Iscriviti OnLine
 

Pescara, 24/11/2024
Visitatore n. 740.934



Data: 01/06/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Di Maio e Salvini. In 24 ore dal baratro al nuovo esecutivo. La trattativa si chiude all’ultima curva, dopo il vertice fiume. Lo sblocco dell’impasse con il tam tam della grande finanza

Ventiquattrore per passare dal baratro dell'incertezza a un governo giallo-verde inedito in ogni suo aspetto. L'ultima curva della trattativa tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini arriva alla fine di una notte in cui il leader della Lega matura la decisione forse più inaspettata: quella secondo cui dire «no» alla proposta finale di Di Maio non avrebbe avuto un ritorno elettorale così vantaggioso. Un ritorno elettorale che, in un Movimento privato del suo governo, per Di Maio sarebbe stato difficile. Anzi, dai toni dell'assemblea congiunta, Di Maio assorbe una sensazione ben più sinistra: quella di veder traballare la sua stessa leadership in caso di nuove urne. Il vertice fiume che sblocca l'impasse avviene nel terrazzino su cui, alla Camera, affaccia lo studio di Di Maio. La partita è difficile ma il solo fatto che Salvini cancelli quasi tutti gli impegni elettorali della giornata per venire a Roma fa capire a Di Maio che un accordo è possibile. C'è, tuttavia, un ultimo nodo che rischia di far saltare tutto, la presenza di Fdi nella maggioranza e nel governo. Giorgia Meloni è disponibile a rafforzare la maggioranza ma la presenza di un ministro nel governo giallo-verde spacca, in mattinata, il gruppo parlamentare pentastellato. Anche perché, raccontano fonti che hanno seguito la trattativa, a voler fare il ministro sarebbe stata Meloni stessa e la cosa avrebbe creato più di un grattacapo perfino alla Lega per una caratterizzazione del governo che sarebbe stata differente da quella pensata. Il leader della Lega vede la presidente di Fdi prima del faccia a faccia con Di Maio. E, nel tardo pomeriggio Meloni si presenta alle telecamere comunicando l'escamotage trovato per uscire dall'ultimo impasse: Fdi non entra nel governo ma non voterà la fiducia al governo, semplicemente si asterrà. Ciò non vuol dire che, nel breve periodo, il partito di Meloni non allarghi la maggioranza con un coinvolgimento, magari, anche al giro di nomine che l'esecutivo si appresta ad affrontare. L'altro nodo, quello dell'Economia, M5S e Lega lo sciolgono virando su un tecnico moderatamente euro-scettico e sicuramente più morbido di Paolo Savona: Giovanni Tria - indicato dallo stesso Savona - profilo legato a doppio filo con l'azzurro Renato Brunetta. Non è una svolta semplice, anche perché Di Maio e Salvini, per venire incontro al presidente Mattarella, scelgono per la Farnesina un europeista convinto come Enzo Moavero Milanesi lasciando Savona al meno incisivo ministero degli Affari Ue. E il nuovo puzzle, nonostante da FI si annunci voto contrario, non dispiace all'universo berlusconiano, di certo soddisfatto dalla svolta «liberal» sul Mef e attento a che le spinte sovraniste non abbiano troppo il largo. Da oggi, insomma, si parte e con l'Ue, sottolineano nella Lega, la partita non sarà facile. Ma, secondo fonti parlamentari, ad avere un ruolo nelle ultime ore nello sblocco dell'impasse sarebbe stato anche un tam tam arrivato dai grandi operatori finanziari internazionali, allarmati dal rischio di una crisi di liquidità per le banche italiane nel caso in cui, da qui all'autunno non ci fosse stato un governo. Nasce così, nel pomeriggio, il governo giallo-verde che oggi sfilerà al ricevimento per la festa della Repubblica. E, nelle ore scorse, a fare da «fluidificatore » per il disgelo tra Di Maio e il Colle, dopo il violento scontro sulla questione dell'impeachment, sarebbe stato anche il presidente della Camera Roberto Fico. Del resto è nella salita di Di Maio al Quirinale che c'è lo snodo cruciale per la nascita del governo. E ora, dalla la Lega arriva un commento piuttosto caustico: il Colle ci ringrazi, se andavamo al voto e vincevamo ripresentavamo Savona all'Economia.

www.filtabruzzo.it ~ cgil@filtabruzzo.it