ROMA «Ora si va in piazza e in Parlamento per spiegare agli italiani cosa è successo». Salvini vuole subito passare all'incasso. Il no di Mattarella su Savona diventa la bandiera per la prossima campagna elettorale. Il messaggio da spedire ai cittadini: da una parte c'è il popolo, dall'altra i poteri forti che hanno impedito il governo del cambiamento. Da una parte c'è l'interesse dell'Italia, dall'altra chi invece si fa dettare la linea dalla Germania. E per la Lega ora non c'è altra prospettiva che quella del voto.
«Siamo pronti a tutto pur di andare alle elezioni. Basta trattare, abbiamo perso già troppo tempo», il refrain. La convocazione di Cottarelli per oggi al Colle viene vissuta come una provocazione dalle parti di via Bellerio. Come un tentativo di far saltare l'asse M5s-Lega. Di mettere su uno di quei minestroni' per impedire le urne, contando magari sull'appoggio del Pd e di Forza Italia. La Lega non appoggerà alcun esecutivo guidato dall'ex commissario straordinario della Spending review.
«Non ci sono ha sostenuto Salvini con i suoi possibilità di sostenere un governo alternativo a quello che avevamo messo insieme. Diciamo no a pastrocchi che non portano a nulla». Il giovane Matteo dunque tira dritto e manda un messaggio chiaro: «Attenzione, la gente è arrabbiata. La distanza tra il popolo e le istituzioni non è mai stata così ampia. Evitiamo altri inciuci e operazioni strane». Dopo che Conte ha rimesso l'incarico dunque ci sono solo le urne. «Se andiamo al voto raddoppiamo i consensi. Chi ce lo impedisce dovrà renderne conto al Paese», il ragionamento.
L'OPERAZIONE
Al momento non c'è la volontà di cavalcare l'operazione dell'impeachment annunciata da M5S e promossa anche da Fratelli d'Italia: vorrebbe dire rompere definitivamente con Berlusconi e questo Salvini ancora non l'ha deciso. In ogni caso anche il giovane Matteo metterà la prima carica dello Stato sotto accusa. Ma non attraverso manovre parlamentari. Lo farà in ogni iniziativa pubblica. Chiedendo semplicemente di avere un mandato largo per cambiare le cose. Lo scontro istituzionale è appena cominciato. La prima prova è andata in scena ieri. Negli altri due incontri tra Mattarella e Salvini che si sono tenuti durante le consultazioni con le forze politiche erano già emersi dei contrasti. Ma nel faccia a faccia che ha preceduto l'incontro tra il presidente della Repubblica e il premier incaricato Conte il livello di tensione è stato altissimo. «Non accetto che mi venga imposta una lista di ministri e soprattutto che a decidere siano altri. O c'è Savona nel governo oppure per me può anche saltare tutto», il muro del giovane Matteo.
Poco importa che il Capo dello Stato abbia giudicato una provocazione la lettera dell'economista. L'aspettava già ieri notte o in mattinata, è arrivata al Colle solo pochi minuti prima della sua diffusione. «Che cosa voleva Mattarella? Che andassimo da lui con la testa piegata?», la reazione del leader del Carroccio che ora minaccia fuoco e fiamme. E conferma a più riprese con i suoi interlocutori l'affidabilità e la credibilità di Di Maio e di M5S che hanno sempre appoggiato la battaglia della Lega su Savona. E' ancora presto per capire come evolverà la situazione ma il leader del Carroccio a tutti sottolinea la grandezza del gesto dell'ex vice presidente della Camera. Anche ieri nel suo comizio elettorale a Terni Salvini ha sostenuto di non aver mai tradito il centrodestra. Però i rapporti con Berlusconi restano più che mai tesi. E non si esclude nulla in prospettiva. Neanche un cambio di alleanza. Ovvero un asse M5s-Lega alle prossime urne. Da una parte il popolo, dall'altra chi si è schierato con le élite. Il giovane Matteo non ha gradito che in questi giorni Forza Italia non abbia seguito il partito di via Bellerio nel sostenere l'economista. E ora terrà aperta ogni porta. Ovvero se Berlusconi convergerà sulla linea portata avanti bene, altrimenti ci sarà una separazione netta. Separazione che potrebbe anche essere sancita qualora il partito azzurro dovesse appoggiare un esecutivo Cottarelli.
L'ira di Di Maio: sabotaggio premeditato
ROMA «Era una cosa premeditata, far fallire il governo del M5S e della Lega». Dopo l'aria distesa del pomeriggio, l'uragano che travolge le istituzioni e le precipita in una crisi istituzionale senza precedenti. E che riporta il Movimento, reduce da un faticoso percorso di appeasement con le istituzioni, sulle barricate. La war room pentastellata resta impietrita. L'ordine perentorio è quello di restare in silenzio.
IL GARANTE
#Shhhh», dice il garante del M5S Beppe Grillo. Dura poco. «Coraggio, sono ultimi colpi di coda di animali politici morenti!», scrive su Facebook, pronto a ricandidarsi, Alessandro Di Battista. Che a Fiumicino, a far compagnia a Di Maio, arriva insieme al mancato premier Giuseppe Conte. Nelle chat parlamentari si scatena intanto una rabbia senza precedenti. Luigi Di Maio rompe d'improvviso il feeling maturato in questi 80 giorni con il Colle con parole durissime: «Chiedo l'impeachment per Mattarella. Si è reso complice dell'establishment. Sono molto arrabbiato ma non finisce qui» minaccia il capo politico grillino. Parole sibilline. Che celano la forte tentazione, già accarezzata a caldo insieme a Matteo Salvini, di puntare dritti alle urne come alleati di governo, al grido di Savoia o morte.
Le chance di sostenere un governo del presidente, sono per il M5s pressoché prossime allo zero. «In bocca al lupo a Cottarelli? In bocca al lupo a chiunque. E soprattutto all'Italia», dice amareggiato Giuseppe Conte con parole che sono tutte un programma. Lo scenario che si profila in queste ore, è infatti quello di una guerra comune alle istituzioni che i due partiti hanno intenzione di condurre a testa bassa, fianco a fianco, contro tutte le entità, nazionali e sovranazionali, che nella lettura penta-leghista hanno sabotato il governo del cambiamento. Il piano B emerso a caldo nell'inner circle pentastellato è quello di puntare alle urne in tandem con Lega, sulla base del contratto di governo stilato dagli alleati. «Si tratta di una legislatura mai nata: tutti i parlamentari, i ministri indicati e il nostro capo politico, Di Maio, si ripresenteranno compatti alle urne: la questione del secondo mandato è stata superata dai fatti», spiega l'ex membro del direttorio M5s. Ma le incognite restano tante. A partire da Di Battista, che ha già annunciato la sua ricandidatura. Per arrivare al grande enigma del centrodestra. «Sarà disposto Salvini a rompere definitivamente con Silvio Berlusconi?», si chiedono già i parlamentari M5S. Già.