ROMA «In questo momento ci muoviamo in una direzione chiara: chiusura programmata e riconversione economica dell'Ilva». I dirigenti di M5S sbarcano in massa a Taranto per incontrare i sindacati aprendo di fatto la prima vera crepa nel governo in rampa di lancio. I progetti manifestati da Lorenzo Fioramonti, consulente economico di Luigi Di Maio, urtano in maniera evidente con il percorso faticosamente tracciato per il polo siderurgico (destinato a finire nelle mani di Arcelor Mittal entro fine giugno) ma soprattutto con la linea politica dell'alleato. «Chiudere l'Ilva è assolutamente da pazzi e so che anche i 5 stelle stanno rivedendo queste posizioni: quando si passa dall'opposizione al governo si deve fare i conti con il territorio e con un senso di responsabilità sicuramente maggiore» ha avvertito il deputato pugliese della Lega, Rossano Sasso. «Ilva ha spiegato il parlamentare rappresenta il 50% del Pil regionale. Certo, vanno difesi salute e livelli occupazionali ma facciamo scappare l'acquirente». Appare dunque evidente che nei prossimi giorni si dovrà arrivare a difficile compromesso all'interno della neo maggioranza. Tanto più che, stando a quanto dicono i pentastellati, la chiusura va fatta in un periodo di tempo relativamente breve, ma non brevissimo. «Non pensiamo ai 20 anni o ai 30 anni, non pensiamo nemmeno a un anno o sei mesi, ma comunque è un percorso che va intrapreso» ha incalzato Fioramonti. Il quale ha incassato l'apprezzamento di Michele Emiliano. «C'è attenzione per il progetto di decarbonizzazione avanzato ormai da due anni dalla Puglia: è un segnale di cambio di metodo rilevante» ha detto il governatore delle Regione.
PORTA STRETTA
Accenti molto diversi da Forza Italia. «La cordata che un anno fa ha rilevato Ilva lo ha fatto sulla base di un presupposto contrattuale, ove questo venisse meno ed Ilva venisse chiusa ci sarebbero penali altissime da pagare e ci sarebbero quattordici mila persone a spasso» ha ricordato Anna Maria Bernini, capogruppo Fi al Senato. Polemico il ministro dello Sviluppo economico. «Come si fanno a dire le superficialità dei 5 stelle? Ilva o la chiudi o la risani: con quali soldi la tieni aperta a tempo?» si è chiesto Carlo Calenda. Più cauti i sindacati. «I Cinque Stelle ci sono sembrati generici, approssimati e non sono entrati nel merito. Non ci hanno saputo dare dettagli nè sulla chiusura progressiva degli impianti di Taranto, da loro richiamata, nè sulla riconversione» le parole di Cisl e Uil. Le polemiche politiche, comunque, non arrestano la road map del passaggio di proprietà. Oggi a Roma è previsto un nuovo incontro tra Am Investco, che controlla Arcelor Mittal, e sindacati metalmeccanici. Sarà un incontro informale tra le parti, fanno presente i sindacati, senza coinvolgimento del Mise che pure sabato scorso, attraverso il ministro Calenda e il vice Bellanova, si era detto pronto a intervenire di nuovo e a riaprire la trattativa per evitare la chiusura della fabbrica. Nell'incontro che azienda e sindacati hanno avuto una settimana fa, questi ultimi hanno ribadito la loro posizione in merito all'assunzione, da parte di Am Investco, di tutto il personale Ilva (attualmente poco meno di 14 mila unità in tutta Italia, di cui quasi 11mila a Taranto) ma Mittal per ora tiene ferma la sua posizione che è quella indicata nel contratto sottoscritto col Governo Gentiloni: 10 mila assunti che poi, alla fine del piano industriale, nel 2023, scendono a circa 8.500.