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Data: 28/05/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
No di Mattarella, la crisi più grave. Il Presidente sul caso Savona: «Non posso subire imposizioni di ministri anti-euro». Conte rinuncia. Oggi l’incarico a Cottarelli, ma è corsa al voto. Di Maio chiede l’impeachment: è scontro istituzionale. L'argine al ministro anti-euro poi la carta rassicura-mercati

ROMA Come un'operazione a cuore aperto. La giornata politica di ieri è stata ricchissima di colpi di scena e va subito dato atto a tutti gli attori, a partire dal Quirinale, d'averla giocata durante un week end e dunque a mercati inattivi perché altrimenti le ripercussioni sarebbero state drammatiche. Se infatti il grosso della partita è stato squisitamente politico l'orizzonte è stato economico: oggi è in programma una importante asta di vendita dei titoli pubblici sul cui esito già da giorni sono accesi i fari degli investitori di mezzo mondo. Di qui, al termine di una giornata lunghissima, la decisione di Sergio Mattarella di convocare per stamattina al Quirinale l'economista Carlo Cottarelli.
Si tratta dell'ex dirigente del Fondo Monetario Internazionale e dell'ex responsabile della spending review (la revisione della spesa pubblica e soprattutto degli sprechi) che gli italiani hanno imparato a conoscere negli ultimi anni per le sue proposte razionali ma mai esagerate di tagli alle uscite, a partire dalle pensioni.
L'ANNUNCIO
A Cottarelli, peraltro apprezzato durante la campagna elettorale sia da M5S che dalla Lega, il Capo dello Stato Mattarella probabilmente offrirà l'incarico di guidare un governo di garanzia fino alle prossime elezioni politiche. Ma intanto questo economista - dopo 15 giorni durante i quali i tassi di interesse sui titoli pubblici sono costantemente saliti - incarnerà fin da questa mattina un messaggio di stabilità ben spiegato dallo stesso Mattarella nel suo discorso al Quirinale: l'Italia non è allo sbando e gli italiani avranno il tempo per riflettere per bene su cosa fare nei confronti dell'Europa e dell'euro.
L'annuncio è arrivato dopo ore drammatiche. Il film della giornata è il seguente. Nel pomeriggio l'economista euroscettico Paolo Savona, candidato dalla Lega al ministero dell'Economia, ha rilasciato una dichiarazione stampa rassicurante ma nella quale non c'era l'esplicita dichiarazione (peraltro pronunciata al Quirinale da Conte) che l'Italia avrebbe rispetto gli impegni internazionali a partire dalla permanenza nell'euro. Successivamente il presidente Mattarella ha avuto due colloqui al Quirinale sia con Luigi Di Maio che con Matteo Salvini che poi in serata hanno parlato di tradimento del voto popolare. A entrambi Mattarella ha ribadito - come poi ha sottolineato nel suo discorso - di non poter accettare la nomina di Savona non per ragioni personali ma perché - a torto o ragione - la sua figura sarebbe stata letta dagli investitori di tutto il mondo e dai risparmiatori italiani come una ipoteca sulla presenza dell'Italia nell'euro e dunque avrebbe inceppato il vero motore di una moneta seria: la fiducia.
Poi alle 19 è salito al Colle, il presidente incaricato Giuseppe Conte che alla fine di un colloquio senza storia ha rimesso l'incarico.
Infine dal Quirinale ha parlato Mattarella. Un discorso tanto drammatico quanto chiarissimo. Il capo dello Stato ha ricostruito velocemente gli avvenimenti delle ultime settimane spiegando che lui si è adoperato fin dall'inizio delle consultazioni per un governo politico. «In questo quadro - ha detto - ho anche superato le perplessità per l'indicazione a premier di un non eletto come il professor Conte».
Mattarella ha dedicato molto tempo del suo discorso a spiegare le ragioni del suo veto su Savona: «Io - ha spiegato - devo firmare i decreti per le nomine dei ministri assumendone la responsabilità istituzionale, in questo caso il presidente della Repubblica svolge un ruolo di garanzia che non ha subito né può subire imposizioni». Poi il presidente ha parlato dell'orizzonte economico della sua scelta: «L'incertezza della nostra posizione nell'euro ha posto in allarme investitori italiani e stranieri che hanno investito in titoli e aziende. L' aumento dello spread aumenta il costo del debito e riduce la possibilità di spese in campo sociale. Questo brucia risorse e risparmi delle aziende e prefigura rischi per le famiglie e cittadini italiani».
Mattarella ha respinto le prevedibili accuse di non voler tutelare gli interessi degli italiani. «Occorre fare attenzione anche al pericolo di forti aumenti degli interessi dei mutui e per i finanziamenti alle aziende. In tanti ricordiamo quando prima dell'Unione monetaria europea, i tassi sui mutui sfioravano il 20%. È mio dovere nello svolgere il compito di nomina dei ministri che mi affida la Costituzione, essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani. In questo modo si riafferma concretamente la sovranità italiana». Ora la parola passa a Carlo Cottarelli.

L'argine al ministro anti-euro poi la carta rassicura-mercati

Le ha provate tutte, difficile non ammetterlo dopo 84 giorni. Nei colloqui con Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che hanno preceduto l'arrivo al Quirinale di Giuseppe Conte, Sergio Mattarella lo ha sottolineato ricordando anche le critiche gli sono piovute addosso per aver affidato l'incarico ad uno sconosciuto avvocato, non eletto, che avrebbe dovuto guidare un governo politico con un programma già stilato e una lista dei ministri prendere o lasciare.
IL FUMO
Stanco, ma convinto di aver fatto ciò che era in suo dovere, Sergio Mattarella nel discorso di ieri sera ha raccontato buona parte delle ultime ore che hanno preceduto la rinuncia all'incarico di Conte. Soprattutto nel passaggio dove ricorda di aver chiesto «per il ministero dell'Economia l'indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con il programma». Il nome di Giancarlo Giorgetti Mattarella non lo ha fatto in pubblico, ma a Salvini lo aveva chiesto poche ore prima, forte anche del via libera di Di Maio. Così come che, in alternativa, fosse lo stesso Conte a prendere l'interim del Mef in attesa di trovare un nome adatto a convincere gli investitori che proprio oggi dovrebbero sottoscrivere l'ennesima asta di titoli di Stato messi sul mercato da via XX Settembre per coprire il debito pubblico. Ed invece la risposta è stata negativa, seppur fumosa e molto rispettosa da parte di Salvini e Di Maio che hanno ringraziato Mattarella salvo dare, poco dopo, fuoco all'artiglieria.
La debolezza politica del premier incaricato non era una novità, ma ciò che ha sorpreso Mattarella è la difficoltà incontrata da Di Maio a far valere il suo 32% rispetto ad un alleato che di fatto ha imposto tempi e persone. «Non comprendo l'impuntatura di Salvini», ha sostenuto il leader grillino salutando il Capo dello Stato. Con un premier debole e un ministro dell'Economia come Paolo Savona legatissimo a Salvini, quelle rassicurazioni che il presidente della Repubblica aveva posto come condizione (Europa e Alleanza Atlantica), non avevano un garante in grado di convincere gli investitori e tutelare il risparmio delle famiglie. Il veto su Giorgetti da parte di Salvini è stato di fatto l'ultima mediazione che è stata tentata nel primo pomeriggio di ieri da Conte e Mattarella. Ed è proprio sull'Economia che Salvini ha fatto saltare l'intesa grazie alla tenacia di un professore, ex ministro e grande teorico della possibilità di uscita dall'euro, che ha preferito non fare passi indietro, come al Quirinale qualcuno si aspettava, pur di far esplodere uno scontro istituzionale senza precedenti.
Ma c'è un'altra questione che a Mattarella sta a cuore e che ieri ha sostenuto nel suo discorso. Ovvero che non sarà lui a decidere, con un decreto di nomina di un ministro, l'uscita dell'Italia dalla moneta unica. Per verificare se gli italiani lo vogliono, sia quindi oggetto della prossima campagna elettorale visto che «non è stato in primo piano» in quella del 4 marzo. Le fandonie sull evolontà della Merkel o sulle presunte pressioni di Bruxelles o Francoforte non impressionano Mattarella. Certamente non come i warning contenuti nei report degli investitori che parlano di «un crescente rischio Italia» e che tanto più avrebbero trovato forse oggi conferma in borsa e sui mercati finanziari, se dal Quirinale ieri sera non fosse stato fatto in tutta fretta il nome di Carlo Cottarelli, europeista convinto, che oggi salirà al Colle per cercare di mettere su un governo di tre mesi per portare il Paese alle urne ad ottobre. Una scelta, quella di Cottarelli, preferita a quella istituzionale dei presidenti delle Camere, che risponde proprio all'esigenza di rassicurare gli investitori dopo la lunga incertezza e i proclami dell'abortito governo sovranista.
Alla spregiudicatezza con la quale è stata giocata una partita molto complicata, Mattarella ieri sera ha messo fine chiamando un economista molto apprezzato all'estero e anche dai due partiti che hanno tentato di mettere su un governo che - econdo le agenzie di rating - avrebbe fatto esplodere il debito pubblico e portato lo spread alla quota indicata più volte dal professor Savona buona per spingere il Paese fuori dalla moneta unica.
Resta l'amarezza per un tentativo di governo politico fallito e per il ribaltamento che, soprattutto Di Maio, fa poche ore dopo essere uscito dal Quirinale dei suoi rapporti con Mattarella. Il ritorno in campo di Di Battista e la lunga serie di errori del leader grillino non sorprendono il Quirinale che conta in settimana di dare al Paese un governo lasciando al Parlamento ogni decisione. Come promesso non sarà infatti Paolo Gentiloni a portare il Paese al voto. Tantomeno avrebbe potuto farlo Giuseppe Conte, malgrado l'avvocato abbia chiesto a Mattarella di mandare il suo governo alle Camere. Ciò che ieri sera è stata preservata è la forza dell'istituzione Quirinale, che non può subire imposizioni e che ha nel presidente della Repubblica il massimo difensore dell'Italia e del suo sistema fatto di famiglie e di imprese. Gli sfoghi serali di Di Maio, che per la seconda volta, è rimasto incastrato da Salvini, non preoccupano. Oggi c'è l'asta dei titoli di Stato, ed era importante non andasse deserta anche se non sarà facile metter su un governo di tre mesi con ministri che dovranno subire le contumelie delle destre grilline e leghiste.

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