PESCARA Se su un bando di 19 milioni di euro, 14 vanno a sei aziende e meno di 4 milioni alle restanti 26, qualcosa non ha funzionato. Lo pensa il deputato del Pd Camillo D'Alessandro commentando la graduatoria del bando regionale per la trasformazione, commercializzazione e sviluppo dei prodotti agricoli. « Mi appello all'assessore Dino Pepe», dice D'Alessandro, «i prossimi bandi vanno cambiati». E non si tratta di un problema di legittimità, ma di impostazione, spiega il deputato. «La questione l'avevo già posta nell'interlocuzione con l'assessore, senza alcun riscontro, ma ora che le mie preoccupazioni, non solo mie, si sono concretizzate va aperta una riflessione», insiste il parlamentare interpretando soprattutto la delusione del settore vitivinicolo. «Il problema», riprende D'Alessandro, «è che la rigida impostazione data, sin dall'inizio, dal vertice burocratico del Dipartimento agricoltura ha generato bandi, sicuramente legittimi, ma in alcuni casi non rispondenti appieno alle aspettative proprie della tipologia del mondo produttivo agricolo. Va distinta l'agroindustria dal resto, nonché un limite all'importo degli investimenti finanziabili. La misura così impostata è penalizzante sopratutto per la provincia di Chieti, dove le aziende di trasformazione sono innanzitutto cantine sociali e consorzi di secondo livello, non a caso nessuno delle sei imprese finanziate sugli investimenti superiori ai 500.000 euro è della Provincia di Chieti». Secondo D'Alessandro «una riflessione va aperta anche sui bandi dei primi insediamenti. Sono concepiti in modo assolutamente penalizzante per i giovani che conferiscono ad una cooperativa sociale, cioè non sono trasformatori diretti, ma indiretti. Nell'ambito del programma di fine legislatura va aperta anche questa riflessione, credo che Giovanni Lolli debba inserire questa riflessione nell'ambito del lavoro di coordinamento programmatico».
Su una delle questioni sollevate da D'Alessandro, ma anche dal consigliere regionale di Forza Italia Mauro Febbo, e cioè il limite massimo degli investimenti, l'assessorato sostiene che il limite non sarebbe stato autorizzato dalla Ue. Ma per D'Alessandro la questione è soprattutto legata alla politica, che, su tematiche strategiche come queste, è chiamata a fare un passo avanti rispetto agli uffici. Pepe difende però l'impostazione: «L'Europa non ha consentito un limite massimo agli investimenti, cosa che abbiamo chiesto», ribatte. «Per questo motivo le risorse sono state suddivise a metà, proprio per tutelare i piccoli: 9 milioni per gli investimenti fino a 500mila euro e 9 milioni per quelli superiori a 500 mila. Il tetto massimo è un limite non consentito». Né, aggiunge Pepe, si poteva distinguere tra agroindustria e altri settori produttivi, perché «il bando è per la trasformazione dei prodotti. Abbiamo invece altri bandi che favoriscono i produttori. Il Psr», conclude Pepe, si attiva attraverso 40 azioni. E questo bando è riservato a interventi a favore della trasformazione, non è riservato ai produttori, per i quali uscirà un apposito bando entro giugno».