Sono il professor Nicola Sciarra e l’ingegner Dino Pignatelli i due tecnici incaricati dalla Regione Abruzzo il 18 maggio scorso per scrivere una consulenza difensiva sulla tragedia di Rigopiano.
Ieri pomeriggio, sul tardi, finalmente la delibera (anticipata ieri da Mapero’), a distanza di più di dieci giorni, è stata pubblicata sul sito della Regione, dopo la richiesta di acquisizione del Corpo Forestale e dell’ex direttore generale Cristina Gerardis, indagata anche lei nell’inchiesta di Rigopiano in seguito alla memoria presentata dal governatore Luciano D’Alfonso. Memoria che l’ha tirata pesantemente in ballo e sulla quale è stata interrogata giovedì scorso dal procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e dal pm Andrea Papalia. Una consulenza affidata in vista della costituzione di parte civile della Regione e sollecitata, a quanto pare, dal nuovo direttore generale Vincenzo Rivera.
Ma che, a leggere il quesito al quale dovranno rispondere i due tecnici, mira a smontare le ragioni della parte civile, cioè della stessa Regione. Una specie di controsenso, che si può spiegare col fatto che in questo momento anche il presidente, che promuove la delibera, è indagato.
Insomma, i due tecnici dovranno analizzare
“i meccanismi che hanno innescato il disastroso evento valanghivo che il 18 gennaio 2017 ha distrutto l’albergo in località Rigopiano e cagionato la morte di 29 persone e gravissime lesioni personali agli 11 superstiti”.
E fin qui tutto normale. Ma nel passaggio successivo si svela la trappola:
“…avuto particolare riguardo alla verifica della sussistenza del nesso di causalità tra la serie di scosse sismiche e la valanga in parola…”.
Come dire: è stato il terremoto a causare la valanga e il terremoto è un evento che non è possibile prevedere. Una tesi questa, se confermata dai consulenti di parte, scagionerebbe la Regione dalle responsabilità di non aver mai approvato la Carta valanghe.
Un tentativo incredibile di rispedire al mittente le pesantissime accuse mosse dalla procura della repubblica nei confronti del presidente D’Alfonso e dei dirigenti regionali. E che rischia di distruggere qualsiasi pretesa della parte civile.
Certo, un quesito simile è stato affidato ai suoi consulenti anche dalla procura, ma la procura ha il compito di accertare la verità, dovunque sia riposta. Mentre il consulente di parte civile ha il compito di perseguire l’interesse della parte civile, ossia trovare prove a carico degli accusati, mentre qui la Regione ha dato incarico di trovare una causa di esclusione della condannabilità e dunque del risarcimento.
L’ingegnere aquilano Dino Pignatelli, uno dei massimi esperti italiani della progettazione di impianti a fune, autore del piano per il monte Terminillo, era stato tra l’altro uno dei primi a puntare il dito contro chi aveva costruito quell’albergo:
“Sicuramente – disse a caldo dopo la tragedia di Rigopiano – neve e terremoto hanno la colpa principale, ma l’hotel è situato in una posizione completamente esposta. L’esistenza di un bosco, evidenziata come motivo di sicurezza, non ha nessuna rilevanza; il bosco può essere una protezione attiva se si trova nella zona di possibile distacco. Il versante a monte dell’hotel, privo di alberi e con le caratteristiche proprie di un sito valanghivo, confluisce in una gola generando la classica valanga incanalata, la più violenta. Al contrario, un bosco posto lungo il prevedibile tragitto di una valanga ne incrementa le capacità distruttiva arricchendo la massa nevosa di detriti e materiale legnoso”.
E in modo ancora più esplicito, in merito alla mancanza della Carta valanghe, aggiunse:
“Semmai ci fosse stata una Carta regionale delle valanghe – aggiunse Pignatelli, il Comune di Farindola avrebbe sicuramente messo quell’area tra quelle non edificabili”.
Insomma, non proprio un perito tenero con la Regione ma che ha sempre attribuito proprio al terremoto la più forte responsabilità per la tragedia di Rigopiano..
Nella delibera, come anticipato da Maperò, si fa riferimento sia alla prima tranche dell’inchiesta che ha coinvolto vari dirigenti regionali, responsabili secondo la procura della mancata redazione della Carta Valanghe, sia alla diffida inviata alla Regione dai parenti delle vittime con relativa richiesta di risarcimento dei danni fisici e morali, patrimoniali e non patrimoniali. Una diffida stragiudiziale. Tanto che l’Avvocatura regionale aveva fatto presente che non c’era ancora una sentenza della magistratura e che quindi sarebbe stato opportuno attendere. Il 18 maggio, il giorno in cui viene approvata la delibera (presenti tutti tranne Marinella Sclocco), D’Alfonso presenta in procura la memoria contro la Gerardis. Sa già di essere indagato: l’Ansa ha battuto la notizia il 16 maggio, due giorni prima e il 17 lui fa una conferenza stampa per spiegare le sue ragioni.
Quella consulenza, pagata con i soldi pubblici, inevitabilmente servirà anche a lui, non solo ai dirigenti regionali. Soprattutto perché una richiesta di risarcimento semmai venisse accolta, sarebbe indirizzata proprio a D’Alfonso quale responsabile legale della Regione.
Il compenso dei consulenti, al momento, è stato fissato in seimila euro netti a testa e la consulenza dovrà essere pronta prima della costituzione in giudizio della Regione.
ps: un bell’inguacchio, una consulenza che mira a portare acqua al mulino della Regione e dello stesso D’Alfonso. Alla faccia della costituzione di parte civile. E di quei poveri morti.