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Pescara, 24/07/2024
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Data: 22/05/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Progetto Parco Lavino. Tra gli indagati il presidente Di Marco. La Procura ipotizza i reati di corruzione e falso ideologico e chiede l'interdizione per D'Incecco e Marcantonio

PESCARA C'è un nuovo capitolo dell'inchiesta sull'appalto da 3,5 milioni di euro per realizzare il Parco sul fiume Lavino a Lettomanoppello. Tra gli indagati spunta anche il nome del presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, per il quale la Procura ipotizza i reati di corruzione e falso ideologico in atto pubblico. L'inchiesta, condotta dal procuratore Massimiliano Serpi e dal procuratore aggiunto Anna Rita Mantini, conta ora 9 indagati. Per due di loro, Paolo D'Incecco, ex dirigente ai Lavori pubblici della Provincia di Pescara, e l'architetto Gianluca Marcantonio, è stata chiesta la misura interdittiva.In particolare, per D'Incecco è stata chiesta l'interdizione temporanea dai pubblici uffici, mentre per Marcantonio l'interdizione temporanea dalla professione. Sarà il gip Gianluca Sarandrea a decidere dopo l'interrogatorio di D'Incecco fissato per domani. Secondo l'accusa, l'appalto, inserito tra i 77 progetti del Masterplan e ancora alle battute iniziali, sarebbe stato oggetto di una presunta spartizione. Sotto la lente d'ingrandimento della procura, oltre a Di Marco, Marcantonio e D'Incecco, sono finiti il presidente della Regione Luciano D'Alfonso, l'ingegnere Tino Di Pietrantonio, l'architetto Enrico Di Paolo, ex assessore provinciale, Fabio Ferrante, collaboratore di D'Alfonso nell'ufficio di presidenza della Regione e consigliere comunale a Lettomanoppello, e due collaboratori di Marcantonio: il geologo Giovanni Ciccone e l'architetto Mauro Zaccagnini. Tutti gli indagati, tranne Di Marco, Ciccone e Zaccagnini, sono accusati di atti propedeutici alla turbativa d'asta. Oltre a Di Marco, la corruzione è invece contestata anche a D'Incecco, Marcantonio, Di Paolo, Di Pietrantonio, Ciccone e Zaccagnini. L'accusa, tutta da provare, ritiene che sarebbe stato turbato «il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto dell'iter selettivo volto alla scelta dei liberi professionisti da incaricare nell'ambito della procedura relativa alla fase progettuale preliminare ed esecutiva del Parco». Questo, sempre a giudizio dell'accusa, sarebbe avvenuto «mediante mezzi fraudolenti». Sostanzialmente avrebbero «preconcertato i liberi professionisti ai quali affidare gli incarichi tecnici che solo simulatamente sarebbero stati opzionati mediante metodo concorrenziale». Questo sarebbe avvenuto in riunioni «extra istituzionali e calendarizzato in contesti meramente ufficiosi». D'Alfonso e Ferrante avrebbero preindividuato «in concreto i nominativi dei progettisti». Per quanto riguarda invece Di Marco, avrebbe «attestato falsamente, con dichiarazione fidefacente», nell'ambito della Convenzione per l'Attuazione degli investimenti del Masterplan, sottoscritta il 10 novembre 2016 tra Regione e il soggetto attuatore Provincia di Pescara, «che lo studio di fattibilità fosse il livello progettuale dell'intervento, evidenziando che tale studio progettuale fosse atto derivante dalla Provincia di Pescara, ovvero frutto delle competenze interne dell'ente e non già di altri soggetti privati». Sempre secondo l'accusa, Di Marco e D'Incecco avrebbero ricevuto lo studio in questione dall'architetto Marcantonio, assistente al Reponsabile unico del procedimento (rup). Ma la difesa è pronta a rispondere. Come? La linea potrebbe essere semplice ed efficace: tutte le riunioni infatti sono state videoregistrate. Per di più le parcelle (2.900 euro più 6.100) dell'assistente al rup, non ancora percepite, sono fin troppo basse per un importo di 3.5 milioni e la turbativa d'asta non può esserci se non c'è ancora una gara. Inoltre la figura di assistente al rup non è una forzatura ma è prevista dal nuovo codice degli appalti. Mancando all'accusa queste basi, tutto il resto, compresa la corruzione, intesa come spartizione di incarichi e parcelle, verrebbe a crollare.

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