Stanchi. Stufi. Il 76% degli italiani è spossato dal lungo interludio post elettorale. Il governo di contratto tra i Cinquestelle e la Lega è ritenuto giusto e necessario dalla maggioranza del Paese (51%), con un consenso in salita del 2% rispetto alla scorsa settimana (per nulla scalfito dalle polemiche esplose intorno al curriculum del Presidente del Consiglio incaricato).
Il sì all'intesa cresce tra gli elettori pentastellati (+8%) e tra i leghisti (+5%), ma lievita anche tra gli elettori Pd (al 30%, con un +12% rispetto alla scorsa settimana) e tra i non collocati (47%, con un + 5%). Solo tra i supporter di Berlusconi l'accordo verso l'intesa è in calo (-17%). La scelta di Giuseppe Conte alla guida del primo esecutivo che possiamo chiamare poli-tecnico convince il 41% degli elettori. Soddisfa la base elettorale grillina (79%) e un po' più freddamente quella leghista (57%); piace maggiormente all'elettore medio Pd (28%), rispetto a quello berlusconiano (23%). Siamo, ovviamente, alle prime valutazioni. Le incognite sono molte, non da ultimo quella che riguarda la convivenza, all'interno dell'esecutivo, tra un premier tecnico e una squadra politica, che contempla anche la presenza di due leader di partito. Se solo il futuro saprà dirci come andranno le cose, per il momento appare chiaro il quadro tematico su cui il nuovo esecutivo si giocherà la faccia.
I TEMI
Al primo posto c'è la questione lavoro (38%): un aspetto messo sotto la lente, innanzitutto, dalla base grillina (45%). Al secondo posto troviamo l'annoso tema della politica fiscale (35%). Ambito che coinvolge le basi elettorali di Fi (49%) o Pd (51%) e su cui si gioca parte della capacità seduttiva della Lega. Al terzo posto incontriamo il problema immigrazione (28%), su cui sono puntati gli occhi degli elettori salviniani (51%), cui non sfugge la centralità della politica per la sicurezza (15%). Il confronto con l'Europa (21%) si affaccia al quarto posto nell'agenda. Un argomento cui sono sensibili gli elettori del Pd (31%) e, per motivi opposti, i supporter leghisti (21%).
IL TEMA EUROPA
Più disinteressati all'Europa sono i pentastellati (15%), i quali pongono maggiormente l'accento sulle scelte anti-casta (25%). Le pensioni sono al quinto posto, seguite da sicurezza e infrastrutture (che aprono il cuore dei berlusconiani, 28%). Un dato accomuna un po' tutti gli elettorati, anche quello pentastellato: il limitato interesse alla questione Sud e alla scuola. Il nuovo esecutivo e i comportamenti di questi primi ottanta giorni post 4 marzo, aprono fronti di riflessione nei diversi elettorati. Tra i grillini (30%), ad esempio, c'è qualche mal di pancia sull'alleanza con la Lega. Per il momento la flessione elettorale è minima, l'accordo sulla nascita dell'esecutivo è forte, ma per il 30% degli elettori pentastellati l'intesa potrebbe configurarsi come un tradimento dello spirito originario di M5s. Differente è il quadro tra gli elettori della Lega. Solo il 3% dei supporter di Salvini giudica l'alleanza con M5s un vero e proprio tradimento del centrodestra. Il 91% condivide o giustifica tale intesa (il 17%, ad esempio, valuta la scelta un tradimento necessario).
BLOCCHI SOCIALI
Il quadro nei diversi blocchi sociali è in movimento, ma chi spera in un facile tracollo di consensi dei due attori del governo, forse deve raffreddare gli animi. Il legame dell'opinione pubblica con Lega e M5s segue dinamiche differenti rispetto a quelle che hanno coinvolto, nel corso degli ultimi anni, Pd e Forza Italia. I fattori che sorreggono il voto a Salvini e Di Maio non affondano le radici in un'adesione ideale, ma in un profondo senso di disgusto verso la politica e le élite. Il bisogno di cambiamento e il senso di disgusto sono ragioni sentimentali forti, capaci di mitigare, in assenza di vere e nuove alternative, anche le eventuali delusioni di fronte alla non piena realizzazione delle attese o delle promesse (anche perché le persone sanno che nessuno può fare miracoli). Il quadro politico è un perpetuum mobile e se, da un lato, nessuno può dormire sugli allori (nemmeno M5s e Lega), dall'altro lato, le prime reazioni dell'opinione pubblica di fronte alle contraddizioni dell'alleanza, mostrano una certa impermeabilità verso i vecchi cliché della critica governista e moderata. Il nuovo è un percorso da costruire per tutti, per chi governa, ma anche per chi farà opposizione.
Berlusconi: se si vota centrodestra unito ma non è detto che sarà Salvini il leader
ROMA La convinzione nei gruppi di FI e FdI è che difficilmente la Lega strapperà per portare il Paese alle urne. Insomma, per dirla con le parole di La Russa, alla fine qualcuno tra Salvini e Mattarella cederà il passo, «ci sarà una marcia indietro».
Ma Berlusconi l'opzione delle elezioni anticipate non la esclude completamente. E allora ha cominciato a ragionare sull'eventualità. Dipende tutto dal segretario del Carroccio: dopo essersi piegato a M5S su un premier non eletto dai cittadini, se dovesse questa la sua tesi - dare il via libera a ministri grillini nelle caselle considerate strategiche (tra queste Giustizia e Sviluppo) e portare avanti un programma pentastellato, allora l'alleanza di centrodestra andrebbe a sfasciarsi. Con il ritorno alle urne, invece, «la coalizione si ricompatterebbe immediatamente».
E allora sul tavolo del Cavaliere ci sono diverse opzioni: dalla lista unica con FdI e Carroccio ad un soggetto politico nuovo, da un altro nome per Forza Italia alla possibilità di lanciare un nuovo leader azzurro e ritagliarsi il ruolo di regista', nonostante sia tornato candidabile. In ogni caso, assicura chi ha parlato con l'ex premier, l'obiettivo sarebbe quello di un rilancio di una coalizione strutturata in maniera rinnovata e diversa. Ma al momento qualsiasi piano per il futuro resta sulla carta. Si attende di capire quanto il giovane Matteo tirerà la corda andando allo scontro con Mattarella. C'è una riflessione in corso sulle prospettive da qui ad ottobre ma tutto passa, osservano i fedelissimi dell'ex presidente del Consiglio, dal braccio di ferro tra Lega e il Capo dello Stato.
PREOCCUPATO
Di sicuro Berlusconi è preoccupato per l'evolversi della situazione. Per l'aumento dello spread e per le minacce da parte delle agenzie di rating di un declassamento dell'Italia. Ma il nodo Savona' a detta del Cavaliere rappresenta la conferma del precario equilibrio sul quale si basa questo governo, un esecutivo che - continua a sostenere l'ex premier - si poggia su un asse che non si è presentato insieme il 4 marzo e che ha messo nero su bianco un programma non sottoposto ai cittadini. Il giorno delle consultazioni di Conte con le forze politiche Berlusconi ha nuovamente avvisato Salvini di non consegnarsi a Di Maio, ma ora il leader azzurro giudica azzardato l'irrigidimento del Carroccio su Savona. «Ci saremmo aspettati dice un fedelissimo dell'ex premier una difesa da parte di Matteo per un altro ottantenne, ovvero Berlusconi, non per un economista che non ha mai detto una parola a favore del centrodestra. Salvini pagherebbe le conseguenze in prima persona se si andasse alle elezioni». «La crisi si avvita, serve responsabilità», sottolinea l'azzurra Bernini. «Basta perdite di tempo», rilancia Gelmini.
Giorgia Meloni, invece, promuove a pieni voti la battaglia del partito di via Bellerio per l'economista, considera il veto della prima carica dello Stato «una nuova inaccettabile ingerenza di Mattarella»: «Pur senza aver cambiato idea sul governo giallo-verde, offriamo un convinto aiuto per rivendicare il diritto di un governo a scegliere un ministro dell'economia non indicato da Bruxelles. L'Italia è ancora una nazione sovrana», afferma la presidente di FdI.
Berlusconi e Meloni sono pronti a ritornare eventualmente alle urne. Ma in quel caso chiederebbero a Salvini di rivedere il contratto' nel centrodestra: da FI si ribadisce che non è scritto da nessuna parte che Salvini sarebbe il candidato premier dell'alleanza.