ROMA Certo, ci sono ancora problemi per la lista dei ministri. Alcuni si sono fatti indietro. In particolare non è ancora assegnata la delicatissima casella dell'Economia. Ma se Carlo Cottarelli, a metà pomeriggio, lascia il Quirinale senza annunciare la squadra di governo la ragione è un'altra. Ed è decisa da Sergio Mattarella: trovare un'exit strategy per evitare le elezioni in piena estate, oppure andarci sparati per scongiurare il collasso del sistema-Paese a colpi di spread sventando il rischio-galleggiamento. O, ancora, provare a riaprire al governo 5Stelle-Lega, su richiesta di Luigi Di Maio e del leghista Giancarlo Giorgetti.
Roba da psicodramma, un avvitamento senza precedenti, nel pieno di una pericolosissima tempesta finanziaria. Con Di Maio che in serata compie un triplo salto mortale. Ritira la minaccia dell'impeachment contro Mattarella. Si dichiara pronto a collaborare con il capo dello Stato, si batte il petto con il più classico dei mea culpa («se abbiamo sbagliato lo diciamo»). E chiede il ritorno allo schema del governo politico. Quello che era la prima scelta del Quirinale. Con una grana non da poco: Salvini resiste. Il leader della Lega, l'unico a voler davvero le elezioni (ma non subito, a settembre) sa che per tornare all'esecutivo giallo-verde dovrebbe rinunciare al no-euro Paolo Savona. E per ora resiste, mantenendo la posizione che ha portato alla rottura con Mattarella: «Senza Savona all'Economia niente governo».
Il problema è che in casa Lega cresce l'allarme per la tempesta finanziaria che si abbatte sul Paese. La base lumbard, fatta anche di piccoli e medi imprenditori, non apprezza la corsa forsennata dello spread, la grave incertezza economica. Così Giorgetti, il capogruppo leghista non sempre in linea con Salvini, comincia a muoversi in prima persona. Prima incontrando il premier incaricato Cottarelli, confermandogli il no a concedere una fiducia. Poi sondando il Quirinale. In più, perfino la leader dei Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, appare desiderosa di tornare in partita e di evitare le urne: «Per evitare il caos siamo pronti a rafforzare la maggioranza tra Lega e 5Stelle». Altra spinta, con tanto di proposito a fare il ministro, per il ritorno al governo politico.
LA SPONDA DEM
Tutto nasce da un'accelerazione verso le elezioni. Mattarella fa filtrare che se Cottarelli (com'è scontato) non otterrà la fiducia la prossima settimana, dovrà sciogliere il Parlamento. Con un epilogo paradossale: urne aperte a fine luglio. A questo punto, offrendo sponda al Quirinale, scende in campo il Pd. Intorno all'ora di pranzo il ministro Andrea Orlando, molto vicino a Mattarella, mette a verbale: «Bisogna fissare le elezioni il prima possibile, prima di agosto». Ipotesi rilanciata subito dai renziani Lorenzo Guerini e Andrea Marcucci. E infiocchettata dal no alla fiducia, con annuncio della relativa astensione, dal reggente Maurizio Martina: «Se è un governo è neutrale non deve avere sostegno politico».
LA CAPRIOLA DI DI MAIO
Una doppia mossa che, insieme al caos finanziario, getta nel panico Di Maio. Scatta un incontro con Salvini. Poi continue telefonate. Il capo 5Stelle arriva, secondo diverse fonti, a offrire a Salvini perfino palazzo Chigi pur di evitare le elezioni. Ma è più probabile che il premier lo faccia proprio Giorgetti. Di sicuro, dribblando il timore di perdere la faccia, Di Maio si lancia in un'acrobatica frenata. Ritira la minaccia di impeachment («non è più sul tavolo») e annuncia: «Spero nel voto il prima possibile, ma siamo consapevoli che la situazione è difficile e siamo disponibili a collaborare con il presidente della Repubblica».
Al momento però il leader leghista resta fermo sul «Savona o niente». Ma chissà. Anche perché Mattarella fa sapere di essere disponibile a riaprire la pratica del governo-giallo verde per liberare il Colle dall'assedio populista, a condizione di incassare l'epurazione del promesso ministro no-euro. E c'è perfino chi arriva a indicare Cottarelli all'Economia. Paradossale? Sì. Come l'intera vicenda.
Ma del resto, lo stesso Salvini non appare entusiasta di andare al voto in luglio. E 5Stelle e Lega si muovono come chi non ha alcuna intenzione di correre verso le elezioni. Il capo lumbard in persona invoca l'insediamento delle commissioni «per far lavorare il Parlamento», in modo da «smontare un pezzo della legge Fornero e tagliare tasse e vitalizi». E i capigruppo leghisti e grillini si incontrano «per fare il punto del lavoro da fare entro settembre».
Conclusione: si fa concreta l'ipotesi di un'eclissi del governo neutrale. E diventa probabile il ritorno al copione di inizio maggio quando, davanti alla minaccia di un esecutivo tecnico, Di Maio e Salvini annunciarono: ci proviamo noi.