In occasione dello sciopero e della manifestazione romana, parlano alcuni dei dipendenti scesi in piazza contro esuberi, trasferimenti coatti e licenziamenti collettivi. La fusione con Tnt sta andando malissimo. Prevalgono lo sconcerto e lo smarrimento
“La mia Fedex non lo avrebbe mai fatto”. Ha prodotto sconcerto e smarrimento la notizia degli esuberi e dei trasferimenti forzati tra i dipendenti della ditta di spedizioni che solo due anni fa, forte di un bilancio in attivo, assorbiva la concorrente Tnt. Si sgretola così l’assunto di una filosofia aziendale negli anni sbandierata da FedEx: “People Service Profit”. L’ordine non è più quello. Abbiamo ascoltato alcuni dei lavoratori che questa mattina, nel giorno dello sciopero nazionale contro i licenziamenti annunciati da Fedex e Tnt, si sono dati appuntamento davanti ai cancelli della Tnt, in via di Salone, a Roma.
Quando la Fedex ci ha acquistato, la visione era quella di un’unica grande azienda. Eravamo orgogliosi di essere stati acquistati da un’azienda che ha sempre dichiarato di credere nel suo popolo: “People Service Profit”, il personale sempre in prima battuta. E ora siamo smarriti, è come se fino a ieri avessimo avuto una famiglia e oggi non l’abbiamo più. Ci stanno abbandonando e stanno mettendo in difficoltà delle famiglie. Le persone che si trovano in procedimento di trasferimento sono quasi tutte donne, hanno dei bambini. I miei figli sono grandi, ma la mia famiglia è a Roma: io sono stata trasferita a Milano. Trasferire dei lavoratori a 600, anche a 1200 chilometri di distanza, significa stravolgergli la vita, costringerli a pensare di abbandonare il lavoro. In Tnt tutto questo pesa ancora di più: siamo reduci da altri procedimenti, effettuati nel 2013 e nel 2015, quando è stato chiuso un call center a Roma, con ben 850 persone in procedura: un’amarezza che si sta rinnovando. Stiamo parlando di persone che hanno dato la vita a questa azienda. Io ci lavoro da 30 anni e anche mio marito lavora in Tnt: io sono stata trasferita e lui è in esubero, la nostra famiglia è stata colpita in pieno. Ho 57 anni, mio marito 61: che prospettive di ricollocazione abbiamo?
Nel 2016, quando Fedex ha acquistato Tnt, pensavamo che il merging tra due grandi società avrebbe creato delle opportunità. Questo ci aveva detto la proprietà. E invece il 20 aprile scorso Fedex ha comunicato la chiusura di 24 filiali su 34 presenti nel territorio nazionale, e 315 esuberi. La notizia ci ha scioccati. Ci avevano sempre detto che l’impiegato era al centro della loro politica, poi veniva il cliente, e infine il profitto. Con questa mossa è stato cambiato l’ordine dei fattori: il profitto innanzitutto, a scapito del servizio, e del dipendente. Non c’erano difficoltà, Fedex è un’azienda in attivo, per questo è riuscita ad acquistare Tnt: appena lo ha fatto ha messo alla porta i dipendenti che per anni avevano contribuito alla sua riuscita. Dopo l’assorbimento, Fedex ha deciso di far suo il modello operativo Tnt - essenzialmente un modello di esternalizzazione - per quanto si fosse dimostrato fallimentare. Noi ovviamente ci batteremo, perché è qualcosa che non riusciamo a capire. Non sono tra gli esuberi, ma nessuno in Fedex al momento si sente al sicuro: sappiamo che questa è la prima parte di un piano che poi riguarderà tutti.
Ci trasferiscono. Secondo loro dovremmo andare a Padova, Milano e in altri centri del nord. Pensano che lo faremo, o forse no. Io ho due bambini piccoli, uno di due anni e uno di tre anni e mezzo, e i miei genitori sono sordomuti; non posso andare. Quindi resterò senza lavoro. Ci sono anche persone con disabilità, ma sono dettagli che all’azienda non interessano. Non c’è molto altro da dire. Hanno eliminato tutto il centro-sud, restano quattro poli: Firenze, Padova, Cernusco e Milano. Stanno eliminando la possibilità di continuare a far parte di questa azienda. La loro argomentazione è che il trasferimento non rappresenta un reale disagio, perché abbiamo ancora il nostro posto di lavoro, siamo trasferiti ma non licenziati. Ma dopo quello che è successo nel 2013 non abbiamo speranze che la situazione migliori.
Nel 2013 ero nel customer di Roma 3. È stato chiuso per esubero e ci è stato proposto di andare ‘volontari’ al customer di Napoli, passando da full time a part time. Soltanto in cinque, su 70, abbiamo accettato e siamo andati a Napoli. Per due anni ho pagato un affitto, con lo stipendio di un lavoro part time. In seguito, grazie a una vacancy interna, sono entrata a Roma 5 come venditrice interna: ora sono di nuovo in procedura, sono stata trasferita a Padova. Sono anche un paziente oncologico. Ma terrò duro. Spero nell’apertura di un polo al centro-sud, è una proposta che è stata fatta. Anche se le esperienze passate non lasciano sperare niente di buono.
Sono venuta a Roma perché a Bari è stato deciso di non scioperare: dopo una prima adesione le persone si sono tirate indietro. Mi dispiace molto. Una cosa che vorrei sottolineare è che i dipendenti Tnt sono solidali con i colleghi Fedex, ci sentiamo vittime esattamente come loro. Non li consideriamo trasferimenti, ma licenziamenti coatti. Si colpisce per l’ennesima volta il sud e si colpiscono per l’ennesima volta le donne, elementi fortemente discriminanti per un’azienda che doveva portare del valore in questa fusione. Sono 30 anni che lavoro per questa azienda e dal primo settembre dovrò lasciare Bari per Peschiera Borromeo. E lo farò.
In questo momento non sono coinvolta nei licenziamenti e nei trasferimenti, ma lo è una collega in filiale che viene già da una procedura e da una cassa integrazione a zero ore, e che al momento ha anche problemi di salute. Lavora in Tnt da 20 anni. Mi trovo qui per dare supporto ai colleghi di Roma perché ho lavorato qui per molto tempo e abbiamo già passato una procedura insieme. Eravamo già stati ridimensionati e ci aspettavamo una fusione complicata - si sa, le integrazioni comportano dei cambiamenti - ma Fedex è un’azienda in attivo e in crescita e non ci aspettavamo di iniziare così, con dei licenziamenti: parliamo di dipendenti giovani per Fedex, mentre per Tnt si tratta di persone che hanno dai 20 ai 30 anni di servizio. Sarà un percorso lungo e doloroso.
Marco Antonio Marconi, responsabile della filiale Fedex di Roma Est
La mia è l’unica filiale di Roma che rientra nel licenziamento di 315 Fedex e 42 Tnt. A lavorare con me ci sono persone giovani, che ho assunto io stesso cinque anni fa. La nostra è una famiglia, li ho cresciuti io, ho trasmesso loro quello che avevano trasmesso a me gli amministratori che oggi ci hanno tradito. C’è chi si stava sposando, chi ha il mutuo da pagare. Ci hanno comunicato il licenziamento così, dalla sera alla mattina. Avevamo capito che qualcosa doveva succedere, ma mai la chiusura e il licenziamento collettivo. Il governo non dovrebbe permettere che le multinazionali americane buttino per strada i lavoratori che non fanno più comodo, per usare poi delle cooperative al loro posto. Il mio obiettivo principale è che tutti i miei ragazzi vengano ricollocati.