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Pescara, 24/07/2024
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Data: 07/06/2018
Testata giornalistica: Il Centro
Rigopiano, via agli ultimi interrogatori. Il 26 giugno tocca a D'Alfonso. La Procura contro i vertici regionali: «Determinarono le condizioni per il totale isolamento dell'hotel». Il governatore indagato: «Abbiamo agito con diligenza»

PESCARA Il 20 giugno toccherà a Ottaviano Del Turco, il 21 a Gianni Chiodi e il 26 giugno a Luciano D'Alfonso. Vanno in scena gli ultimi interrogatori prima della chiusura delle indagini sulla tragedia di Rigopiano. Dopo le dichiarazioni spontanee rese ai pm dall'ex direttore generale della Regione, Cristina Gerardis, tra i 15 indagati dell'ultima tranche, la Procura ha stilato il calendario (vedi la tabella con nomi e giorni), notificando i capi d'imputazione e inviti a presentarsi, agli altri 14 indagati per le 29 persone morte sotto la valanga del 18 gennaio del 2017.Si tratta dei presidenti, di assessori regionali e dei rispettivi dirigenti e direttori della protezione civile regionale, che si sono succeduti dal 2007 al 2017, accusati a vario titolo di omicidio, lesioni e disastro colposo, per la tragedia del resort dove ospiti e dipendenti rimasero prigionieri per la strada provinciale bloccata dalla neve. DOPPIA ACCUSA. E dai capi d'imputazione emerge un doppio carico di accuse, per la mancata prevenzione e per la gestione dell'emergenza, contestato alla Regione. In particolare al presidente D'Alfonso con delega alla Protezione civile, all'assessore Mario Mazzocca, al responsabile della sala operativa regionale Silvio Liberatore e al dirigente della Programmazione di attività di Protezione civile Antonio Iovino in carica nei giorni della valanga. Figure che con la condotta di quei giorni, secondo la Procura «determinavano le condizioni per il totale isolamento dell'hotel Rigopiano». LA CARTA VALANGHE. Il filone d'inchiesta principale in capo alla Regione resta comunque la mancata realizzazione della Carta di localizzazione dei pericoli da valanghe. Lo strumento che, se emanato come disposto dalla legge regionale del 1992, avrebbe determinato la sospensione dell'attività dell'albergo nel periodo invernale e la realizzazione di interventi di difesa anti-valanghiva. E in definitiva, evitato la morte delle 29 persone.Motivo per cui il procuratore Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia, dopo aver elencato tutti gli atti di delibera e le determine "partorite" dai vari uffici regionali tra il 2007 e il 2014 in relazione alla realizzazione della Clpv, e di fatto cadute nel vuoto, scrivono: «Ciascuno degli imputati con siffatte condotte colpose per negligenza, imperizia e imprudenza e violazione di norme di legge, regolamenti, ordini o discipline, concorreva nel realizzare la condizione: assenza delle suddette misure di salvaguardia quali opere difensive e/o di bonifica». Assenza di misure che, di fronte all'innevamento «di particolare intensità a monte dell'hotel Rigopiano, cui seguiva una valanga di grandissime proporzioni» non hanno impedito che la valanga travolgesse l'hotel «determinandone il crollo in termini di distruzione completa». DIRETTORI E DIRIGENTI. Vengono tirati in ballo, dalle indagini certosine dei carabinieri forestali guidati dal colonnello Annamatria Angelozzi e da alcuni dirigenti e direttori della Regione già indagati e interrogati lo scorso dicembre, Carlo Visca (direttore Protezione civile dal 30 marzo 2009 al 21 maggio 2012), Vincenzo Antenucci (dirigente servizio Previsione e prevenzione rischi dal 3 ottobre 2001 al 3 giugno 2013 e coordinatore del Coreneva dal 14 dicembre 2005 al 6 dicembre 2012), e Giovanni Savini (direttore del dipartimento Rapporti con l'Europa da gennaio ad aprile 2015) oltre a Cristina Gerardis (direttore generale dall'11 dicembre 2014 all'epoca della valanga) in quanto, «in cooperazione tra loro» (accusa che riguarda anche gli altri indagati di dicembre, tra direttori e dirigenti quali Pierluigi Caputi, Vittorio Di Biase, Sabatino Belmaggio, Carlo Giovani e Emidio Primavera), «ponevano in essere le condotte commissive ed omissive». Condotte che hanno poi causato il disastro colposo, l'omicidio e le lesioni colpose che ne sono conseguiti. Con loro, sono accusati degli stessi reati anche i tre presidenti di Regione Del Turco, Chiodi e D'Alfonso con Enrico Paolini subentrato a Del Turco da luglio a dicembre 2008 e gli assessori Tommaso Ginoble Mimmo Srour, Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca in quanto omettevano «di intervenire presso i funzionari responsabili del servizio di protezione civile, richiedendo e sollecitando tempestivamente l'attuazione e l'esecuzione degli obblighi della legge regionale 47 del 1992 e, in particolare, la redazione e realizzazione della carta di localizzazione dei pericoli da valanga per tutto il territorio della regione». SETTE ANNI. Un'accusa costruita intorno a due date: 8 marzo 2007 e 17 marzo 2014. Quel giorno del 2007 il Coreneva si riunisce per discutere l'aggiornamento e la redazione della Carta storica delle valanghe della Regione affidata nel 2006 alla società Abruzzo Engineering nella quale venivano riportati i dati delle valanghe cadute tra il 1999 e il 2005 a Rigopiano (e assenti dall'elenco delle priorità del 1997). All'esito di quella riunione non solo viene aggiornata questa carta storica, ma si determina anche di inviarne una copia, dopo l'approvazione della giunta regionale, ai Comuni interessati. Poi passano sette anni tra giunte che cambiano e atti che non portano a niente fino al 17 marzo del 2014 quando con una delibera di giunta si approva quella carta storica del 2007, il catasto delle valanghe della regione. Viene inviata ai sindaci interessati, anche a quello di Farindola, dando mandato al Servizio prevenzione di protezione civile di realizzare e divulgare la Clpv. Che invece non viene mai fatta.

Il governatore indagato: «Abbiamo agito con diligenza»

Gli basta mostrare i tabulati telefonici dei giorni che hanno preceduto la tragedia per chiarire la sua posizione: circa mille frenetiche chiamate, compresa quella all'ex ministro della Difesa, Roberta Pinotti, per chiedere l'intervento dell'esercito. Ma per ora Luciano D'Alfonso affida la sua replica a un comunicato. «Sono convinto che la Regione abbia operato con diligenza, premura e risolutezza. Mi farò parte attiva affinché il lavoro della magistratura proceda speditamente e sono pronto a versare in atti tutto il mio patrimonio conoscitivo sulle contestazioni. Dettaglierò ogni minuto delle giornate del 17,18,19 gennaio 2017, ovvero prima-durante-dopo la convocazione della riunione del Comitato Operativo Regionale di PC.Sulla "Carta del rischio valanghe" va chiarito che i primi due lotti erano stati già appaltati e in esercizio contrattuale prima dei fatti di Rigopiano, quindi non si può sostenere che non vi fosse: essa era coincidente con quelle parti di territorio che la Carta storica aveva segnalato con una certa ed impegnativa ripetitività valanghiva».

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