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Data: 07/06/2018
Testata giornalistica: AbruzzoWeb
Acqua Gran Sasso: Regione vs laboratori e Strada Parchi, «Subito piano sicurezza». Ultimatum vice presidente Lolli dopo denunce comitato su incidenti non resi noti e relazione che «conferma rischi per la falda»

L'AQUILA - E’ scontro istituzionale tra Regione Abruzzo da una parte e Laboratori nazionali di fisica nucleare del Gran Sasso e Strada dei Parchi dall’altra, intorno alla sicurezza delle falde acquifere.

Il vice presidente della Giunta regionale, Giovanni Lolli, ha infatti convocato per il prossimo 25 giugno all’Aquila una riunione del tavolo istituto dalla Regione a tutela dell’acqua del Gran Sasso e per garantire che non ci siano interferenze tra le falde acquifere della Montagna abruzzese che riforniscono i versanti aquilani e teramani e le attività di strada Parchi Spa, concessionaria delle autostrade A/24 e A/25 e dei Laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso, in particolare sugli esperimenti di quest’ultimi.

Lolli ha anche inviato una lettera a Strada Parchi e ai Laboratori di fisica nucleare con la quale si lancia un ultimatum affinché entro il prossimo 19 giugno vengano presentati i progetti di messa in sicurezza richiesti nell’ultima riunione del tavolo nel febbraio scorso”.

Se non si avranno risposte Lolli ha sottolineato che le due entità verranno "messe in mora e per questo scatterà un piano alternativo".

I Laboratori sulla vicenda hanno per ora scelto al strategia del silenzio.

La questione della sicurezza delle preziose falde è tornata d’attualità dopo la nota del comitato Mobilitazione per l’acqua del Gran Sasso, che ha reso pubblica una relazione a firma del professore Guercio, esperto incaricato dall’Istituto di fisica nucleare, loro consegnata da un anonimo, nella quale si sostiene che non ci sono tutele sulla sicurezza dell’acquifero.

Nella nota, il comitato si chiede “se la relazione sia stata discussa o meno nell'ambito del tavolo regionale”.

In una nota diramata sabato scorso, il comitato ha poi denuciato che nei laboratori si sarebbero verificati quattro nuovi incidenti, non noti al pubblico.

"L'ultimo, un incendio dell'1 giugno 2016 - afferma il comitato - che ha portato a ritardare di mesi un esperimento, e che non era noto neanche ai vigili del Fuoco, nonostante i Laboratori, un impianto sotterraneo con enormi problemi di sicurezza, siano classificati ufficialmente "a rischio di incidente rilevante" stoccando 2.200 tonnellate di sostanze pericolose infiammabili”.

"Con il Ministero dell’Ambiente, l’Istituto superiore di Sanità e l’Ispra - spiega Lolli - abbiamo adottato delle linee per avere garanzie che non ci fosse tra interferenze con l’acqua da parte delle due realtà e poi abbiamo chiesto un progetto, ciascuno per la sua parte, non proprio esecutivo ma con tutti gli elaborati. Dovevano essere consegnati in tempi brevi, invece dopo circa cinque mesi e nonostante le sollecitazioni ci sono arrivare bozze, documenti incompleti che non rispecchiando quanto da noi richiesto, non riteniamo esaustivi.

"Se entro il 19 luglio - ripete Lolli - non arriveranno progetti bollinati e protocollati con tanto di cartografie, attueremo una strategia diversa che prevede la messa in mora. Ne abbiamo già parlato con l’avvocatura regionale".

Nei mesi scorsi sono state roventi le polemiche sul pericolo di inquinamento delle falde acquifere del Gran Sasso a causa degli esprimenti dei laboratori che hanno anche provocato anche incidenti.

Il documento di Guercio è intitolato "Relazione generale - Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Infn - Affidamento di incarico professionale finalizzato allo studio ed alla definizione delle possibili soluzioni alternative volte alla razionale captazione e distribuzione delle acque potabili ed all’eventuale adeguamento della rete delle acque non potabili all’interno dei laboratori sotterranei".

Il comitato sostiene che in esso sono previste "azioni che non risolvono alla radice il problema principale: lo stoccaggio di migliaia di tonnellate di sostanze pericolose nei laboratori", e, tra le righe, si ammettere che "senza togliere le 1.000 tonnellate di acqua ragia di Lvd e le 1.292 tonnellate di trimetilbenzene di borexino non si otterrebbe l'ottemperanza alla legge posta a tutela dell'acqua potabile"

"In ogni caso per noi è un documento che, se originale, sarebbe da respingere al mittente", commenta Lolli, che aggiunge: "Non abbiamo documenti completi e ufficiali, non sono a conoscenza di quanto fatto recapitare al comitato mobilitazione per l’acqua, quindi se questi ultimi li reputano insufficienti, hanno ragione perché sono relazioni parziali e incompleti”.

Lolli nello scorso mese di novembre aveva annunciato “una operazione complessa e costosa” per la messa in sicurezza dell’acqua del Gran Sasso: in attesa del varo di questo grande progetto ha istituito il tavolo con i soggetti pubblici e privati coinvolti e sottoscritto un protocollo d’intesa Strada dei parchi e laboratori del Gran Sasso affinché tutte le procedure che avvengono all'interno del laboratorio e della galleria autostradale quando vengono usati materiali che possono in qualche modo interferire o essere pericolosi devono avere un'autorizzazione in più dalla Regione”.
LA NOTA DEL COMITATO


"Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Questo può essere il succo dello scarno documento di 43 pagine che contiene alcune proposte per la messa in sicurezza dell'acquifero del Gran Sasso; il documento è stato recapitato alla Mobilitazione per l'Acqua del Gran Sasso e all'Osservatorio da un anonimo un paio di giorni fa.

Il documento è intitolato "Relazione generale - Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN - Affidamento di incarico professionale finalizzato allo studio ed alla definizione delle possibili soluzioni alternative volte alla razionale captazione e distribuzione delle acque potabili ed all’eventuale adeguamento della rete delle acque non potabili all’interno dei laboratori sotterranei".

Il comportamento opaco degli enti coinvolti a vario titolo nella vicenda nonostante gli appelli alla trasparenza costringe evidentemente a queste forme di diffusione che la dicono lunga sulla volontà delle autorità di mantenere un rapporto leale con i cittadini.

Una situazione veramente deprimente da questo punto di vista.
Il documento che ci è pervenuto è una relazione che riporta come autore il nome del professor Guercio.

A prima vista il documento sembrerebbe autentico (chiediamo ovviamente a tutti gli enti di verificare) e sarebbe stato redatto a Marzo 2018 nell'ambito dell'incarico assegnato dall'Infn al tecnico lo scorso anno (il fatto è noto).

A parte la stranezza di un ente che fa ricerca in fisica che assegna incarichi per fare porzioni di acquedotti, il documento a nostro avviso è un déjà-vu, ripresentando di fatto le stesse problematiche già note ormai da decenni, con lunghe parti che descrivono situazioni che conosciamo da tempo, proponendo nelle due pagine finali (pagine 42 e 43) di spendere una decina di milioni di euro con gli stessi interventi di impermeabilizzazione inseriti tra gli interventi dal Commissario Balducci, che riuscì ad impegnare 84 milioni di euro senza risolvere granché visto quanto accaduto negli ultimi due anni.

Ricordiamo che professor. Guercio esercitò diversi ruoli anche allora nell'ambito della progettazione degli interventi.

Per la Mobilitazione, se questa sarà effettivamente la proposta, sono azioni che non risolvono alla radice il problema principale: lo stoccaggio di migliaia di tonnellate di sostanze pericolose nei laboratori.

Per far questo si sorvola per l'ennesima volta sulla irregolarità dal principio di questi stoccaggi e, tra le righe, si deve ammettere che senza togliere le 1.000 tonnellate di acqua ragia di LVD e le 1.292 tonnellate di trimetilbenzene di Borexino non si otterrebbe l'ottemperanza alla legge posta a tutela dell'acqua potabile (Art.94 del D.lgs.152/2006).

Addirittura si propongono dei "potabilizzatori" in quanto "suscettibili di continuare ad assolvere funzioni di riserva strategica anche nelle fasi successive al completamento degli interventi" (pag.42).

Quindi la soluzione sarebbe come al solito intervenire a valle dando per scontato che l'acqua possa continuare ad avere problemi e, quindi, necessitare di potabilizzazione?

Non è possibile che dopo incidenti e violazioni conclamate di leggi si continui a far finta di nulla sui limiti strutturali che esistono e di cui bisogna tener conto per pianificare esperimenti realmente compatibili con il complesso e vulnerabile sistema del Gran Sasso

È ovvio che bisogna operare anche sulle reti ma un incidente gravissimo con quelle sostanze e in quelle quantità inquinerebbe l'intero acquifero togliendo l'acqua per anni come minimo a L'Aquila e a tutto il teramano.
Stendiamo un velo pietoso per come sono state trattate nel documento (o, meglio, per come si è sorvolato) le criticità attinenti l'applicazione reale della Direttiva Seveso sugli incidenti rilevanti che ha gravissimi problemi, come abbiamo evidenziato documenti ufficiali alla mano.

Non sappiamo se la relazione sia stata discussa o meno nell'ambito del tavolo regionale. In ogni caso per noi è un documento che, se originale, sarebbe da respingere al mittente.

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