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Pescara, 24/07/2024
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Data: 21/05/2018
Testata giornalistica: Il Centro
La tragedia sull'A14 - «Ho fatto una cosa terribile». Francavilla, Fausto Filippone lancia la figlia dal viadotto, chiede perdono e poi si butta. Marina, l'ultima telefonata: «Sono fiera di Ludovica». Lei insegnante di italiano allo Scientifico da Vinci di Pescara, lui dirigente alla Brioni. E Ludovica, 10 anni, con l'amore per la danza e il canto. Frequentava la 5ª elementare

PESCARA Tre vite spezzate in poche ore. Senza un perché. Sono ancora mille gli interrogativi sulla morte assurda di Marina Angrilli, insegnante pescarese di 51 anni, del marito Fausto Filippone, un dirigente della Brioni di 49 anni, di Chieti, e della loro bimba, Ludovica, di soli 10 anni. La donna è precipitata dal terzo piano di una palazzina di piazza Roccaraso 18, a Chieti Scalo, in circostanze tutte da chiarire. Erano all'incirca le 12 e in quell'appartamento di Chieti Scalo c'era l'intera famiglia, che viveva a Pescara in via Punta Penna. Marina non era sola, quando è volata giù. In casa c'erano anche il marito e la figlia. Ma non è chiaro se si sia trattato di un incidente, di una tragica scelta della donna o, peggio ancora, di un salto nel vuoto provocato dal marito. L'insegnante è morta in ospedale, a Chieti, un paio di ore dopo. Nel frattempo Filippone, senza seguire la moglie in ospedale e senza preoccuparsi delle sue condizioni, ha commesso una follia. È salito in auto con la piccola Ludovica, ha raggiunto il viadotto Alento dell'autostrada A14, ha lasciato il veicolo e ha percorso a piedi un tratto di viadotto, circa 800 metri, con la bimba. È stato allora, attorno alle 13, che la polizia stradale ha cominciato a ricevere segnalazioni sulla preoccupante presenza dei due in autostrada. Una pattuglia ha raggiunto quel punto del viadotto, alto 39 metri, e individuato padre e figlia. Erano gli ultimi minuti di vita della bimba, che è stata lanciata giù dal viadotto dal padre. Lo avrebbe fatto anche lui in quell'istante, così ha detto. Ma la polizia lo ha fatto desistere. E Filippone, dopo aver scavalcato il guardrail, è rimasto attaccato alla ringhiera dell'autostrada, pronto per lanciarsi nel vuoto e seguire il destino della sua Ludovica. È stato allora che è cominciata una lunga ed estenuante trattativa, andata avanti fino alle 20, di cui si è occupato in prima battuta l'ispettore Vinicio Leoni, del distaccamento di Pescara Nord. Poi hanno parlato a lungo con Filippone Silvia Conti, dirigente della polizia stradale di Pescara, e Alessio D'Alfonso, un negoziatore dei carabinieri. Poco distante la sorella del 49enne. Tra l'uomo e i rappresentanti delle forze dell'ordine che si sono avvicinati a lui c'era solo un metro e mezzo di distanza, lo spazio di un'auto della polizia. E tanta tensione. Intanto il traffico continuava a scorrere sull'altra carreggiata, e sono stati molti coloro che hanno invitato l'uomo a farla finita, ad uccidersi. Il traffico ha subìto molti rallentamenti e ci sono stati anche due tamponamenti, nella zona dove si trovava Filippone, fino a quando il traffico è stato bloccato.Dovevano convincerlo a mettere da parte il suo atroce progetto di morte, a scavalcare di nuovo il guardrail per tornare alla vita, guardare avanti nonostante l'accaduto, assumendosi le sue responsabilità, con dignità e coraggio. Ma lui aveva deciso. Doveva solo trovare la spinta per sganciare le mani e lasciarsi andare. Durante quelle ore ha urlato più volte, tanto che la sua voce disperata è arrivata fin sotto il guardrail, a decine di metri di distanza, dove giaceva immobile il corpo della piccola Ludovica e dove - non molto distante - si sono radunati tanti curiosi, oltre a polizia (c'era anche il questore di Chieti Raffaele Palumbo), carabinieri, polizia municipale di Francavilla, con il sindaco Antonio Luciani, vigili del fuoco e 118. È arrivato perfino l'elicottero del 118 di Pescara per soccorrere la bambina, ma l'atterraggio non è stato permesso. Nessuno, infatti, si è potuto avvicinare a lei: il padre non voleva assolutamente e minacciava di lanciarsi nel vuoto se qualcuno l'avesse toccata. Riteneva che fosse lui l'unico a poter stare con la bimba. Se la polizia non l'avesse fermato in tempo, diceva dal guardrail, sarebbe volato giù insieme a lei all'ora di pranzo. Durante il pomeriggio si è informato su Ludovica, ha chiesto delle sue condizioni di salute. Ed è stato inutile dirgli che probabilmente l'avrebbero ancora potuta salvare. Poteva essere un modo per farlo tornare in sé, ma non è stato sufficiente. Ha assicurato di non essere «una persona cattiva» e ha accennato al disagio che viveva ormai da un anno e mezzo, parlando in maniera poco lucida. Poi si è scusato per ciò che ha fatto, ha chiesto «perdono» e detto di non avere più «dignità», avendo fatto una «cosa terribile» anche se non è riuscito a darsi e a fornire una spiegazione, né ha ricostruito le ore precedenti all'arrivo in autostrada, sulle quali sta indagando la squadra mobile di Chieti, diretta da Miriam D'Anastasio (il pm è Lucia Campo). Poi, nel tardo pomeriggio, ha scelto la strada del silenzio. Non ha parlato più. Era stremato, oltre che stanco fisicamente. E pochi minuti prima delle 20 si è lasciato cadere dal viadotto. Nel vuoto. A nulla è servito il telo steso dai vigili per salvarlo. E il suo giorno di follia è finito esattamente come aveva immaginato. Solo allora è stato recuperato il corpo di Ludovica, esaminato sul posto dal medico legale Cristian D'Ovidio. E ora si cerca la verità. Si scava nella vita della coppia. Si cerca di capire perché.

Marina, l'ultima telefonata: «Sono fiera di Ludovica». Lei insegnante di italiano allo Scientifico da Vinci di Pescara, lui dirigente alla Brioni. E Ludovica, 10 anni, con l'amore per la danza e il canto. Frequentava la 5ª elementare
una famiglia distrutta

PESCARA «L'ho sentita questa mattina alle 10,38, ho parlato con Marina un bel po', sono sconvolta, non riesco a crederci». Al telefono con il Centro parla una delle migliori amiche di Marina Angrilli, l'insegnante di 51 anni di Pescara che intorno a mezzogiorno di ieri è precipitata dal terzo piano di un appartamento di Chieti Scalo. Primo capitolo della tragica domenica che si è conclusa con la morte della figlia Ludovica, di dieci anni, e del marito Fausto Filippone, 49 anni di Chieti, dirigente della Brioni. Morti anche loro dopo il gesto disperato dell'uomo che prima ha lanciato la figlia dal viadotto dell'A14 e poi, dopo sette ore di trattative con i soccorritori, aggrappato alla ringhiera, si è buttato giù anche lui. «Una persona squisita, tranquillissima», dice chi ha lavorato con lui in Brioni e ci ha parlato fino a venerdì, «sempre con il sorriso sulle labbra, veramente da non credere. Non riusciamo a capire davvero che cosa sia successo». Laureato alla Ca' Foscari di Venezia, Filippone era molto stimato nell'azienda di moda dove era il referente principale della divisione Ordini Brioni e da tutti coloro, amici e colleghi con cui aveva legami anche a Pescara. E a Pescara abitava con la moglie Marina, in via Punta Penna, al confine con Villa Raspa di Spoltore, la zona dove da sempre ha abitato Marina con la sua famiglia di origine. È da lì che ieri mattina sono usciti in tre, madre, padre e figlioletta, quinta elementare nella scuola di via del Concilio, a Pescara. «Stamattina (ieri ndr) Marina mi ha parlato per tutto il tempo di Ludovica», riprende straziata l'amica, «raccontandomi del concorso canoro a Caramanico a cui aveva partecipato venerdì con la scuola. Mi ha detto che era fiera di Ludovica, che aveva cantato benissimo, ma soprattutto perché aveva vissuto la gara in maniera sportiva, senza competizione, tanto che subito dopo l'esibizione era andata a giocare con gli amici. Sono fiera di lei, mi ha ripetuto Marina, ha cantato bene, con qualche esitazione, ma si è ricordata tutte le parole». La canzone era Controvento, di Arisa, «Acqua sarò, che spegnerà un momento, accanto a te, viaggiando controventovento», canta Ludovica nel video che la ritrae con la maglietta bianca e i leggins neri, timida e determinata. Scuola materna al Ravasco ed elementari in via del Concilio, dove frequentava la quinta, la classe con cui aveva partecipato anche al progetto di musica che l'ha portata a Caramanico, e una passione per la danza classica che aveva coltivato prima in una scuola di Sambuceto e poi in una nota scuola di Pescara. Ieri mattina quasi certamente c'era anche lei nell'appartamento di Chieti di proprietà del papà dove è iniziato tutto. Un appartamento che in passato era stato affittato e che da qualche tempo la famiglia aveva ripreso nella sua disponibilità con progetti che forse nessuno saprà mai. Si sa, però, perché lo raccontano tutti, che era una bella famiglia. «Il marito una persona eccezionale, simpatica, al matrimonio fecero una grande festa» dice ancora l'amica di Marina. A raccontarlo sono anche le foto dei viaggi più recenti, come quello alle Cinque Terre, delle domeniche sulla neve di quest'inverno per far imparare a sciare Ludovica. E lo racconta il tono di Marina al telefono ieri mattina con l'amica. Insegnante di italiano e latino al liceo Scientifico da Vinci, Marina Angrilli aveva classi sia alla sede distaccata di piazza dei Grue, dove insegnava nella quarta P e nella seconda O, e poi in altre classi della sede centrale. «Molto precisa, ligia al dovere, lavorava tantissimo», riferisce incredula una collega, «una persona corretta». Capelli corti castani sempre curatissimi com'era lei. Una persona che anche nell'aspetto rispecchiava il suo modo di essere, impeccabile, preciso. E molto riservata. Amava tenersi in forma, con il footing e la palestra (frequentava la Four Fit all'Arca, a Villa Raspa). Suo fratello Francesco è medico all'ospedale civile di Pescara, come la sorella di Fausto Filippone, radiologa all'ospedale di Chieti. Famiglie perbene, stimate, tranquille. Normali. Come Fausto Filippone, che qualche mese fa aveva perso la madre e che ieri, durante tutte quelle ore di trattativa con chi ha cercato di salvarlo, ha chiesto scusa, perdono, ha detto che aveva fatto una cosa terribile. E alla fine si è lasciato cadere.

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