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Data: 25/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Tesoro, Savona più lontano Scogli su Esteri e Trasporti. Conte: «Il popolo nel Palazzo» E riceve i truffati delle banche

ROMA «Un castello di carta. Se ne spostiamo una c'è il rischio che venga giù tutto». Sarà la voglia grillina di andare a comandare, ma la definizione che il deputato a cinquestelle dà a metà pomeriggio della lista dei ministri riduce di molto i margini del presidente del Consiglio incaricato. Un problema per Giuseppe Conte che oggi lavorerà alla lista dei ministri che domani intende presentare al presidente della Repubblica. Il Quirinale ha fatto intendere da tempo che il Presidente sui quattro ministeri-chiave (Esteri, Economia, Difesa e Interno) farà valutazioni molto approfondite. Esclusi i leader politici legittimati dal voto popolare - è il caso di Matteo Salvini che dovrebbe andare al Viminale - sugli altri Conte e Mattarella saranno chiamati a decidere secondo Costituzione.
I COMPLOTTI Ovviamente i problemi più grossi li solleva Paolo Savona che Salvini vorrebbe al ministero dell'Economia. Il professore, con le sue intemerate contro l'euro, la Germania e l'Unione, non gode di particolari simpatie al Colle. L'idea di Savona di preparare l'Italia all'uscita dalla moneta unica rischia di spaventare ancor più i mercati. Lo spread, già vicino a quota duecento, non spaventa Salvini già pronto a parlare di presunti complotti, ma comincia a preoccupare lo stesso Conte. Ieri pomeriggio, nel corso delle consultazioni e riferendosi proprio a Savona, Conte è stato chiaro: «Non voglio guastafeste». Resta ora da vedere se il premier incaricato avrà la forza di sostenere l'esclusione dell'economista o, quantomeno spostarlo ad altro incarico. A Conte toccherà trovare oggi un'alternativa che metta d'accordo M5S e Lega e che abbia un profilo europeista, seppur critico. Giancarlo Giorgetti ha tutte le carte per guidare il Mef, ma per i grillini si tratterebbe dell'ennesima concessione. Ieri pomeriggio, malgrado la dura nota del Quirinale contro i diktat di Di Maio e Salvini sui ministri, proprio il leader della Lega ha confermato a Silvio Berlusconi che «su Savona io non mollo». Il leader del Carroccio pochi giorni fa già con Di Maio era stato chiaro: «Se non c'è Savona per me salta tutto».
E così sulla casella dell'Economia rischia di saltare il tentativo di Conte che rischia una bocciatura se si presenta domani al Quirinale con Savona ma che al tempo stesso non avrà dalla Lega via libera su altri nomi.
Le difficoltà che esistono sulla casella di via XX Settembre rischiano di avere ripercussioni anche su altre posizioni. Agli Esteri la candidatura di Giampiero Massolo viene data in discesa e in difficoltà anche quella di Enzo Moavero che poco piace al M5S. In alternativa spunta il nome dell'attuale ambasciatore a Doha Pasquale Salzano considerato vicino a Di Maio. Quest'ultimo, malgrado le resistenza della Lega, è convinto di dover assumere e in un certo senso mischiare, le competenze dei ministeri del Lavoro e dello Sviluppo Economico. Nascerebbe una sorta di super ministero che oltre a dover attuare il reddito di cittadinanza sarebbe chiamato ad affrontare le più importanti crisi aziendali. A Di Maio, al suo secondo e ultimo mandato, non interessa il dicastero della Farnesina, ma vorrebbe lasciare la sua impronta più sul versante sociale. Senza contare che al Mise fanno capo anche le Telecomunicazioni, argomento sensibile per la Lega che intende mantenere buoni rapporti con Berlusconi.

LA LISTA Problemi anche per il ministero delle Infrastrutture. Al M5S non piace Giuseppe Bonomi e preferirebbe il senatore Mauro Coltorti. L'Istruzione, malgrado i malumori interni, dovrebbe andare a Vincenzo Spadafora. Per la Difesa in pole resta Emanuela Trenta, per la Giustizia Alfonso Bonafede, ammesso che abbia i requisiti minimi. La Lega potrebbe schierare l'avvocato Giulia Bongiorno ai Rapporti con il Parlamento, Nicola Molteni all'Agricoltura, Simona Bordonali alla Famiglia, Gian Marco Centinaio al Turismo-Affari Regionali. Lorenzo Fontana sembra in corsa come sottosegretario alla presidenza del Consiglio magardi in condominio con Giancarlo Giorgetti.


Conte: «Il popolo nel Palazzo» E riceve i truffati delle banche

ROMA «Sono sempre stato un secchione, come si sa». Dunque, neanche la pausa pranzo si concede l'Incaricato nel suo debutto a Montecitorio. Sul tavolo ha una copia del contratto di governo, e si vanta con tutti: «Ho contribuito a scriverlo in varie parti». Ogni tanto lo guarda, ogni tanto lo cita. Intanto Giuseppe Conte consulta le delegazioni dei partiti, e oggi vedrà il governatore di Bankitalia, Visco. Consulta, e non telefona: neppure all'ex moglie Valentina, con cui mantiene ottimi rapporti, neanche alla compagna Olivia Paladino, bella donna appariscente, più giovane di lui e figlia del padrone dell'Hotel Plaza. Consulta, ma scrive anche la lista dei ministri.
E' seducente con tutti, e dice «grazie» continuamente, l'Incaricato. Nella Sala dei busti, al primo piano, tutto si svolge dalla mattina alla sera. Nel pomeriggio annuncia: «Subito il reddito di cittadinanza». Poi: «Porto il Popolo nel Palazzo», confida Conte a un amico e infatti all'ora di cena invece di andarsi a mangiare una margherita alla pizzeria Montecarlo dietro casa sua - abita in Vicolo Savelli, dove c'è anche il migliore speak easy di Roma e a lui piace bere bene, ma poco - o fare una cenetta all'Arancio d'Oro ristorantino tra i suoi prediletti, accoglie a Montecitorio una folta delegazione dei truffati dalle banche. E promette loro: «Sarete risarciti». Questi s^, che è un Avvocato Difensore del Popolo Italiano!
IL VIAVAIC'è una segretaria che prende appunti sui colloqui e un addetto - Tommaso Donati - del servizio legislativo dei senatori M5S - partito che marca stretto Conte e lo controlla anche nel suo debutto su Instagram dove è sbarcato ieri e ha subito fatto quasi 11mila followers - il quale lo assiste per le questioni tecniche. Ma ecco che arriva Berlusconi. La prima cosa che gli dice è questa: «Ma lo sa che per venire da lei mi sono ferito? Ho sbattuto con il naso sulla porta dell'ascensore, mi hanno portato all'infermeria della Camera dove sono stato tamponato ma sarei venuto a conoscerla anche dissanguato». Berlusconi lo ascolta, poi dirà di lui: «Ho avuto una buona impressione. Magari quei pazzi dei grillini fossero tutti come lui!». Il quale, antropologicamente, non è lontano dai forzisti. Se Silvio lo avesse sottoposto a un casting lo avrebbe assunto al volo (anche per la sua eleganza di sartoria e per la rasatura perfetta) e comunque Conte tramite l'avvocato Alpa era in contatto - pugliesi, avvocati - con il compianto Donato Bruno parlamentare fidatissimo di Berlusconi e queste cose aiutano. Come la vicinanza di Conte a quel milieu romano di professionisti, definibile come lettiano e situabile tra il circolo Canottieri e l'Aniene.
«Giornata proficua», è il commento finale dell'Incaricato. Ad alcuni dei suoi ospiti, dice: «Il divieto di vincolo di mandato? Si possono trovare soluzioni, per non eliminarlo. Magari introducendo incentivi per non far cambiare casacca». Ma Di Maio e Salvini glielo faranno fare?
Conte al mattino si è fatto dare le foto di tutti i capigruppo, per evitare gaffe. Ma con il radicale Magi non ci riesce e lo scambia per un altro. Occhio, stanno entrando quelli del Gruppo Misto. Il presidente, altoatesino, Manfred Schullian lo saluta così: «Guten abend» (buona sera) e lui risponde in tedesco. Poi si passa all'italiano. Conte fa una lezioncina sulle autonomie, citando l'articolo 116 della Costituzione. E prima di uscire dalla sala, Schullien gli dice: «Basta, ora ce ne andiamo, perché se restiamo un altro po' le votiamo la fiducia».
Giuseppe il Suadente, Conte il Cerimonioso, mira insomma ad allargare la sua base. «Vedo molta voglia di responsabilità», osserva. Intanto ha incontrato Emma Bonino che poi commenta: «Mi è sembrato un buon tipo. Non si sente onnipotente». Il che è ovvio, visto come lo marcano stretto i grillini. E Di Maio con Fraccaro e Sibilia a un certo punto sembrano piantonare la porta chiusa delle consultazioni. Sennò l'Incaricato scappa?
Si fa notte. Il tempo di mangiare una cosa. E di restare sveglio a fare e rifare-rifare-rifare la lista dei ministri. Giurando a se stesso: «Non sono un tipo che si arrende». Ma stavolta è dura.

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