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Pescara, 24/11/2024
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Data: 20/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Di Maio-Salvini: scontro sulla Tav. M5S alla Francia: la Tav non serve Altolà della Lega. E Parigi si mette in trincea: «Risponderemo al governo»

ROMA Poteva bastare una frase a mettere d'accordo i due litiganti e oggi alleati sulla Torino-Lione? No. Ieri infatti Laura Castelli, la deputata M5S che ha scritto il contratto con la Lega, ha partecipato alla marcia di protesta in Val di Susa come se niente fosse. Come se Lega e Movimento non stessero per andare al governo insieme e come se non si fosse mai votato un programma di governo comune che sulla Tav si limita a parlare di «ridiscussione». La Lega non ne vuole il blocco o la sospensione, e ha fatto appositamente togliere dalla versione definitiva del contratto il passaggio dove si parlava di sospensione immediata dei lavori. Mentre il Movimento è di nuovo sulle barricate con Luigi Di Maio che a Ivrea dice chiaro e tondo: «Andremo dai francesi a dire che la Tav non serve e va bloccata. Poteva valere 30 anni fa ma non oggi. Non serve più». Da Milano Salvini risponde così: «Sono fiducioso: abbiamo già fatto un lavoro che non è mai stato fatto nella storia della Repubblica italiana, ossia definire un programma punto per punto da rispettare mese per mese, e se poi qualcuno non rispetterà questo programma salta tutto».
Il treno velocissimo per Palazzo Chigi prevede fermate impensate, come quella delle grandi opere. E infatti il nuovo slogan formulato è il «Ni»: l'emancipazione del No.
E quindi: «Sì alle grandi opere utili». E la Tav dove si colloca? Tra quelle inutili secondo la deputata piemontese Laura Castelli che ieri marciava al corteo, convinta che si possa cambiare volto all'infrastruttura.
DICASTERO
D'altronde si fa il suo nome per quel dicastero. Ma, si sa, i simboli sono importanti. E per qualcuno l'atteggiamento della Castelli cominicia a diventare un po' ambiguo. «Non esistono governi amici. Nessuno si offenda», dice Alberto Perino uno dei leader storici del Movimento No Tav, che il 4 marzo aveva votato e fatto votare il M5S. Dalla Lega ieri ribadivano che nel contratto non c'è alcun blocco. E così è. C'è solo una «ridiscussione integrale» che assomiglia più al cineforum concesso dopo la proiezione del film.
Il rischio che il contratto si prestasse a interpretazioni opposte c'era, e ieri lo si è visto con chiarezza. «Siamo per il completamento della linea Tav Torino-Lione», ha detto il capogruppo del Carroccio a Torino Fabrizio Ricca. «Credo che la parola ridefinizione possa e debba voler dire fine del progetto Tav», ha invece affermato durante il corteo No Tav Guido Montanari, il vice di Chiara Appendino. La tensione sulla grandi opere è altissima. Come sull'Ilva. «Nel contratto c'è scritto chiaramente che si lavorerà per la chiusura», si legge sul blog delle Stelle mentre il governatore forzista Giovanni Toti, che ha avuto rassicurazioni sul Terzo Valico mette in guardia dai rischi della decrescita a Taranto. L'eurodeputata pugliese M5S Rosa D'Amato scrive: «Solo in ragione della ristrettezza temporale non è stato possibile analizzare una ad una tutte le opere che vogliamo fermare nel contratto. Erano oltre 45. Non significa minimamente che ce ne siamo dimenticati !».

E Parigi si mette in trincea: «Risponderemo al governo»

ROMA «No comment» da parte francese, almeno a livello ufficiale. Né dall'Eliseo, né dai ministeri interessati arrivano commenti alle dichiarazioni con le quali Luigi Di Maio ha annunciato l'intenzione di porre fine al progetto Tav. Comprensibilmente, Parigi vuole attendere che la marcia indietro italiana, da elemento in qualche modo ancora da verificare dell'accordo tra Movimento Cinque Stelle e Lega, si trasformi in progetto ufficiale del nuovo esecutivo, quando si sarà effettivamente installato. Sulla propria intenzione di andare avanti però la Francia si è espressa proprio venerdì non con dichiarazioni ma fattualmente, sottoscrivendo il finanziamento del programma di appalti 2018 per la realizzazione della sezione transfrontaliera della linea ferroviaria Torino-Lione. L'intesa, che garantisce la prosecuzione dei lavori preparatori e definitivi dell'opera, è stata approvata dal Consiglio di amministrazione di Afitf (Agence de Financement des Infrastructures de Transport de France) e sottoscritta dal Ministère de la transition écologique et solidaire e dalla societàTelt.
I FINANZIAMENTI
Questo atto consente alla Telt di proseguire il suo programma di lavori preparatori e definitivi. In particolare, questi finanziamenti permettono di procedere con i lavori della galleria artificiale di Saint-Julien-Montdenis, con la costruzione dei pozzi di ventilazione d'Avrieux, con la realizzazione dello svincolo di Chiomonte e infine con la ricollocazione dell'autoporto sull'autostrada A32 in Val di Susa. I fondi includono inoltre le prestazioni di direzione lavori per la preparazione dei bandi per lo scavo della parte francese del tunnel di base, le deviazioni di reti e sottoservizi nei due Paesi e le misure economiche e sociali di accompagnamento nell'ambito della legge Démarche Grand Chantier, che assicura il coinvolgimento delle aziende locali.
La mossa arriva a chiarire ancora una volta quali sono le intenzioni del governo francese, dopo che nel luglio scorso la ministra dei Trasporti, Elizabeth Borne, aveva parlato della necessità di una «pausa di riflessione» sul progetto dell'alta velocità. Ma che queste perplessità - in realtà riferite alla sistemazione delle vie di accesso al tunnel da parte francese - potessero influire sulla prosecuzione dei lavori era già stato smentito dal presidente Emmanuel Macron e da Paolo Gentiloni nel loro incontro bilaterale del 27 settembre.
Ma cosa succederebbe se il prossimo governo giallo-verde dovesse confermare e concretizzare quanto annunciato da Di Maio? Il punto dell'esistenza di effettive penali non è chiarissimo (il movimento No Tav sostiene che non siano previste), ma sia da parte francese sia da parte del commissario italiano Paolo Foietta si sostiene che comunque il nostro Paese sarebbe costretto a risarcire Parigi e l'Unione europea, per le risorse già impegnate, con un esborso complessivo di oltre 2 miliardi.
GLI ACCORDI
I costi dell'opera sono stati fissati nel 2012: complessivamente per i circa 65 chilometri di percorso si parla di 8,6 miliardi di euro, di cui 2,8 a carico del nostro Paese, 3,3 dell'Unione europea e circa 2 della Francia. Secondo Foietta, per rescindere l'impegno sottoscritto dall'Italia con la Francia, racchiuso e siglato in 4 accordi internazionali, «sarebbe necessario un nuovo trattato in cui le parti dettaglino le penalità per ogni Stato e verso l'Unione Europea, le penali dovute alle imprese, i mancati guadagni, eccetera». Cancellare la nuova Torino-Lione, secondo il commissario di governo, farebbe «contraddire gli accordi internazionali di trasferimento modale da strada a ferrovia a tutela dell'ambiente». Con conseguenze non desiderabili per l'Italia.

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