PESCARAIndagato per i 29 morti di Rigopiano e assolto, per non aver commesso il fatto, nel processo per la strada Mare Monti. Tutto nello stesso giorno, senza soluzione di continuità. Luciano D'Alfonso decide di tenere una conferenza stampa fiume. Lo ha fatto ieri mattina in Regione parlando senza sosta per 48 minuti, dall'assoluzione all'avviso di garanzia, dalla solidarietà verso i parenti delle vittime del resort alle responsabilità della mancata prevenzione fino al dolore. «Il dolore gigantesco dei familiari delle vittime è pienamente compreso da me ma non voglio che ci sia strumentalizzazione come rilettura delle parole che dico», afferma. «Esprimo più della solidarietà ma rispetto a quel dolore ci vogliono due condotte: un processo che accerti le responsabilità, facendo emergere la verità, e poi delle norme capaci di riempire un vuoto rispetto ai familiari delle vittime e a coloro i quali lavorando lì non vengono riconosciuti portatori di diritto, per esempio dall'Inail e dall'ordinamento che vige per l'Inail». Il tema concreto è quello del riconoscimento della morte sul lavoro: «Noi dobbiamo fare in modo», dice il governatore, «che le norme diano una risposta chiara ai familiari delle vittime in generale e a coloro che stavano lì per ragioni di lavoro». Ma D'Alfonso pronuncia anche un'altra frase per spiegare la sua apparente distanza: «Fino ad oggi», afferma, «mi sono tenuto distinto e distante perché conosco e comprendo le reazioni a volte incivili». Ma poi non rivela di essere stato lui ad adoperarsi a far incontrare al Viminale, alcuni mesi fa, i parenti delle vittime con il presidente, Sergio Mattarella. Sull'inchiesta, che lo vede indagato con gli ex governatori Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, sostiene che «la Regione è stata diligente, e io conosco e rispondo della mia legislatura. Sono pronto a ricostruire passo dopo passo, ruolo dopo ruolo. Farò l'impossibile perché emerga tutta la documentazione in possesso della Regione. Ho un grande patrimonio che voglio versare in atti e che spero mi venga chiesto al più presto».Poi, alla domanda se l'emergenza si poteva gestire meglio, risponde così: «Quando la condizione di difficoltà diventa eccezionalità scattano i ruoli di altri livelli istituzionali per norma nazionale. Erano 20 milioni di tonnellate di neve: il generale Sergio Santamaria mi disse che si trattava di una vera e propria guerra per la quantità e qualità e per la pervasività della neve e delle situazioni di pericolo. Parliamo di questo se vogliamo fare approfondimento tecnico e all'insegna della verità». E sui ritardi per la carta del pericolo valanghe spiega: «È stata fatta la scelta di procedere per lotti e questo mai può incontrare il diritto penale».Torniamo indietro, alla prima parte della conferenza stampa dedicata all'assoluzione: «La Mare monti non è una strada fantasma», esordisce, «perché le risorse finanziarie ci sono, e sono sempre conservate, circa 30 milioni di euro attuali. La strada non c'è ancora per un problema urbanistico e di suolo».Ma l'assoluzione dopo dieci anni gli fa anche dire: «È stata fissata l'evidenza che il castello accusatorio non doveva proprio partire». E parlare di «passaggi rovinosi per la mia vita personale». E sfogarsi: «Nessuno ha diritto di sequestrare dieci anni della mia vita», sottolineando infine le archiviazioni in corso per le inchieste sul fondaco di Penne e Palazzo Centi all'Aquila di un anno fa. (la. an.)