CHIETI «Siamo usciti dal garage e mio marito mi ha detto improvvisamente di non guardare: lei era stesa a terra, con il volto coperto di sangue. Bella, ben vestita, truccata e molto curata. Gli occhiali da sole Ray Ban a terra, poco più in là. Non l'avevo mai vista da queste parti. Mio marito è medico e ha subito prestato i primi soccorsi». È circa mezzogiorno quando Marina Angrilli, 51 anni di Pescara, precipita dalla finestra del terzo piano della palazzina che si trova in piazza Roccaraso 18, a Chieti Scalo (zona 5 palazzine). Il primo a soccorrerla è un medico che abita nella palazzina. Sta uscendo con sua moglie quando, girato l'angolo vede la donna a terra. «Aveva perso i sensi, poi ha ripreso conoscenza, urlando per il dolore. Preso dai soccorsi, solo in un secondo momento mi sono reso conto che c'era anche quell'uomo, che poi mi ha detto che era suo marito. Sembrava muto, sconvolto e agitato». Fausto Filippone, teatino di 49 anni, proprietario dell'appartamento nel condominio rosa di piazza Roccaraso (appartamento che però non abitava), camminava avanti e indietro sul piazzale, mentre il medico soccorreva la moglie. «Sembrava preoccupato solo per la bambina», riferisce il medico. «Diceva che doveva andare dalla bambina e a un certo punto mi ha dato il suo numero di telefono, come se volesse andare via e io dovessi avvisarlo via telefono sulle condizioni della moglie. Ma io l'ho bloccato. Gli ho detto che sarebbe dovuto rimanere lì finché non fosse arrivato il 118, che avevamo chiamato in tanti».Nel frattempo anche altri condomini cercano di capire cosa stia succedendo. «Abbiamo sentito un tonfo e ci siamo subito affacciati dal balcone di dietro», dicono gli inquilini dell'appartamento affianco. «Ma loro non li avevamo mai visti». Nel palazzo pare che nessuno li conoscesse. Contattato l'amministratore, risulta, comunque, che l'appartamento è di proprietà della famiglia di Filippone.Quando arriva l'ambulanza del 118, Filippone ricomincia con il problema della figlia lasciata da sola probabilmente in casa e spiega che deve andare subito da lei. Agli operatori del 118 che si danno da fare sul corpo della moglie racconta brevemente una storia confusa su quello che sarebbe successo alla donna, facendo capire che la moglie è caduta dalla finestra per un incidente. Parla di uno «scatto», facendo pensare all'utilizzo di un cellulare per un selfie che avrebbe fatto perdere l'equilibrio alla donna caduta dalla finestra del bagno, nella parte retrostante della palazzina. Gli operatori del 118 lo lasciano andare chiedendo le generalità della moglie, ma lui dà un nome che non corrisponde al vero: Marisa Filippone. I sanitari però se ne accorgeranno soltanto una volta arrivati al Pronto soccorso del Santissima Annunziata, quando, al momento di controllare i dati, si renderanno conto che una persona con quel nome non esiste. Prima di andare via da piazza Roccaraso, il personale del 118 aveva comunque chiesto al marito, come è prassi in questi casi, di portare i documenti sanitari della moglie in ospedale.Lui, pur pressato dalla preoccupazione sulle sorti della figlia lasciata da sola, aveva assicurato che sarebbe andato con la propria auto al Santissima Annunziata con quanto richiesto dai medici e si era avviato verso l'appartamento per prendere i documenti e portarli in ospedale, dove, però non arriverà mai. Prenderà invece sua figlia e la getterà dal viadotto dell'autostrada A14. E dopo ore da incubo in bilico sul viadotto si getterà anche lui da quel ponte.
Quando il padre diventa un mostro
I precedenti in Abruzzo: Maravalle uccise il piccolo Maxim, il kosovaro Willy giustiziò moglie e figlia
CHIETI Drammi familiari spesso provocati da una lite, in altri casi da problemi psichici, altre volte ancora dalla gelosia. Una lite apparentemente banale, ma anche problemi da cui sembra impossibile uscire che fanno precipitare nel baratro un padre di famiglia, una madre, a volte anche i figli, spesso quelli a pagare il prezzo più alto per responsabilità non loro.
Il PONTE DI PIETRASECCA. Su un altro ponte, conosciuto come il viadotto della morte poiché scenario di numerosi suicidi, avvenne il dramma che coinvolse un'intera famiglia. Sull'autostrada A24 Roma-L'Aquila, a novembre del 1995 avvenne un suicidio collettivo senza precedenti. Un'intera famiglia romana, verso mezzogiorno, si lasciò cadere dal viadotto di Pietrasecca, a pochi chilometri dell'uscita di Carsoli. Mano nella mano, Anna Maria Maracchioni ed i tre figli, Roberto (38 anni), Silvio (34) e Marco Baracchi (27) decisero di gettarsi da novanta metri di altezza, dallo stesso punto già scelto in passato per altri suicidi. Una pattuglia della polstrada aveva visto l'Alfa 164 ferma sulla corsia di emergenza. Gli agenti si erano avvicinati e avevano chiesto spiegazioni: «Mia madre ha mal di stomaco, ce ne andiamo subito», aveva detto il più grande dei tre fratelli. Poco dopo la tragedia. Alla base del gesto, apparentemente inspiegabile, una situazione economica diventata insostenibile. Debiti per oltre un miliardo e mezzo di vecchie lire. Per mettere assieme una cifra così ragguardevole, Roberto Baracchi, il più grande dei tre figli di Annamaria Maracchioni, avrebbe realizzato una serie infinita di truffe ai danni dei clienti di una società della quale era capo area a Roma.
FATIMA E SENADE. Un duplice femminicidio è invece avvenuto nel 2016 sempre nella Marsica, davanti a un supermercato a Pescina. Madre e figlia vennero uccise a colpi d'arma da fuoco dall'ex marito e padre delle due donne, Veli "Willy" Selmanaj. L'uomo, dopo la strage, fu intercettato e fermato dai carabinieri in un bar della zona. Le vittime furono la moglie Fatima, 50 anni, e la figlia di 20 anni, Senade. Il kossovaro era stato accusato di aver molestato le figlie e affermò di aver fatto la strage familiare per difendere il suo onore.
MAXIM. Un altro dramma familiare avvenuto sulla costa abruzzese fu quello in cui perse la vita il piccolo Maxim. Il padre, dopo aver ucciso figlio piccolo, andò in camera da letto per soffocare con una busta anche la moglie. Il caso è quello di Massimo Maravalle, padre del bambino di origini russe adottato dalla famiglia di Pescara. Il bimbo di 5 anni non doveva essere l'unica vittima del tecnico informatico di 47 anni affetto da disturbo psicotico atipico. Anche la moglie, l'avvocato Patrizia Silvestri, rischiò la vita in quel drammatico 18 luglio del 2014. Durante l'interrogatorio Maravalle confermò che non voleva uccidere solo il figlio. Probabilmente vittima di terribili allucinazioni, causate dalla mancata assunzione di un farmaco, voleva uccidere anche la moglie. Lei, ricostruendo quella notte, raccontò alla polizia di essere stata svegliata all'improvviso da alcuni rumori e di aver trovato il marito con una busta di plastica in mano, e chiedeva alla moglie di infilarci dentro la testa.