Niente incarico oggi. Forse domani. La pausa di riflessione di Sergio Mattarella su Giuseppe Conte, il premier proposto da 5Stelle e Lega si allunga di un giorno.
Sul Colle osservano con la massima attenzione le notizie piovute sul giurista di area pentastellata appena il suo nome è finito sotto le luci della ribalta: le forzature sul curriculum svelate dal prestigioso New York Times, che lo definisce «un professore semi sconosciuto». Un «novizio senza esperienza» per il Wall Street Journal. Bordate e scivoloni che preoccupano il Quirinale perché Conte, già debole in termini di credibilità internazionale, standing e legittimazione politica, ha finito inevitabilmente per indebolirsi ulteriormente. Da sconosciuto è diventato in poche ore conosciuto per le inesattezze scritte nel suo ampio curriculum. E il rischio paventato ieri era quello di dargli l'incarico a formare il governo giallo-verde, per poi ritrovarsi il giorno dopo sul tavolo la sua lettera d'addio.
Ecco spiegato così l'ulteriore rinvio di Mattarella, che oggi leggerà i giornali con molta attenzione. Sperando che Conte non ne esca troppo a pezzi e che il diretto interessato trovi il modo per trarsi d'impaccio. Sul Colle, insomma, vogliono capire se il potenziale premier ce la può fare. Con una preoccupazione che si somma alla preoccupazione: se dovesse sgretolarsi il candidato alla presidenza del Consiglio proposto lunedì da Di Maio e Salvini, crollerebbe l'intero impianto.
L'ALTRA OPZIONE E I RISCHI
La virata su Di Maio, un nome che Mattarella avrebbe gradito in quanto capo del partito di maggioranza relativa e dunque legittimato dal voto popolare, non appare infatti praticabile. Certo, c'è il rischio che Conte diventi un mero esecutore, una sorta di premier teleguidato dai leader 5Stelle e Lega. Tant'è che lunedì, durante i colloqui, il capo dello Stato ha fatto presente a Di Maio e a Salvini che la Costituzione - all'articolo 95 - affida al presidente del Consiglio il ruolo cruciale di responsabile «della politica generale del governo». Ma è altrettanto vero che virare adesso su Di Maio, imponendo la sua premiership a Salvini, vorrebbe dire andare a sbattere: al Quirinale hanno annotato con attenzione la reazione furente del capo leghista, quel minacciare «se salta Conte, salta tutto e si va alle elezioni», al solo sentir di nuovo parlare dell'ipotesi-Di Maio per palazzo Chigi. E hanno tratto la conclusione (salvo sorprese) che questa strada è irrimediabilmente sbarrata.
Così, chi ha parlato con Mattarella, tira le seguenti conclusioni: «E' vero che il Presidente avrebbe preferito un'opzione di tipo politico, ma siccome gli è stato proposto un tecnico e non appaiono all'orizzonte altre soluzioni, si tratta solo di aspettare. E di vedere come, nelle prossime ore, ne uscirà Conte».
C'è da dire che la questione del premier non è la sola all'esame del capo dello Stato, in questa nuova pausa di riflessione e dopo aver ricevuto i presidenti di Camera e Senato, Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati. Mattarella legge da giorni sui giornali e nelle dichiarazioni di grillini e leghisti l'elenco dei ministri. E, non senza irritazione, ricorda ai suoi che sempre in base alla Costituzione tocca a lui la nomina - su proposta del presidente del Consiglio - dei responsabili dei vari dicasteri. Perciò ritiene che tutto questo dibattito sulla squadra di governo sia del tutto inappropriato.
Ma al di là della forma, che nelle questioni istituzionali è spesso anche sostanza, ciò che più allarma il Quirinale è la determinazione con la quale Salvini insiste per l'Economia su Paolo Savona, noto e stimato economista da qualche tempo approdato su posizioni anti-euro. Secondo il capo della Lega, la nomina di Savona servirebbe a bilanciare l'arrivo agli Esteri e agli Affari europei di due europeisti: Giampiero Massolo e Enzo Moavero Milanesi, entrambi indicati da Di Maio. Ma a giudizio di Mattarella, secondo le indiscrezioni di diversi interlocutori esterni al Colle, questo scambio non può essere tollerato. Il no-euro Savona, che dovrebbe rappresentare l'Italia all'Ecofin e tenere le chiavi delle casse pubbliche, non può andar bene. Di questo però il Presidente parlerà con Conte se domani gli conferirà l'incarico a formare il governo. Come con il premier giallo-verde parlerà del difficile accorpamento di Lavoro e Sviluppo economico, proposto per sé da Di Maio. Ma ora, vista la burrasca abbattutasi sul promesso premier, è meglio attendere ancora un po'.