Piazza, rabbia, attacchi al sistema e feroce opposizione a quello che viene definito «un governo in provetta»: la delusione di Luigi Di Maio per un governo solo sfiorato si traduce in un rilancio impetuoso del Movimento di lotta. In una manciata di ore, e prima di vedere Matteo Salvini alla Camera, la war room pentastellata elabora una prima strategia per uscire da un rischiosissimo «cul de sac», quello di restare intrappolati nell'Opa della Lega. Ed è proprio la Lega che Di Maio, chiamando il suo leader a unirsi all'impeachment contro il presidente della Repubblica, vuole stanare cercando di scoprire che partita vorrà giocare in vista del voto. L'idea è unire il ritorno della piazza - a partire dalla manifestazione del 2 giugno - a un asse parlamentare con la Lega. L'incontro con Salvini si conclude con una fumata bianca e con la volontà di entrambi a far valere la propria forza in Aula, provando a mettere in campo due o tre punti del contratto, quelli che pagano di più in chiave elettorale. Ma la strategia di Di Maio mira anche a scoprire le carte di Salvini. L'idea di un asse elettorale con la Lega, con la prima pronta a rosicchiare voti a FI al Nord e con il M5S concentrato sul Sud, non dispiace ai vertici del Movimento, ingolositi dalle prime rilevazioni dell'Istituto Cattaneo, secondo il quale un'ipotetica alleanza di questo tipo prenderebbe il 90% dei collegi uninominali. Se, invece, Salvini non lascerà Silvio Berlusconi, l'atteggiamento del M5S di certo cambierà e potrebbero anche fioccare le accuse nei confronti dell'ex alleato di governo. Nel Movimento, in realtà, la fiducia in Salvini è al minimo. Diversi parlamentari manifestano la loro delusione per quello che viene definito «il doppio gioco» del leader leghista e alcuni, come Elio Lannutti, sono scettici anche sulla battaglia di Di Maio sull'impeachment per Mattarella. Anche se, mai come ora, il leader del M5S e il Colle sono ai ferri corti. «Ho proposto a Mattarella Alberto Bagnai e Armando Siri come alternative a Savona ma mi è stato detto di no», sottolinea Di Maio in diretta tv. «Sono frasi che non rispondono a verità», è la secca replica dell'ufficio stampa del Quirinale. Ma in serata Di Maio conferma la sua versione e Alessandro Di Battista, sempre in tv, rincara la dose: «il Quirinale mente». Proprio la figura del «Dibba», nelle ore più difficili del M5S, torna in maniera prepotente. C'era lui, domenica, a Fiumicino al fianco di Di Maio. E ci sarà lui nella campagna per un eventuale voto di autunno. «Mi ricandido, probabilmente alla Camera», annuncia Di Battista cercando di spalar via ogni dubbio su un eventuale dualismo con Di Maio: «mi auguro che resti lui il candidato premier», afferma. Ma il ritorno del «Dibba », che accorcerà il suo viaggio in America, se da un lato risulterà fondamentale per il M5S dall'altro potrebbe mettere in qualche difficoltà l'amico Di Maio: non è un mistero che, nella base, si pensi ad una leadership del «big» più movimentista come barriera ad un possibile calo di consensi.