ROMA È ancora quella del ministero dell'Economia (assieme a qualche baruiffa per le Infrastrutture e lo Sviluppo) la casella mancante per il varo del governo giallo-verde.
L'insistenza, prima del Carroccio e ora anche del M5S sul nome di Paolo Savona, l'economista ottantunenne da sempre perplesso se non contrario sulle modalità di funzionamento dei trattati europei sulla moneta unica, ha alzato la tensione con il Quirinale.
Sergio Mattarella è molto preoccupato per le pressioni che potrebbero derivare dall'insistenza delle due forze politiche sia nei confronti del presidente del Consiglio che della stessa presidenza della Repubblica nell'esercizio delle funzioni che la Costituzione attribuisce a tutti due. È un timore che va oltre quello dei presunti veti e che dal Colle viene interpretato come un «diktat». Mattarella ha lanciato anche un avvertimento sui migranti con destinazione finale Matteo Salvini: «Il dossier va gestito con lungimiranza e responsabilità».
Sono timori che tendono a riscaldare il termometro sulle trattative per la formazione del governo e che portano i due leader politici a fine giornata a tentare di raffreddare la colonnina di mercurio. «Dei ministri se ne occuperanno Conte e il presidente Mattarella» chiarisce il leader M5S Luigi Di Maio al termine delle consultazioni. Subito dopo le analoghe dichiarazioni del segretario del Carroccio. «Lasciamo a Conte l'onore e l'onere di proporre a chi di dovere nomi e ruoli di chi si farà carico di realizzare quello che gli italiani si aspettano».
LA PROPOSTA Soprattutto Salvini minimizza il suo pressing: «Ma quali diktat...la nostra è una proposta, non un'imposizione. Non capisco quale sia la motivazione del no a una persona come Savona. Noi andiamo a consigliare, a suggerire e a mettere a disposizione...» precisa.
Anche il premier incaricato getta acqua sul fuoco. Afferma che le consultazioni sono state «utili» per la formazione del governo ed annuncia che dedicherà «l'intera giornata di domani ad elaborare una proposta da sottoporre al Presidente della Repubblica: i ministri che proporrò saranno politici, così come il sottoscritto» sottolinea Conte.
Tant'è che il giurista comincia immediatamente a segnare l'impronta del suo governo, incontrando subito una delegazione dei risparmiatori «vittime» delle banche e già domani il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco. «Questa tutela sarà uno di principali impegni di questo governo, il governo del cambiamento. Chi ha subito truffe o raggiri sarà risarcito» promette Conte. Che comunque, come gli ricorda il Pd Ettore Rosato, può contare su 100 milioni già stanziati dal precedente governo.
Ma in attesa di vedere quale sarà la squadra che l'incaricato porterà al Colle probabilmente entro domani quello che si registra oggi è un allineamento tra Lega e M5s sulla candidatura di Savona, bandiera del Carroccio ed ora rivendicato anche da Luigi Di Maio che dice: «Siamo perfettamente allineati». E con i suoi fa notare quanto proprio il nome dell'economista sia quello «meno impallinato» dalla stampa.
Intanto il governo nascente non convince le opposizioni con Berlusconi e Renzi che attaccano a fondo da punti di vista diversi: il primo chiede garanzie sulla giustizia il secondo sottolinea i dubbi sulla capacità di governo della coalizione.
La replica arriva da Davide Casaleggio al margine di un convegno sull'e-commerce: «Giuseppe Conte sarà all'altezza della situazione perché vanta serietà e professionalità».
L'avviso in extremis del Presidente: Palazzo Chigi dimostri autonomia
ROMA L'irritazione nei confronti dei due è palese. Ciò che sconcerta Sergio Mattarella è lo sgarbo istituzionale che Salvini e Di Maio infliggono soprattutto al presidente del Consiglio incaricato che trattano come un re travicello al quale hanno già imposto il programma e ora intendono consegnargli una lista di ministri bella e fatta.
IL CORSO Il diktat su Paolo Savona, che tutti e due i leader - ma soprattutto il leghista - vogliono al ministero dell'Economia, per il Quirinale è inaccettabile e certamente non può essere questo l'argomento che il premier incaricato dovrà usare con Mattarella quando e se spiegherà la scelta. La reiterata interferenza di Salvini, solo in parte corretta nel corso della serata di ieri, nelle funzioni attribuite al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio, viola in maniera palese l'articolo 92 della Costituzione. L'abitudine alle ruspe, la fretta di arrivare dopo ottanta giorni di estenuanti trattative, la voglia di non mandare sprecato il secondo e ultimo mandato previsto dalle regole grilline, non sarà certo impedita da presunti veti quirinalizi su nomi che i due partiti cercano di imporsi a vicenda. Diverso è valutare come i singoli candidati a ministro intendono il rapporto che l'Italia deve avere con i partner europei ed atlantici. Su questo il presidente della Repubblica ha avuto modo di esprimersi più volte e anche di recente. Moniti e preoccupazioni per possibili derive dalle quali lo stesso premier incaricato ha preso le distanze subito dopo l'incontro al Quirinale. Ovviamente la capacità di autonomia che il premier incaricato saprà esprimere nella composizione del suo gabinetto attraverso la nomina di ministri di cui è responsabile, avrà un peso nel corso della legislatura. I rapporti tra palazzo Chigi e presidenza della Repubblica sono stati da sempre costanti e potranno continuare ad esserlo qualora il premier, come prevede la Costituzione, è in grado di avere quella sufficiente autonomia che gli permetta di mantenere l'unità di indirizzo politico e di coordinare l'attività dei ministri. Arrivare oggi al Quirinale con la lista dei ministri scritta in altre sedi e imposta, riduce fortemente i margini di autonomia di un presidente del Consiglio incaricato e rischia di pregiudicare i rapporti con il Quirinale che sul forte euroscetticismo di Paolo Savona continua ad aver fortissime perplessità. La barricata eretta dalla Lega sul nome dell'economista che si cerca di imporre al ministero dell'Economia e l'arrivo dello stesso Salvini al ministero dell'Interno, rischiano di accentuare ancor più l'impronta sovranista, euroscettica e di destra. Malgrado Di Maio abbia inizialmente cercato di fare sponda con il Quirinale per evitare l'ascesa di Savona, alla fine è prevalsa la voglia di governo. Un esecutivo, quello che sta per nascere, forte di una doppia SS. Quella di Salvini e quella di Savona. Uno impegnato a dar la caccia ai migranti, l'altro ad alzare la voce a Bruxelles e Berlino scommettendo sulla voglia che ci sarebbe nelle due capitali di pagare qualunque prezzo pur di tener l'Italia nella Ue e nella moneta unica.
Il muro eretto ieri dal Quirinale nel respingere i diktat di Salvini e Di Maio nella scelta dei ministri, mira a difendere l'autorevolezza del premier e del Paese che dovrebbe governare per cinque anni e rappresentare tra qualche giorno al G7 in Canada. Malgrado non si tratti di galateo, ma del rispetto di norme costituzionali, ieri non si sono levate molte voci a difesa delle prerogative dei due presidenti. In silenzio anche le due presunte opposizioni: Pd e FI.