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Pescara, 24/07/2024
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Data: 01/06/2018
Testata giornalistica: Il Messaggero
Il Colle: Paese rasserenato le prerogative sono salve. Savona accetta il passo di lato «Non voglio creare problemi»

ROMA Sul Quirinale il sospiro di sollievo non è scattato alle sette di sera, all'annuncio dell'intesa tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Prima di mostrarsi «complessivamente soddisfatto» e apparire sorridente nella sala della Vetrata, Sergio Mattarella ha atteso di leggere la lista dei ministri presentata due ore dopo da Giuseppe Conte. Troppo fresca e dolorosa era infatti la ferita di domenica scorsa, quando il capo dello Stato si ritrovò all'Economia il nome di Paolo Savona e tutto saltò tra strepiti, insulti e minacce dei leader di 5Stelle e Lega.
Una volta avuta la certezza che finalmente la sua moral suasion aveva avuto successo, che l'economista no-euro era stato spostato agli Affari europei e «il lungo e complesso itinerario» era terminato, con i suoi collaboratori il Presidente ha tracciato il bilancio della crisi più pazza e lunga della storia repubblicana. Un bilancio a chiaro scuri, ma sostanzialmente positivo. Perché il compito del presidente della Repubblica è, dopo le elezioni, garantire un governo al Paese. E ciò, a 88 giorni dal voto, è finalmente accaduto. E perché è riuscito, Mattarella, a ribadire e a conservare anche per il futuro le prerogative del capo dello Stato. In primis quella che la Costituzione, all'articolo 92, gli assegna e che era stata contestata da Lega e 5Stelle: «Il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri».
Una vittoria ai punti, insomma. Adesso però comincia un'altra fase, altrettanto difficile. Mattarella vigilerà, sempre in base alla Carta, sugli atti e i provvedimenti del governo 5Stelle e Lega le cui asperità anti-europee sembrano limate. Controllerà che i trattati internazionali, compresi i vincoli di bilancio e l'adesione alla moneta unica, vengano onorati. E che ogni provvedimento di spesa abbia le necessarie coperture, in modo da non pompare pericolosamente deficit e debito. Anche per questo, superata la lunga fase di incertezza, Mattarella spera che il giudizio dei mercati possa essere indulgente e il nuovo esecutivo (forte di una maggioranza parlamentare) sappia far fronte a eventuali nuove crisi finanziarie.
Nel suo ruolo di arbitro e di garante della Costituzione, il capo dello Stato non dà valutazioni di merito sul governo giallo-verde. Però la nascita di un esecutivo politico, che rispettasse il voto degli elettori, è sempre stata la sua prima scelta. Tant'è che per ben due volte, dopo il fallimento delle numerose consultazioni, ha bloccato sul nascere l'ipotesi di un «governo neutrale e di servizio». La prima senza neppure dare l'incarico, visto che Di Maio e Salvini avevano annunciato di voler tentare l'intesa sull'esecutivo giallo-verde. La seconda, successiva al naufragio sul nome di Savona all'Economia, congelando in corsa l'incarico a Carlo Cottarelli in modo da permettere la nascita del governo politico. «Ringrazio Cottarelli per il senso delle istituzioni, la serietà e la costante attenzione all'interesse nazionale», ha dichiarato il Presidente per bocca del portavoce Giovanni Grasso.
MAGGIORE EQUILIBRIO
A tranquillizzare Mattarella ci sono poi altre due considerazioni. La prima è legata allo scontro senza precedenti, con tanto di richiesta di impeachment da parte dei 5Stelle: fatto il governo, il Paese potrà rasserenarsi. La celebrazione domani del 2 giugno non saranno più terreno di un lacerante scontro istituzionale. La seconda ha una maggiore proiezione estera: l'esecutivo di Conte, a giudizio del Colle, ha un giusto equilibrio al suo interno e anche nella sua proiezione esterna tra la necessità di rappresentare con la giusta determinazione gli interessi dell'Italia in Europa e il rispetto (appunto) dei vincoli europei. La prova: nessuno parla più di uscire dall'euro. Ed è un bene, secondo l'entourage del Presidente, che questa minaccia sia diventata un tema di dibattito pubblico. E non più un piano B, pronto all'uso, tenuto nel cassetto.

«Non voglio creare problemi» Savona accetta il passo di lato

ROMA «Avevo detto che avrei fatto un passo indietro, o anche di lato, solo se a volerlo fosse stato chi mi aveva chiesto la disponibilità a un incarico pubblico. Ed è proprio perché non intendo creare problemi ulteriori rispetto al caos che altri hanno creato abusando del mio nome, che non mi tirerò indietro se mi verrà chiesto di servire il mio Paese in altro modo». Questo diceva ieri Paolo Savona a uno dei suoi più stretti sostenitori, Antonio Maria Rinaldi, quando nelle prime ore del pomeriggio era circolata la voce che il professore era pronto a fare un passo indietro. Una voce che di prima mattina pareva suffragata da una lettera che Savona avrebbe inviato a Sergio Mattarella nella quale, allontanando da sé ogni sospetto di infedeltà alle istituzioni in virtù di un cursus honorum di tutto rispetto al servizio del Paese, pregava il Presidente della Repubblica «di voler considerare revocata la mia disponibilità a partecipare al governo per il quale era stato indicato il mio nome». Ma era una bufala, una fake news messa in circolo per creare ulteriore confusione e probabilmente avvicinare Savona a compiere davvero quel passo indietro che molti, in questi giorni, hanno auspicato pur di spianare la strada a un governo purchessia.
Chi ha scritto quella falsa lettera evidentemente non conosce il carattere tosto del professore sardo che, come si è visto, di fronte all'ennesimo tentativo di volgarizzare il suo pensiero non ha esitato a far conoscere le sue vere intenzioni. Confermando uno stile severo, ha però evitato commenti diretti, facendo sapere di aver lasciato Roma per alcuni giorni onde evitare confronti pubblici indesiderati.
Di sicuro ieri non sprizzava felicità, vista la mediazione al ribasso accettata dalla Lega sul suo nome. «Dalla massima istituzione del Paese - aveva peraltro confidato qualche giorno fa ad alcuni estimatori - ho subito un grave torto sulla base di un paradossale processo alle intenzioni, dopo essere stato criticato dalla maggior parte dei media che non hanno esitato a distorcere il mio pensiero». Per sua consolazione sono giunte, postate sulle pagine del quotidiano MF, le solidarietà dell'economista francese Jean-Paul Fitoussi di Wolfgang Münchau sul Financial Times. Il primo, con cui Savona ha una frequentazione più che ventennale con scambi ripetuti proprio sul tema Europa, è pronto a giurare che il professore mai avrebbe messo in discussione l'euro, mentre avrebbe invece chiesto all'Unione di dare risposte concrete alle esigenze di cambiamento che provengono da gran parte dei paesi-membri. Il secondo, Münchau, più incisivo e vicino al pensiero di Savona, analizza come deve evolvere l'euro per non subire la dominanza mondiale del dollaro e afferma che la moneta europea è stata mal costruita per colpa della miopia dei tedeschi. Entrambi, poi, descrivono il famoso Piano B presentato da Savona nel 2015 - quindi già vecchio e perciò meritevole di modifiche viste le mutate condizioni dell'Europa - come normale strumento di negoziazione suggerito dalla teoria dei giochi.
«Il problema non è in quale ministero è collocato Savona - commentava ieri sera Carlo Calenda - il problema è un programma economico che prevede una spesa aggiuntiva di 108 miliardi. È l'idea stessa di democrazia della Lega e del M5S che è incompatibile con l'Europa».
Insieme a Rinaldi, vale però domandarsi: per avere un'Europa più forte e più equa, conta di più il ministro dell'Economia o quello degli Affari Europei? Dipende da chi occupa la seconda poltrona, verrebbe da osservare banalmente. Se questo incarico fosse stato affidato a Enzo Moavero Milanesi, già giudice di primo grado presso la Corte di Giustizia in Lussemburgo, la sua linea sarebbe stata sicuramente di grande efficienza, ma in un solco tracciato. Con Savona la musica sarà certamente un'altra.
Le sue idee riformiste, sebbene il confronto con i colleghi del Nord Europa non sarà facile, verranno infatti esplicitate con maggiore autorevolezza, visto il ruolo ufficiale che da oggi Savona rivestirà quale rappresentante del secondo Paese manifatturiero dell'Unione. Ma allora, non sarebbe stato meglio conferire da subito, pur ponendo paletti precisi alla sua attività, l'incarico di ministro dell'Economia a Savona? Il tempo dirà.

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