Venti milioni di euro spesi in una manciata di anni per ritrovarsi alla posizione di partenza come al gioco dell'oca, con i fondali impraticabili. Un fiume di denaro speso per rimuovere sabbia detriti e fanghi del fiume vero, il Pescara, con l'obiettivo finora fallito di ripristinare la navigabilità del canale e della darsena commerciale. Flussi di denaro pubblico che hanno trasformato lo scalo marittimo in un pozzo, anzi in un porto di San Patrizio. Al conto dei ripetuti quanto inutili dragaggi costati 9, 4 e 13 milioni si aggiungono oggi i 3 milioni e mezzo per lo sfondamento della diga foranea e gli 800mila per la soffolta, i cui lavori sono in corso. Il tutto in attesa del jackpot da 31 milioni (da Regione e Cipe) per la costruzione dei moli guardiani per deviare il fiume e limitare l'insabbiamento della darsena.
Per il porto di Pescara è di nuovo l'anno zero. Lo sanno bene gli amministratori di Regione e Autorità di sistema. Lo sanno gli operatori e la marineria che per anni si sono battuti, i secondi anche con azioni clamorose e violente, pur di veder riconosciuto il diritto al lavoro. Le imprese hanno chiuso, il porto commerciale è desertificato da anni, i pescatori stringono i denti e le maglie delle reti. Per una volta c'è motivo di sperare: i lavori procedono speditamente, il governatore Luciano D'Alfonso confida di varare entro agosto il bando per i moli guardiani da realizzare entro 24-36 mesi, ed è annunciato un bando per ripristinare il collegamento con la Croazia, che potrebbe però premiare lo scalo di Ortona. Decisivo sarà il ruolo dell'Autorità di sistema del Medio Adriatico, organismo meglio disposto a investire laddove c'è ritorno economico: e il porto di Pescara oggi rappresenta un costo. «Seguiamo questa fase con fiducia e interesse ma anche con la consapevolezza che i tempi dei lavori non saranno brevi» dicono con sano realismo gli operatori.
IL SOGNO BREVEErano i primi anni duemila quando l'amministrazione comunale targata D'Alfonso ripristinò il collegamento con la Croazia riportando in banchina a Pescara la storica nave Tiziano ribattezzata Ivan Zajc e poi il Pescara Jet della Snav. Anni di rilancio in cui si arrivò a fantasticare rotte croceristiche per Istanbul o verso gli Emirati Arabi. Un libro dei sogni, visto che fino al 2013 sul porto sono stati spesi milioni con zero risultati. Altri soldi promessi dal Governo sono finiti sotto la scure della Finanziaria, poi dragaggi senza effetto e senza senso denunciati dal Pd all'epoca all'opposizione - stagioni di turbolenze tra istituzioni e marineria -, inchieste per presunte mazzette, ricorsi e appalti discussi. Così il porto ha attraversato i suoi anni più cupi, con commissari, Goio e poi Testa, motivati ma non in grado di dare soluzioni, anche perché spesso frenati da Roma, ragione per cui Testa fu invitato alle dimissioni e fu egli stesso poi a minacciarle. Intanto la Snav tornava per un'apparizione di tre estati, sostenuta dal Comune di Alessandrini e ancor di più dalla Camera di commercio del compianto presidente Daniele Becci. Fine. Al porto si spera adesso di voltare pagina.