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Data: 26/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Partecipate, 1.600 sono da chiudere. Dalla ricognizione si conferma che circa un’azienda su tre dovrà essere dismessa o ceduta perché senza i requisiti. In base alle nuove regole non sono consentite società prive di dipendenti, quelle che nella media dell'ultimo triennio hanno registrato un fatturato sotto il milione di euro, quelle inattive che non hanno emesso fatture nell'ultimo anno, quelle che svolgono all'interno dello stesso comune o area vasta doppioni di attività, quelle che negli ultimi cinque anni hanno fatto registrare quattro esercizi in perdita e quelle che svolgono attività non strettamente necessarie ai bisogni della collettività.

ROMA Da una prima analisi non sarebbero in regola circa 1.600 società partecipate. Che quindi, in base alla riforma Madia, devono essere dismesse o chiuse. E così ieri - praticamente come ultimo atto ufficiale del ministro Padoan - dal Mef sono partite le prime 170 lettere di allert alle amministrazioni pubbliche che - si legge in una nota - «nel quadro della riforma delle società partecipate, potrebbero risultare inadempienti per aver dichiarato l'intento di non procedere a razionalizzazioni o dismissioni».
In base alle nuove regole non sono consentite società prive di dipendenti o quelle che hanno un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori, quelle che nella media dell'ultimo triennio hanno registrato un fatturato sotto il milione di euro, quelle inattive che non hanno emesso fatture nell'ultimo anno, quelle che svolgono all'interno dello stesso comune o area vasta doppioni di attività, quelle che negli ultimi cinque anni hanno fatto registrare quattro esercizi in perdita e quelle che svolgono attività non strettamente necessarie ai bisogni della collettività.
Al Ministero dell'Economia e Finanze, attraverso un'apposita struttura, hanno monitorato le dichiarazioni rese da un primo gruppo di 300 enti, (Regioni, Province e Città Metropolitane, Comuni capoluogo di provincia e Comuni non capoluogo con popolazione superiore a 50.000 abitanti). Successivamente, saranno monitorate le partecipazioni detenute dagli altri enti che hanno dichiarato di voler mantenere le partecipazioni senza adottare misure di razionalizzazione.
I PALETTI
Intanto il primo risultato è in linea con le precedenti valutazioni: circa una società partecipata su tre dovrà essere dismessa. Alla chiusura della rilevazione è risultato che il 90 per cento dei circa 10.500 enti tenuti ad effettuare la ricognizione straordinaria ha provveduto alla trasmissione del piano. Il restante 10 per cento è rappresentato per la gran parte da comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti ed è presumibile che il numero delle partecipazioni da questi detenute non sia tale da modificare sostanzialmente il quadro complessivo dei risultati della rilevazione.
Le amministrazioni hanno comunicato la detenzione di 32.486 partecipazioni, riconducibili a 5.698 società, delle quali 4.738 sono direttamente partecipate dalle amministrazioni dichiaranti. «Le analisi finora effettuate - fa sapere il Mef - hanno portato allindividuazione di circa 1.600 società che presentano elementi di criticità rispetto alle disposizioni della riforma».
Con l'invio delle lettere naturalmente non si esaurisce il lavoro della Struttura di monitoraggio. Il nuovo applicativo Partecipazioni è quasi pronto: servirà agli enti per comunicare i dati relativi alle partecipazioni detenute al 31 dicembre 2017, nonché gli esiti definiti in sede di razionalizzazione periodica, i cui provvedimenti dovranno essere approvati, in base alle disposizione della riforma, entro il 31 dicembre 2018. Sarà questo un ulteriore momento di verifica dell'effettiva attuazione delle misure di razionalizzazione indicate nei piani di revisione straordinaria, quali alienazione, fusione, messa in liquidazione della società.
Gli ultimi dati disponibili dell'Istat indicano circa diecimila partecipate (9.655) di cui il 23,5% in perdita, una su quattro poi non ha dipendenti e oltre mille sono inattive.

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