ROMA Da fare, subito o quasi, c'è il quadro programmatico del Documento di economia e finanza che il precedente esecutivo aveva lasciato in bianco, d'accordo con le istituzioni europee. Ma per il neoministro dell'Economia Giovanni Tria il mese di giugno si presenta denso di scadenze: dovrà prendere contatto con una macchina complessa come quella del Mef, e poi fra tre settimane, il 21-22 giugno, lo attende il debutto europeo con le riunioni di Eurogruppo e Ecofin, mentre a fine mese dovrà essere pronto il disegno di legge con l'assestamento di bilancio.
Il neoministro ieri è rimasto in silenzio: l'unica frase che ha pronunciato in pubblico, durante il ricevimento al Quirinale, è stata una rassicurazione sul tema della moneta unica. «Nessuna forza politica vuole l'Italia fuori dall'Euro» ha fatto osservare l'economista di Tor Vergata, quasi a voler chiudere le discussioni dei giorni scorsi. Più sibilline risultano le dichiarazioni in proposito di Paolo Savona, che dopo aver rinunciato a sedersi dietro alla scrivania di Quintina Sella aveva indicato come nome alternativo proprio quello di Tria, andando ad occupare la casella di ministro per gli Affari europei. Savona, autore anni fa di un piano per l'uscita del nostro Paese dalla moneta unica si è limitato a far osservare che «la macchina è partita». Aggiungendo però: «Le mie idee si sanno, adesso bisogna capire quali sono i limiti».
SINERGIA
Secondo il vicepresidente del Consiglio Salvini, i due ministri dovranno lavorare in sinergia dalle rispettive postazioni. La soluzione trovata, ovvero il dirottamento di Savona al dicastero senza portafogli a suo giudizio «non è un passo indietro» perché «se si vogliono ricontrattare alcune regole europee quello è il posto giusto». Siccome a suo avviso Tria è «un ministro dell'Economia in perfetta sintonia» allora «nessun passo indietro ma si è raddoppiato».
Servirà quindi ancora qualche settimana per capire come intende muoversi sul fronte europeo il governo giallo-verde. In eredità da Gentiloni e Padoan si ritrova da una parte il confronto avviato con la commissione sul percorso di azzeramento del deficit, dall'altra dossier e riflessioni di carattere più generale su un possibile ridisegno delle regole dell'area dell'euro. Quanto al primo punto, Tria potrà contare sui tempi non strettissimi concessi da Bruxelles: in pratica anche se la commissione puntualizza l'insufficienza della correzione strutturale prevista per il 2018, la verifica vera si farà solo in autunno e dunque per ora non si pone il problema di un'eventuale nuova manovra correttiva quantificata in circa 5 miliardi. Già dal quadro programmatico del Def, dai numeri sul disavanzo 2019 ad esempio, dovrebbero comunque uscire alcune indicazioni sulle reali intenzioni dell'esecutivo.
CONDIVISIONE
C'è poi il dibattito sul futuro assetto di Eurolandia: l'Italia ha messo in campo alcune proposte nel segno della condivisione: dall'assicurazione europea contro la disoccupazione alla garanzia comune sui depositi (quest'ultima riguarda il completamento dell'unione bancaria). Tutti progetti che vedono fortissime perplessità dal fronte dei Paesi nordici. Resta quindi da vedere se ai tavoli della trattativa su questi o altri temi il governo Conte vorrà davvero rafforzare la propria posizione tirando in ballo in qualche modo l'ipotesi estrema di un'uscita dalla moneta unica. Questo proponeva Savona in veste di professore, ma nel contratto per il cambiamento sottoscritto da leghisti e pentastellati di questo non si parla.