«La Francia va avanti come previsto. Il governo ha appena confermato il finanziamento dei lavori definitivi del tunnel»: Stéphane Guggino è delegato generale del Comitato per la Transalpina, che riunisce tutti gli attori, pubblici e privati, della Tav francese. Le vicende politiche italiane, con il Contratto del futuro governo che mette a rischio il prosieguo dei lavori, fanno discutere anche Oltralpe. Non può credere che una coalizione nata anche per combattere gli sprechi, voglia davvero sprecare «sviluppo economico, occupazione, protezione dell'ambiente».
Nel Contratto di governo, Lega e Cinquestelle s'impegnano a ridiscutere integralmente il progetto della Linea ad Alta Velocità Lione-Torino. C'è spazio per nuove discussioni?
«Intanto bisognerebbe chiarire se si parla del tunnel internazionale o delle vie di accesso al tunnel. Sinceramente non si capisce. Per il momento noto che la chiusura del cantiere che si evocava in un primo momento, adesso non c'è più. E' già un passo avanti. Esistono dei trattati internazionali che sono stati firmati dalla Francia e dall'Italia. Non vedo davvero che cosa ci sia da discutere».
Per uscire dalla Tav l'Italia dovrebbe pagare?
«Se mai l'Italia dovesse ritirarsi, sarebbe una pessima notizia innanzitutto per l'economia, per l'occupazione e per l'ambiente. Ricordiamo che l'essenziale di questo progetto è far circolare le merci sui binari e limitare il traffico dei mezzi pesanti, altamente inquinanti. E ricordiamo anche che si tratta di un progetto europeo, non soltanto franco-italiano. Poi naturalmente si può sempre discutere e dialogare. Mi sorprende che questa coalizione, eletta anche per mettere fine agli sprechi, pensi di buttare via un miliardo e mezzo di euro già spesi, 23 chilometri di tunnel già scavati e anche 800 posti di lavoro. Non portare a termine questo cantiere sarebbe il più grosso degli sprechi. Non mi pare coerente».
Poi c'è anche la questione della credibilità
«Sicuro. E del prezzo da pagare. Quando si costruisce un progetto tra partner in questo caso Francia, Italia e Europa è difficile immaginare che ci si possa ritirare unilateralmente dal progetto senza rispettare gli impegni. Mi pare ovvio che ci saranno somme da rimborsare, soldi per chiudere i cantieri e ripristinare le aree, licenziamenti da fare».
Eppure anche sul versante francese si discute. Un anno fa il ministero dei Trasporti non aveva parlato di una necessaria pausa di riflessione?
«Ma la riflessione non riguardava la linea Torino-Lione. Ricordiamo che Macron e Gentiloni al bilaterale di Lione del 27 settembre scorso dopo la pausa evocata dal ministero hanno chiaramente confermato l'impegno sui finanziamenti e sul calendario. La pausa di riflessione riguardava i tempi della sistemazione delle vie di accesso al tunnel da parte francese».
Tanto più che l'Italia sulla sistemazione delle vie d'accesso sul suo versante sta andando avanti meglio della Francia.
«Lo confermo. Gli italiani stanno lavorando benissimo».
L'idea di una linea ferroviaria ad Alta velocità tra Lione e Torino è nata alla fine degli anni Novanta. Da allora, le condizioni del traffico sono cambiate. Gli oppositori francesi al progetto sostengono che il traffico merci su strada che si vuole combattere, sta diminuendo da solo. Che la Tav non risponde più a questa necessità. Non hanno nessuna ragione?
«No. Questo è uno dei motivi che è spesso evocato per criticare il progetto ma è falso. Dopo il 2009, a causa della crisi, ovunque in Europa c'è stata una diminuzione del trasporto merci su strada. Ma si trattava di una ragione congiunturale. Dal 2014 il traffico ha ripreso a salire e in modo spettacolare, del 12 per cento. Questo significa che dal 2014 abbiamo 150mila camion in più in circolazione tra Francia e Italia».