PESCARA «Non sono andata in Procura per attaccare il presidente Luciano D'Alfonso, ma per spiegare come effettivamente funziona la Regione Abruzzo. Ho detto forse cose che possono sembrare scomode, ma ho detto quello che ho vissuto ed è quello che dovrebbe dire ogni dirigente». Cristina Gerardis, ex direttrice generale della Regione Abruzzo, inserita fra i 37 indagati del disastro di Rigopiano, dove morirono 29 persone per una valanga che spazzò via il resort di lusso, ha così sintetizzato l'interrogatorio davanti al procuratore Massimiliano Serpi e al sostituto Andrea Papalia della scorsa settimana: interrogatorio per il quale si è presentata spontaneamente e in gran segreto, almeno questo è quello che voleva.
«Amo molto la riservatezza e per questo avevo chiesto di non diffondere la notizia». «Non ho parlato di D'Alfonso - aggiunge la Gerardis - ma come detto, ho spiegato come funziona la Regione in diritto e fatto. Ci sono le norme da rispettare e poi ci sono i fatti: chi comanda e chi decide cosa. Nella sua memoria (quella che il governatore ha inviato ai magistrati l'8 e il 14 maggio scorsi con un voluminoso dossier allegato ndr), che ho letto sul Messaggero e che ha disturbato la mia quiete giuridica, credo sia stata fornita una visione che non risponde alla realtà: la ricostruzione della figura del direttore generale fatta da D'Alfonso è fuorviante, serve solo per lo scaricabarile. Il direttore generale non decide certo tutto. Dire che in Regione Abruzzo c'era qualcuno che poteva decidere qualcosa senza che D'Alfonso fosse d'accordo, fa ridere. Ho voluto chiarire i rapporti tra la politica e i dirigenti».
Un interrogatorio che comunque avrebbe fatto riflettere a lungo il procuratore Serpi sul secretare o meno quel verbale, anche se poi è stata scelta la seconda opzione. Segno, però, che la Gerardis non è stata certo leggera nelle sue dichiarazioni. «Non mi è stato chiesto nulla su Rigopiano - aggiunge l'ex direttrice generale - anche perché ho detto a chiare lettere che in due anni e mezzo non ho mai sentito nominare la parola valanghe. Piano neve sì: ci sono stati anche incontri con i sindaci, ma sulla carta valanghe mai e non mi risulta neppure siano stati messi soldi. E le riunioni si facevano su qualunque cosa. Certo io sono andata in Regione a gennaio del 2015 e di quello che è stato fatto prima non so niente». La Gerardis fa parte dell'ultima infornata di indagati per Rigopiano: quelli legati esclusivamente al ruolo della Regione nella mancata realizzazione della carta pericolo valanghe che, a detta dei difensori del sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, che hanno denunciato il governatore D'Alfonso, avrebbe potuto evitare la disgrazia. Nei prossimi giorni verrà stilato il calendario degli interrogatori dei tre presidenti di Regione coinvolti (Del Turco, Chiodi e D'Alfonso), dei vari assessori alla protezione civile che si sono alternati negli anni, e dei dirigenti chiamati in causa.