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Pescara, 24/11/2024
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Data: 24/05/2018
Testata giornalistica: Il Centro
L’affondo di Boccia «Il contratto non va». Mancano le risorse. Scetticismo su tanti obiettivi del programma di governo. E avverte che la politica sbaglia se indebolisce l’economia

Le prime parole per sottolineare la «capacità di dialogo sui temi dell'industria» del Governo uscente: con un lungo applauso della platea a Paolo Gentiloni, e ancora applausi e sintonia con il ministro Carlo Calenda. Poi, la relazione del leader degli industriali, Vincenzo Boccia, all'appuntamento annuale dell'assemblea di Confindustria, si è rivolta quasi interamente ad un «convitato di pietra»: le forze politiche impegnate nella formazione del nuovo Governo, assenti in platea. Nessun riferimento esplicito a Lega e M5s, toni cauti, ma indirettamente l'intera relazione del leader degli industriali sembra smontare punto dopo punto il «contratto» di Governo: dalla questione industriale come «priorità» mentre «da noi si vuole chiudere l'Ilva», ad una Europa «imprescindibile» perché «l'Italia vince e avanza con l'Europa e dentro l'Europa», alle «scelte strategiche» su infrastrutture come Terzo Valico, Tav e Tap da non mettere in discussione perché il prezzo sarebbe «marginalità, isolamento. Una enorme perdita di credibilità», e perché non può passare l'idea «che ad ogni cambio di maggioranza politica si torna indietro». Per Confindustria non aiuta il Paese «chi ha bisogno di raccogliere consenso tutto e subito, perché il suo orizzonte è corto e vive nella condizione di una perenne campagna elettorale». Ed è netta la sottolineatura sulla «democrazia che ha bisogno di leader che sappiano scegliere, assumere responsabilità, avere sempre chiaro l'interesse nazionale », come è stridente la contraddizione con «i tanti obiettivi e le promesse elettorali» se «non è affatto chiaro dove si recuperano le risorse» per realizzarli. La sintesi del pensiero di Boccia è nell'invito a «cambiare senza distruggere ». L'analisi e le preoccupazioni degli industriali sono chiare: «Non ci può essere una politica forte senza una economia forte. E se la politica pensa di essere forte creando le condizioni per indebolire l'economia lavora in realtà contro se stessa». Poi, avanti con le riforme a partire dall'esigenza, come «le recenti elezioni confermano», di garantire la governabilità del Paese: «La democrazia italiana è certamente solida ma la sua efficienza e legittimità sono ancora insufficienti rispetto alle esigenze di un Paese moderno». Quando dopo l'intervento di Boccia è il turno, secondo cerimoniale, del ministro dello Sviluppo economico è evidente la sintonia tra Calenda e gli industriali, che applaudono spesso (in platea anche molti dei ministri del Governo uscente e i leader sindacali). «I problemi e le ferite dell'Italia non si sono chiusi. Rimettersi su un percorso di crescita e sviluppo si è rivelato un lavoro lungo e difficile. Disfare è questione di un attimo», avverte. Crescita e occupazione restano un tema centrale nel ragionamento di Confindustria: «La missione di oggi, tanto attuale quanto ignorata, è una sola: si chiama lavoro». Boccia avverte: serve «meno enfasi sulle pensioni e più sul lavoro», lanciando un nuovo messaggio al governo in costruzione: «Occorre ricucire lo strappo intergenerazionale, non possiamo scaricarne l'onere sui giovani, già gravati».

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