PESCARANell'inchiesta sulle 29 vittime di Rigopiano entra anche Cristina Gerardis, direttore generale della Regione Abruzzo da gennaio 2015 a maggio 2017. Anche a lei, come a gran parte degli altri 35 indagati, dopo le indagini dei carabinieri forestali diretti dal colonnello Annamaria Angelozzi e coordinati dal procuratore Massimiliano Serpi, vengono contestati i reati di concorso in omicidio, lesioni e disastro colposo. La Procura l'ha iscritta nel registro degli indagati in seguito all'analisi del dossier "normativo" che Luciano D'Alfonso ha presentato in Procura lo scorso 8 maggio, una settimana prima che il presidente della Regione venisse indagato con gli altri due ex presidenti Chiodi e Del Turco e altri nove tra assessori e dirigenti regionali, per la gestione della prevenzione. In particolare, per la mancata realizzazione della Clpv, la Carta di localizzazione dei pericoli da valanghe prevista da una legge regionale del 1992. Strumento che, come emerso dalle indagini difensive degli avvocati Valentini, Tatozzi e Manieri, legali del sindaco di Farindola Lacchetta e autori di una denuncia nei confronti di D'Alfonso, avrebbe evitato la morte dei 29 prigionieri dell'hotel abbattuto dalla valanga il 18 gennaio 2017. Senza fare mai il nome della Gerardis che lo stesso D'Alfonso chiamò in Regione come direttore generale, inserendone la figura con una modifica della legge 77 del 1999 sulle strutture amministrative della Regione, il presidente dedica la prima delle quattro sezioni del suo dossier, infarcito di allegati e documenti, alla legislazione in materia di protezione civile e di competenze degli organi dell'ordinamento regionale. E illustrando, sulla scorta di leggi e statuti, le competenze del presidente della Regione, D'Alfonso evidenzia «la distinzione tra l'organo politico (indirizzo) e le competenze degli organi amministrativi (direttore generale e conferenza dei direttori) con particolare riferimento al ruolo del direttore generale».E proprio a proposito di quest'ultimo riporta quanto stabilito dalla legge 77 del 1999, e cioé: «Nell'ambito dell'incarico conferito e fermo restando il potere di indirizzo dell'organo di direzione politica, nonché rilevate le specifiche competenze attribuite ai direttori di dipartimento, il direttore generale della Regione esercita, tra gli altri, i seguenti compiti e funzioni (...) cura l'attuazione concludente del programma di governo, di piani e direttive generali dell'organo di direzione politica». Fin qui la premessa legislativa. Poi però D'Alfonso, nella stessa sezione del dossier aggiunge, tra gli altri, un documento importante in relazione all'iter di realizzazione della Carta di localizzazione di pericoli da valanghe di cui gli chiede conto la Procura. Si tratta del verbale della riunione del 14 maggio 2015, la prima in cui il neo direttore generale Gerardis presiede la conferenza dei direttori dei dipartimenti per prendere atto degli obiettivi avviati. E come risulta dal verbale della giunta regionale del successivo 27 maggio, tra tutti gli obiettivi elencati in quella conferenza non c'è la Carta valanghe anche se erano presenti sia Primavera (direttore dipartimento Lavori pubblici e ambiente da cui dipende anche la Protezione civile), sia Giovani (responsabile del servizio di prevenzione e previsione dei rischi di protezione civile). Entrambi già indagati.Ma non spettava al direttore generale "l'attuazione concludente" del programma di governo di piani e direttive generali? Il punto da chiarire è proprio questo: c'era o no nei programmi del governo D'Alfonso la realizzazione della Clpv? D'Alfonso sostiene di sì e lo chiarirà ancora meglio in sede di interrogatorio. Così come farà Cristina Gerardis che tramite l'Ansa, fa sapere: «È un atto dovuto, direttamente conseguente al contenuto della memoria depositata a firma di Luciano D'Alfonso. Avrò modo di spiegare all'autorità giudiziaria quale fosse il mio ruolo in Regione e quali i reali rapporti tra la burocrazia e la politica».