ROMA La partita per la quadra di governo è tutt'altro che chiusa. Perché in Quirinale ha parecchie osservazioni da fare sui nomi filtrati in queste ore e vuole che il dossier venga aperto soltanto dopo aver incaricato il futuro capo del governo. E perché, nonostante l'ennesimo vertice di due ore, la tensione tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio resta alta. Non è stata indolore (e ancora non del tutto scontata) la rinuncia del leader 5Stelle a palazzo Chigi.
Il primo problema, con gli Esteri destinati pacificamente all'ambasciatore Giampiero Massolo, è l'Economia. La Lega, avendo ingoiato un premier terzo di area grillina (il giurista Giuseppe Conte, bocciato Andrea Roventini) rivendica per sé questo dicastero strategico. E Salvini, dopo la rinuncia di Giancarlo Giorgetti, ha proposto Paolo Savona, economista di grande esperienza con un passato da ministro con Ciampi e poi con Berlusconi. Negli ultimi anni su posizioni eurocritiche. Ai 5Stelle questa opzione non piace. Però, piuttosto che sollevare apertamente dei dubbi, fanno filtrare «perplessità» del Quirinale. Anche perché Salvini con Di Maio è stato chiaro: «Se salta Savona, salta pure Conte o qualunque premier grillino». Però già spunta un'altra opzione: Enzo Milanesi Moavero, che però sconta (agli occhi dei 5Stelle) essere stato ministro con Enrico Letta e Mario Monti.
L'ALTRA GRANA
Il gioco d'interdizione si estende anche a Infrastrutture e Trasporti. Di Maio lo vuole per il Movimento (Laura Castelli) in modo da vigilare sullo stop alla Tav e ad altre opere pubbliche. Salvini, per la stessa ragione, rivendica questo dicastero per la Lega. I nomi: Stefano Candiani o Armando Siri. Ma alla fine una soluzione si troverà: nessuno dei due leader può permettersi un fallimento. Certamente non dopo aver siglato il contratto di governo e dopo ben 77 giorni di trattative prima occulte, poi alla luce del sole.
Accordo invece sulla struttura complessiva del governo. A fianco del presidente del Consiglio ci saranno Di Maio e Salvini nel ruolo di vicepremier, manifestando così appieno la loro funzione di kingmaker e registi dell'esecutivo giallo-verde. Più Giorgetti come sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti. Il capo della Lega, per chiudere il cerchio sul fronte-sicurezza, avrà l'incarico di ministro degli Interni: postazione chiave per avere «mani libere» sui migranti. Ma, forse, non otterrà la Difesa che (svanita l'ipotesi-Crosetto: FdI restano fuori) Salvini vorrebbe per Luciano Fontana: sul Colle, che apriranno il dossier-ministri solo dopo l'incarico, già avanzano qualche perplessità. Appare eccessivo consegnare a un solo partito l'intero comparto della sicurezza.
Di Maio, invece, ha ritagliato per sé un super-ministero ad hoc per attuare il reddito di cittadinanza: la sua delega, se non riuscirà ad andare a palazzo Chigi in extremis, comprenderà il dicastero del Lavoro e quello dello Sviluppo economico. In quota grillina anche la Sanità a Giulia Grillo, gli Affari europei a Vincenzo Spadafora, la Cultura a Emilio Carelli, lo Sport all'olimpionico Domenico Fioravanti. Alla Scuola, sempre in quota 5Stelle, dovrebbe andare il tecnico Gianluca Vago, rettore della Statale. E se la Castelli non dovesse ottenere le Infrastrutture, per lei è pronta la poltrona di responsabile della Funzione pubblica.
Salvini non è rimasto con le mani in mano. Anche la Lega, coltre agli Interni, e forse Economia e Difesa, prenderà un bel gruzzolo di dicasteri. All'Agricoltura è dato Nicola Molteni, ai rapporti con il Parlamento Roberto Calderoli o Giulia Bongiorno, al nuovo dicastero alla disabilità Simona Bordonali, il Turismo e gli affari regionali al capogruppo in Senato Gian Marco Centinaio.