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Data: 05/06/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Quando scatta la dual tax? Leghisti divisi sui tempi. Per Bagnai ora si comincerà dalle imprese e nel 2020 toccherà alle famiglie. Ma Siri è di altro avviso: «Il fisco più leggero deve partire per tutti da subito»

ROMA Niente taglio delle tasse per le famiglie nel 2019. O forse sì. In un botta e risposta tutto interno alla Lega, i contorni della «dual tax» (le aliquote nel contratto sono due e non una come presupporrebbe il termine flat tax) sembrano sempre meno definiti. Secondo Alberto Bagnai, parlamentare leghista, finora da molti identificato come possibile prossimo sottosegretario al ministero dell'Economia, le prime ad usufruire dei tagli saranno le imprese, seguite l'anno successivo dalle famiglie. Non così per Armando Siri, leghista anche lui, padrino della flat tax, convinto che dall'anno prossimo il peso del fisco comincerà ad essere più leggero per tutti, famiglie e imprese, con la riforma che arriverà a regime nel 2020. Il tema scalda comunque il dibattito politico e in particolare il Pd che dall'opposizione risponde con un fuoco di fila che rivendica di aver già attuato una flat tax sulle imprese con l'Ires e l'Iri al 24% ma che ironizza anche sul «rinvio per le famiglie». Il primo a parlare è il segretario reggente Maurizio Martina, ma poi intervengono in molti dagli ex ministri Boschi e Minniti al capogruppo Ettore Rosato. La tempistica è certo un punto dirimente, non solo a livello politico, ma anche finanziario, visto che le coperture necessarie per il taglio dell'Ires (e dell'Iri sulle Pmi) sono nettamente inferiori a quelle da recuperare per il taglio dell'Irpef. Bagnai ha parlato di «accordo» fatto sull'intervento in due tempi, con l'idea di «far partire la flat tax sui redditi di impresa dall'anno prossimo» e quella sulle famiglie «dal secondo anno». Parole che hanno scatenato l'immediata levata di scudi del Pd, pronto a rivendicare come le tasse sulle imprese siano state già tagliate nella scorsa legislatura e portate tutte proprio ad unico livello, il 24%. Ma evidentemente anche di esponenti della maggioranza. La precisazione è stata affidata proprio a Siri, secondo cui la partenza sarà simultanea sia per le famiglie che per le imprese. «Si deve partire con degli step: il sistema è diverso perché la flat tax per le imprese c'è già - ha chiarito, accogliendo in parte le critiche del Pd - noi la estendiamo anche a società di persone, partite Iva etc». L'obiettivo è quello di trasferire «a 5 milioni di operatori quello che oggi è solo per 800 mila imprese». Guardando le carte, il contratto non fa parola della scansione temporale dell'intervento fiscale. Di fronte alla polemica nata nelle scorse settimane con Carlo Cottarelli sulla difficoltà di gestire finanziariamente il programma condiviso dalle due forze di maggioranza, i pentastellati avevano però chiarito che le misure sarebbero state attuate nell'arco della legislatura, non tutte subito. In ogni caso, stando alle dichiarazioni di Bagnai, la platea dei destinatari della dual tax si abbatterebbe di colpo, così come il costo. Finora per il taglio dell'Ires dal 27,5% al 24% deciso dal governo Renzi sono stati necessari circa 3 miliardi. La nascita dell'Iri, sempre al 24%, per le Pmi ha comportato coperture per altri 2 miliardi. Un eventuale primo passaggio dal 24% attuale al 20% non potrebbe quindi costare, a spanne, meno di 5 miliardi. Ed anche inserendo la seconda aliquota più bassa, quella al 15%, non ci si avvicinerebbe nemmeno ai 50 miliardi calcolati finora considerando il taglio dell'Irpef. Non così se si intervenisse per tutti già nel 2019. Bagnai ha intanto rettificato anche il pensiero del nuovo ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che in un recente articolo non aveva escluso la possibilità di far aumentare l'Iva, spostando il peso dalla imposte dirette a quelle indirette. Per la Lega, «l'aumento dell'Iva è assolutamente fuori discussione», ha ribadito, puntualizzando che l'articolo venne scritto da Tria «prima di entrare a far parte della squadra di governo».

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