si danno un'altra settimana di tempo. L'ultima, anche perché, lunedì prossimi saranno passati quasi 80 giorni dalle elezioni.