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Pescara, 24/07/2024
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Data: 17/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Mare-monti, assolti D'Alfonso e Toto

«Sono molto soddisfatto. Finalmente la verità è emersa dopo 4000 giorni di sofferenza. Una sentenza assolutoria che si scrive e si legge soltanto in un modo: totale estraneità da ogni responsabilità». Questo il commento a caldo del governatore-senatore Luciano D'Alfonso dopo la lettura della sentenza di assoluzione dal processo per la così detta mare-monti, per la quale egli stesso (coinvolto nel procedimento in qualità di presidente della Provincia di Pescara) aveva rinunciato alla prescrizione nel processo di primo grado per essere giudicato nel merito. Una scelta che raramente viene fatta da un uomo politico. «Le mie furono soltanto premure in favore del territorio, nient'altro. Basta col parlare di strada fantasma: fino ad ora non è stato possibile realizzarla soltanto per problemi urbanistici e di suolo. Adesso il suo cammino riprenderà». I giudici della Corte d'appello dell'Aquila hanno anche assolto con la stessa formula, per non aver commesso il fatto, l'imprenditore Carlo Toto che, insieme a Paolo ed Alfonso Toto, aveva anche rinunciato alla prescrizione. Per Alfonso e Paolo, però, da parte dei giudici c'è stata soltanto la conferma della prescrizione sentenziata dal tribunale di Pescara in primo grado: processo che è tuttora in corso ma soltanto per le eventuali responsabilità civili della società di Toto e di Strassil. Dunque una sentenza che premia la caparbietà con cui D'Alfonso ha voluto andare fino in fondo, non accontentandosi della prescrizione (era accusato di falso e truffa) che era intervenuta per tutti e undici gli imputati del processo di Pescara.
ACCUSE E AMBIGUITA'
Una sentenza sulla quale ha sicuramente pesato anche la figura ambigua del principale accusatore di D'Alfonso e gli altri: il tecnico Giuseppe Cantagallo che nel 2008, con la sua denuncia, fece scattare l'inchiesta e gli arresti in merito al progetto di variante di quella strada. Cantagallo è finito a sua volta sotto inchiesta proprio per una tentata estorsione ai danni di D'Alfonso: gli chiese 130 mila euro per non andare a testimoniare al processo, ma ricevette in cambio una denuncia da parte del governatore.

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