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Data: 16/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Rigopiano, la Regione nel mirino: indagato Luciano D'Alfonso

Una raffica di nuovi avvisi di garanzia sta viaggiando in queste ore per tutto l'Abruzzo. È l'inchiesta sul disastro dell'hotel Rigopiano, dove il 18 gennaio 2017 anno una valanga distrusse il resort di lusso facendo 29 morti, che fa un significativo passo avanti. Avvisi che toccare anche il livello politico regionale, a cominciare dal presidente Luciano D'Alfonso e dai due predecessori Gianni Chiodi e Ottaviano Del Turco. Negli avvisi sono indicati soltanto i titoli di reato, identici a quelli contestati fino ad ora agli altri 25 indagati: si parla di concorso in omicidio colposo, in lesioni colpose e disastro colposo. Nell'elenco stilato dal procuratore Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, figura anche l'attuale sottosegretario alla Protezione civile Mario Mazzocca, alcuni ex assessori e i dirigenti del settore che si sono avvicendati negli ultimi anni. Avvisi che costituirebbero il prologo per un invito a comparire per essere interrogati, in particolare sulla mancata realizzazione della carta di localizzazione dei pericoli da valanga. Un argomento più volte sollecitato e denunciato dai difensori del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, uno dei principali indagati in questa vicenda giudiziaria.
L'obiettivo dei magistrati, prima di chiudere l'inchiesta con il formale avviso di conclusione delle indagini, è verificare fino in fondo questo delicato aspetto e comprendere per quale motivo quella carta, la cui realizzazione doveva essere completata già dal 2006, fino ad oggi non ha visto la luce. Nel 2014 l'ex governatore Chiodi fece una specifica delibera che però si perse per strada. Ma già da diversi anni prima, addirittura dal 1993 il Coreneva, il comitato regionale neve e valanghe, aveva sollecitato la realizzazione di quella carta, strumento essenziale per la prevenzione dei rischi da valanghe.
I SEQUESTRI
Nei mesi scorsi i carabinieri forestali avevano prelevato altre carte in Regione, relative proprio a questo importantissimo aspetto. Documenti utili alla individuazione degli uffici amministrativi incaricati della redazione della carta di localizzazione pericolo valanghe e alla individuazione degli organi politici sovraordinati. E questo potrebbe essere il motivo di questi nuovi avvisi di garanzia sui quali al momento vige uno strettissimo riserbo perché non ancora notificati.
IL SUPERTESTE
A parlare di carta valanghe, senza mezzi termini, fu in particolare uno degli indagati, Sabatino Belmaggio, l'attuale responsabile del servizio prevenzione rischi della Regione. Quando nel dicembre dello scorso anno, così come tutti gli indagati, si presentò davanti ai magistrati (in pochi, va ricordato, decisero di rispondere alle domande dei pm, molti si avvalsero della facoltà di non rispondere o chiesero di rinviare l'interrogatorio). Belmaggio, parlò per ore e fu lui stesso a consegnare ai magistrati una serie di documenti che hanno spostato l'attenzione degli inquirenti anche agli anni precedenti al 2014. E dopo quegli interrogatori la procura diede incarico agli investigatori di eseguire tutta una serie di accertamenti, verifiche e riscontri in relazione a quanto dichiarato dagli indagati, facendo slittare così il tempo di definizione dell'inchiesta per la quale la procura è stata poi costretta a chiedere una proroga di altri sei mesi. Adesso ecco che potrebbe arrivare il secondo giro di interrogatori, decisivo per inquadrare anche questo aspetto di rilevante importanza. La proprietà del resort, proprio in occasione degli interrogatori dello scorso dicembre, disse apertamente che se avesse saputo del pericolo valanghe non avrebbe investito in quella struttura. Ricordiamo che nell'inchiesta sono coinvolti già esponenti delle istituzioni locali: dalla Regione alla Provincia, dal Comune di Farindola alla Prefettura con in testa l'ex prefetto Provolo.

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