MILANO All'ultima curva della faticosa corsa al governo gialloverde Luigi Di Maio e Matteo Salvini provano la stretta decisiva sul premier, probabilmente un «mister X» proposto dal M5S, politico e allo stesso tempo diverso dal leader del Movimento. Lo fanno nel giorno segnato dal mancato faccia a faccia di Milano - un «buon segno», secondo fonti del M5S - e del veemente scontro che, a margine della formazione dell'esecutivo, si innesca tra il leader della Lega e Silvio Berlusconi. Le parole dell'ex Cavaliere da Aosta sono durissime e, forse, sono anche la spia che per il M5S e la Lega l'intesa si fa davvero vicina. Sul contratto i giochi sono chiusi. La votazione online indetta per gli iscritti M5S si conclude quasi con un plebiscito: il 94% dei votanti (44.796) lo approva e dice sì, di fatto, al governo con la Lega. Il testo definitivo conta 30 punti e 57 pagine mentre pomeriggio è la Lega a diffondere l'abstract del programma che, nei gazebo allestiti oggi e domenica, sarà oggetto del voto dei militanti. Ciascun leader esalta le priorità del proprio partito assorbite nel contratto e, parlando agli iscritti, Di Maio ricorda che i «20 punti» stilati dal Movimento prima del voto sono tutti presenti nel programma di governo. Nessuno dei due parla di accordo concluso. Ma l'impressione è che ormai si sia arrivati alle ultime battute. I due leader, presenti entrambi in mattinata a Milano scelgono di non vedersi sebbene i contatti telefonici siano «costanti». Di Maio resta nel capoluogo prima di partire per Aosta mentre Salvini, dopo aver fatto visita all'imprenditore di Monza Sergio Bramini presenzia il Consiglio federale dove ottiene il mandato unanime a formare un governo con il Movimento. Non è, tuttavia, un mandato privo di avvertimenti. Nella riunione di via Bellerio,più di uno avrebbe esortato Salvini alla prudenza, issando un vero e proprio muro contro l'opzione di Di Maio a Palazzo Chigi. «Col cavolo che ci va», sono le parole con cui uno dei «big» presenti alla riunione riassume il messaggio della Lega al suo leader. All'assegnazione della premiership a Di Maio, si sa, il M5S non ha mai rinunciato seguendo anche la logica di un capo di governo politico e forte. Logica che, in fondo, tiene ancora vive le speranze di Di Maio di andare a Palazzo Chigi. Ma, escludendo una figura meramente tecnica - sgradita un po' a tutte le parti in causa - e guardando agli eletti pentastellati, ad essere favorito, in queste, ore sembra Alfonso Bonafede, avvocato, fedelissimo di Di Maio e tra i membri dei tavoli tecnici sul programma. «Il profilo del premier? Sarà un amico del popolo», spiega Di Maio chissà se facendo riferimento alla battaglia di Bonafede per introdurre una legge sulla class action in Italia. Più deboli gli altri nomi, da Vincenzo Spadafora al docente Giuseppe Conte, da Vito Crimi al candidato ministro dell'Economia Andrea Roventini. Sullo sfondo rimane anche la figura di Riccardo Fraccaro.